«Questa pubblicità ci assorda»

«Questa pubblicità ci assorda» Incontro a Torino fra due grandi artisti: il lavoro, il mercato, l'amicizia «Questa pubblicità ci assorda» Lionni-Folon: Ecco le nostre magie T^Tl TORINO ONO stanco, è stato un ^secolo un po' diffìcile». I | Leo Lionni lo sa, l'ha athJL I traversato, lui, nato ad Amsterdam nel 1910, figlio di una cantante lirica e un intagliatore di diamanti, nipote di «zio Piet», grande collezionista di donne, auto sportive, Mondrian e Chagall. Lo ripete, dall'alto dei suoi 82 anni asciutti e baldanzosi, all'amico Folon e agli ospiti della galleria Eva Menzio, in via della Rocca al 41b, per l'inaugurazione della sua mostra «Il tavolo nero». Con Folon si conoscono fin dagli Anni 60, quando il pittore passava le estati nella sua casa ligure di San Salvatore dei Fieschi. «Da venticinque anni», spiega Lionni. «Di più dice Folon; da quando ho letto, e ancora non ti conoscevo, Piccolo blu, piccolo giallo». Un piccolo libro diventato un classico nell'infanzia del mondo dagli Anni 60. La storia di due colori, il blu e il giallo, molto amici, tanto da diventare un terzo colore: il verde. «L'arte è il terzo colore - dice Folon - è una straordinaria storia d'amore e d'amicizia. Con quel libro ho desiderato conoscerti. E fra te e quel libro non c'era differenza, così ho amato l'uno e l'altro. Quando si è artisti si hanno amici artisti, ma si può amare l'opera o l'uomo, ma anche né l'uno né l'altro». Lionni si schermisce: «Più che un amico Folon è un complice». Ma Folon, che si è infilato nella nebbia a Parigi per sbucarne a Torino, non demorde dal suo manifesto d'amicizia: «Io penso a Lionni tutti i giorni, e sono certo che lui pensa a me. Io penso sempre agli artisti che amo, di oggi, di ieri, che ho conosciuto e no. Penso a Calder a Ben Shahn». Si dimenticano, i due artisti, del pubblico e si lanciano in ricordi popolati di uomini piccolissimi che diventano grandissimi, di automobili con le gomme forate, di paesi deserti. Storie di Folon e di Lionni, dove «Calder coltivava - dice Folon - un uliveto sotto serra», per «farne Martini», chiarisce Lionni. Storie che animano «il tavolo nero», in mostra alle pareti: una serie di quadri che ha come supporto o cornice un tavolo, un dono che lo «zio Piet» fece al piccolo Lionni, di nove anni. E che ora il pittore anima, come fossero zattere della memoria, di scoiattoli, babbi natale, volti femminili, tubetti spremuti di colore, personaggi d'opera, piante di una botanica immaginaria, di una zoologia fantastica. «Le cose che mi sono sempre piaciute di lui - dice Folon - è il suo far entrare in quello che fa, disegni, quadri, gli oggetti che ha intorno, gli oggetti del quotidiano e quelli della cultura popolare che ama, messicana e indiana. In questi tavoli magici, misteriosi, Leo ha raccolto in un falso disordine gli amori della sua vita, i sassi delle sue spiagge, gli scoiattoli dei suoi spgge, g boschi, ciò che i suoi occhi hanno incontrato nella vita. Lui, Calder, io siamo degli amici che dialoghiamo sulle stesse cose». Lionni dice che per lui esistono due categorie di pittori: «Quelli che nascono dentro la pittura e quelli che devono chiarirsi il lavoro che dovranno fare nella mente». Lui appartiene a questa genia, quella della razionalità. Parla della rivoluzione del cubismo, della capacità che ha avuto di «mettere in scena» lo spazio. Lui che ha attraversato tutte le avanguardie, dai futuristi con Marinetti, ai surrealisti con Man Ray, agli americani della pop con Albers, che ha lavorato con Gropius e discusso con Ben Shahn, non potrebbe più dipingere con un cavalletto all'aperto, «e tantomeno tagliarsi un orecchio». Dopo l'invenzione dello spazio sulla tela, da parte del cubismo, «non si può più dipingere come una volta». E i suoi «tavoli neri» lo dimostrano, con le figure e gli oggetti che li animano, sopra, davanti, diètro, sotto, con una tridimensioÀ'àlità teatrale. Cos'hanno in comune Lionni e Folon? Entrambi hanno anche lavorato, nobilmente, per la grafica e la pubblicità. Lionni è stato nel gruppo Time/Life, direttore artistico di Fortune, Folon ha lavorato per l'Olivetti, Esso Petrol Progrès, Italgas. Folon scuote il capo. «Abbiamo e amiamo certi oggetti quotidiani, ci interessano le stesse culture popolari, ma Leo guarda dentro di sé, io guardo la vita. E' vero, lo faccio dall'alto, perché ciò che c'è sotto non sempre mi piace. Ma non faccio pubblicità, io racconto storie. Se poi vogliono trasformarle in cartelloni e appenderli per le strade, a me sta bene. Li considero graffiti urbani, come i tanti altri lasciati sui muri della città. Con Lionni ci unisce la fantasia e una gioiosità, che non sempre si può provare». «Ho fatto tanta pubblicità, ho cercato di migliorarla, ma è rimasta sulle riviste specializzate. Oggi - ribatte Lionni - guardando la pubblicità penso che se fosse suono ci avrebbe già assordato tutti. Sfogliando le riviste mi vengono in mente le favelas. Non è il lavoro grafico che ci unisce, Folon e me; ma quel sentire l'arte come larte come gioco e mistero, come innocenza». Da funamboli della tela, trapezisti dei colore, uno dei terreni d'intesa è proprio quello dei libri per bambini, Lionni con le sue storie del topo Federico, dei bruchi misuratutto, degli alberi delPalfabeto; Folon con i suoi omini sospesi fra i grattacieli, in bilico su grandi cuori, smarriti fra una segnaletica fitta come una foresta amazzonica. Omini invisi¬ bili, come quello che ha appena disegnato per il celebre racconto di H. George Wells nelle edizioni Nuages. Sono lì che si incontrano, il pittore che ha attraversato il se¬ colo e il suo più giovane amico, l'uno con la testa, l'altro con ii cuore in primo piano. «Entrambi - dice Lionni - con tanta nostalgia della pittura-pittura. Perché è una nostalgia che oggi si sente ovunque quella del voler dipingere. Anche se si sa che è impensabile dipingere come una volta». Nico Orengo Dal cubismo ai disegni per bambini dai futuristi ai cartelloni per le strade Due protagonisti attraverso il secolo «con tanta nostalgia della pittura» Leo Lionni e Folon, ospiti della galleria torinese di Eva Menzio. I due artisti si conoscono dagli Anni 60. Sono, «Il camaleonte» particolare di un'opera di Lionni. Grande collezionista di auto, quadri e anche belle donne, l'artista olandese ha ora 82 anni

Luoghi citati: Amsterdam, Parigi, San Salvatore, Torino