Ruffini, lezioni per la libertà

Ruffini, lezioni per la libertà Consegnato il Premio Jemolo Ruffini, lezioni per la libertà J TORINO IVA Ruffini, viva la libertà!». Alessandro Galante Garrone ricorda bene quel giorno del 1928, quando i Guf avevano organizzato una dimostrazione contro il suo professore di diritto ecclesiastico, maestro di libertà, e lui e i suoi compagni (Bobbio, Livio Bianco, Einaudi) si erano dati appuntamento all'Università per controbatterli. «Ma la risposta migliore venne da Ruffini. Raggiunse con calma la cattedra e si mise a maneggiare un oggetto. Poi lo mostrò: "Qui c'è un cane che ha dimenticato la sua museruola" disse agitandola. Scoppiò un applauso fragoroso e coinvolse anche i fascisti: eravamo tutti affascinati dalla sua personalità». Galante Garrone ha ricordato l'episodio intervenendo ieri sera nell'aula magna dell'Università alla consegna del Premio «Arturo Carlo Jemolo» destinato a uno scritto inedito di diritto canonico, diritto ecclesiastico o storia dei rapporti fra Stato e Chiesa. Premiato Edoardo Dieni per il saggio su II matrimonio civile dei divorziati risposati. Profili di rilevanza canonistica. Il riconoscimento è stato istituito un anno fa per commemorare il centenario del grande giurista, che fu a lungo una delle firme più autorevoli della Stampa. E nel segno del profondo legame di venerazione che legò sempre il cattolico Jemolo al non credente maestro, è stato presentato un vecchio testo di Francesco Ruffini, La libertà religiosa cóme diritto pubblico subiettivo, riedito dal Mulino. C'erano anche Norberto Bobbio, il rettore Mario Umberto Dianzani, il preside di Francesco Ruff Giurisprudenza Giansavino Pene Vidari, l'on. Valerio Zanone, i professori Silvio Ferrari e Francesco Margiotta Broglio, curatori delle più recenti riedizioni di Ruffini. Il libro di Ruffini raccoglie i corsi tenuti fra il '22 e il '24 dal professore di diritto ecclesiastico, in precedenza, fra il '10 e il '13 rettore dell'Ateneo torinese. In una lettera, citata da Galante Garrone, l'autore chiariva che il concetto di libertà religiosa va inteso «non solo nel senso positivo, ma anche in quello negativo, perché da essa discende il diritto alla irreligione, all'aconiessionismo, alla miscredenza, all'incredulità»: ossia al pieno rispetto della libertà di coscienza. Erano i tempi del fascismo montante e l'anziano senatore (era una delle personalità di maggior spicco del partito liberale) prendeva posizione in modo netto. Qualche anno più tardi, nel '31, avrebbe ribadito la sua intransigenza: fu uno degli undici professori che in tutta Italia rifiutarono di prestare giuramento al regime, uno dei quattro torinesi. «E così - sottolinea Galante Garrone -, proprio lui che si sentiva innanzitutto professore rinunciò all'insegnamento». Ma per Ruffini certi principi erano irrinunciabili. Come spiegava lui stesso a proposito del suo libro: «Ho parlato di libertà, di tutta la libertà, non quella religiosa soltanto, perché mi pare i tempi più che mai richieggano che si riseminir>. «il suo seme - conclude Garante Garrone -, anche se in ritardo, è germogliato. Settantanni fa aveva visto giusto, la storia di questo secolo gli ha dato ragione». [m. as.i Francesco Ruffini

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