«Il Parlamento si decida» di Fra. Gri.

«Il Parlamento si decida» «Il Parlamento si decida» Rosa RussoJervolino: le prove non siano più un terno al lotto ROMA. Perché non le piace, ministro Rosa Russo Jervolino, l'esame di maturità così com'è oggi? «Perché c'è un vizio di fondo. Era sperimentale ventitré anni fa. Oggi è superata. Io non voglio polemizzare, però qui c'è un impegno del legislatore ormai stantìo per arrivare a una soluzione definitiva. Ma non voglio generalizzare. Ci sono stati tanti buoni disegni di legge. Tanti governi che hanno lavorato. Ma tutto senza risultati. E poi accade che quando una riforma sta per arrivare, si sciolgono le Camere. Insomma, il problema aspetta da tanti anni». E i suoi figli che dicono, ministro? Sperano che la maturità cambi oppure no? «Guardi che i miei tre figli, la maturità già l'hanno fatta. E se la sono cavata tranquillissimamente. E certo io in quelle occasioni ho toccato con mano il problema. Ma ci sono anche altre riflessioni che mi spingono a cambiare sistema». Quali? «Prendiamo le commissioni d'esame per la maturità. La gente deve sapere che c'è una grande difficoltà nel trovare professori che siano disposti a impegnarsi». Si riferisce ai valzer dei commissari fino all'ultimo? «Sì, capita anche che ci siano commissioni raccogliticce, che i poveri provveditori e i poveri presidi mettono insieme all'ultimo momento e alla bell'e meglio. Insomma, una esperienza nata in linea con il più assoluto garantismo, finisce con il tradire se stessa». Lei invece propone commissioni tutte interne, composte dai professori che hanno tenuto le lezioni durante l'anno. «Certo. Così si sdrammatizza il momento del'esame. E la verifica diventa più seria. Oggi i ragazzi hanno la paura di chi si gioca tutto in una giornata. Per alcuni è un incubo: e se mi arriva il mal di denti? E se mi blocco davanti a una faccia sconosciuta? E se non rispondo alla prima domanda? Io invece dico: l'esame diventi più semplice, ma anche più approfondito». Ma lei che ha fatto la maturità pre-riforma non ha mai spiegato ai suoi figli che quello di oggi è un pallido ricordo dell'esame di una volta? «Sì, l'ho detto spesso. E' un gioco che si fa in tutte le famiglie quello dei "vecchi tempi". Però i miei figli, che sono delle vere malelingue, sono saltati sù a dire che era la stessa cosa tra me e il nonno. Anch'io, infatti, a mia volta venivo rimproverata da mio padre di fare un esame "facile" rispetto al suo. Lui non solo aveva preparato tutte le materie, come me, ma portava anche i programmi di tutti e cinque gli anni di liceo». E come pensa che la prenderanno, la novità, i ragazzi che oggi fanno le prime classi di scuola secondaria? «Non devono averne paura. L'esame, fatto con un docente che li conosce bene, diventa più serio. Non è più un terno al lotto. E poi questa è una generazione che vuole studiare, a differenza dei loro fratelli di dieci anni fa. Questi giovani vogliono essere preparati. Sanno di trovarsi dentro a una società più selettiva. E non credo che faremmo un favore a semplificare ulteriormente le cose. Io penso ad un esame che sia la valutazione conclusiva di un percorso e non più un momento singolo, separato dal resto. Così diventa una cosa seria». [fra. gri.]

Persone citate: Rosa Russo Jervolino

Luoghi citati: Roma