«Italiani, state a casa Siete complici di Barre» di Foto Ansa

«Italiani, state a casa Siete complici di Barre» CHI NON VUOLE IL TRICOLORE COI CASCHI BLU «Italiani, state a casa Siete complici di Barre» Nell'aprile del 1890 i marinai della «Volta», sul cui pennone sventolava la bandiera sabauda di Umberto, il re buono, tentarono di sbarcare nella rada di Uarscheik, vicino a Mogadiscio, e vennero accolti a fucilate. Centodue anni dopo un destino analogo potrebbe toccare ai marò dell'Italia repubblicana impegnati questa volta in una «guerra» umanitaria, difendere la carità internazionale. «Sarà un'operazione impegnativa» ha detto il ministro della Difesa Andò. C'è da credergli: nello zaino i nostri Caschi Blu non devono mettere solo i rischi che corre chi tenta di fare il gendarme in un Paese strangolato dalla guerra civile, dalle fazioni, e regredito a una preistoria dove soltanto le vittime sono davvero innocenti. Il colonialismo questa volta non c'entra: in lista ci sono piuttosto i conti di una cooperazione che ha alimentato le cifre di una mostruosa tangentopoli africana, le stigmate e i rancori per alleanze e sostegni politici recenti che a Mogadiscio molti non hanno dimenticato. Dopo una lunga colpevole assenza, l'improvviso attivismo militare italiano solleva diffidenze, spiega Hassan Aden, del Movimento Democratico Somalo: «Non abbiamo nulla contro il popolo italiano con cui vogliamo buoni rapporti, ma il ministro della Difesa Andò non può ora lanciare proclami per portare soldati dopo che per mesi il governo ha assistito senza fare nulla alla tragedia del mio Paese. Dall'Italia aspettiamo ancora gli aiuti, prima dei soldati». Il nostro «diritto di ingerenza» seppure per motivi umanitari deve immergersi nei meandri di una guerra tribale dove ormai è difficile distinguere buoni e cattivi, dove la rappresentanza di sigle, clan e «partiti» si misura spesso più sul numero di pretoriani armati e di jeep trasformate in fortini ambulanti che in con¬ senso. Una nebulosa dove c'è spazio per manovre oscure e provocazioni. Nello schieramento politico somalo c'è comunque chi è favorevole a una presenza italiana: come SPM, SNU, SDM e Ali Mahdi, uno dei due «presidenti» che si contendono il potere, e che anzi invoca da mesi l'invio di soldati italiani. Fadhuma Aidid è la figlia dell'altro padrone della Somalia, che controlla la maggior parte della capitale e la zona centrale del Paese. In passato ha fatto sparare contro l'aereo del sottosegretario Borruso che tentava di atterrare a Mogadiscio. Se non si vuole sbar¬ care a Mogadiscio già con i fucili spianati, bisogna tenerne conto. E sull'arrivo dei soldati Fadhuma non usa certo metafore: «Non accettiamo nessuna presenza militare italiana. I civili che portano aiuti umanitari o che cooperano alle operazioni di soccorso sono benvenuti, ma militari mai. Il governo di Roma ha la maggiore responsabilità nella tragedia del mio Paese dall'epoca di Siad Barre fino a oggi. Abbiamo le prove che finanzia ed arma le forze dell'ex dittatore che stanno tentando di riconquistare il potere, sostiene il governo fantoccio di Ali Mahdi che ha bombardato le navi che portavano cibo nelle regioni controllate da mio padre». Aidid, ex stretto collaboratore di Barre, poi diventato il suo nemico più deciso, vuole i malines: «Gli Stati Uniti si sono dimostrati veramente neutrali, hanno cercato di portare gli aiuti alimentari nella nostra zona, dove non era arrivato nemmeno un chicco di riso, accettiamo il loro intervento spiega la figlia -. Mio padre è stato eletto democraticamente Presidente dalla maggioranza del popolo somalo, e l'Italia ha cercato di far morire i suoi uomini di fame. Abbiamo messo buona volontà, dialogato con il ministro degli Esteri Colombo e con il suo inviato, ma tutto è rimasto fermo. Non accusiamo certo tutto il popolo italiano o tutti i partiti italiani. In realtà a muovere le fila di questa politica è il partito socialista, Craxi, De Michelis e l'attuale ministro della Difesa Andò, che vogliono riportare al potere il loro amico ed alleato Barre. Gruppi armati fedeli all'ex dittatore che hanno cercato di avanzare verso la capitale sono stati catturati con armi italiane. Come potremmo accettare in queste condizioni una presenza militare?». Per la figlia del generale c'è una grande congiura: «E' vero che a Mogadiscio ci sono predoni che saccheggiano il cibo, ma non sono uomini nostri. Sono bande di provocatori pagati ogni mese con soldi italiani che hanno il compito, seguendo una regia precisa, di sollevare disordini e dare il senso di insicurezza per mettere in dubbio il reale controllo del territorio da parte di mio padre. Morgan, il generale di Barre che ha condotto un'offensiva nella parte Sud della Somalia, non sarebbe mai riuscito nell'impresa se non avesse avuto al suo fianco soldati del Kenya, altro Paese che trama con il dittatore come l'È gitto, e logistica italiana. Ab Siamo le prove». Domenico Qulrico | | 1 ! 1 Miliziani di una delle fazioni che si contendono la Somalia [foto ansa]