Reggio, si torna alle urne nel mito del «Boia chi molla » di Cesare Martinetti

Reggio, si torna alle urne nel mito del «Boia chi molla » I giovani missini: la gente è stufa, siamo noi la Lega del Sud Reggio, si torna alle urne nel mito del «Boia chi molla » REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO INVIATO Fu bella la rivolta? Antonio Franco, che tra i fascisti di oggi ha l'aria più lugubre e lo sguardo più sospettoso, dice che a lui è rimasto dentro l'odore-sapore dei lacrimogeni. «£' una sensazione speciale, è il gusto della mia infanzia». Come per gli altri i cioccolatini della nonna. «E' il nostro mito», dice al Fronte della Gioventù Bruno Gianluca, che allora era appena nato, ma che adesso saluta i camerati dicendo «A noi!» e forse sogna di rifarla. Ma davvero i giovani fascisti di Reggio rifaranno la rivolta? I nipotini del masaniello Ciccio Franco hanno l'aria allegra e la faccia pulita, nessuna parentela né apparente né dichiarata con i naziskin, vanno a scuola con lo zainetto tatuato di scritte e di croci celtiche, occupano le scuole, piantano provocatori alberelli nelle polverose aiuole di Reggio, verniciano le rugginose e sgangherate cancellate che dovrebbero proteggere i reperti archeologici in questa cittàdisastro dove nessuno si sente protetto da niente. Sono passati ventidue anni dalla rivolta di Reggio Calabria, quell'incredibile esplosione proletaria e popolare, nata da tutta la città, sindaco de compreso, e finita nelle mani dei missini di Ciccio Franco, gli unici che tennero fino alla fine, capitalizzando un'immagine di partito-Zorro, difensore dei poveri contro prepotenze e omissioni di Stato. Una leggenda che sopravvìve alimentata dal disastro provocato dai partiti che hanno amministrato Reggio e da una diffusa propensione alla retorica. Chiediamo ad Angelo Calafiore, 71 anni, l'unico «quadrumviro» missino sopravvissuto, che senso aveva allora. Risponde: «Difendere il diritto alla vita dei nostri figli». La rifarebbe? «Sì, perché oggi la situazione è ancora peggiore di allora». Per Calafiore, insegnante di ginnastica, grande e grosso, che se ne tornò a casa dopo l'8 settembre per «non andare a combattere contro Mussolini», la rivolta costituisce mi piccolo Risorgimento: «Tutto il popolo ha tenuto le barricate contro 30 mila soldati e questurini. Era il popolo a decidere ogni sera se continuare o no». Ha continuato, per 8 mesi. Calafiore ricorda come un'epopea i suoi 80 giorni da latitante, il carcere, il processo, il comizio di Almirante a Villa San Giovanni, 30 mila in una piazza da stato di guerra: «L'ho accompagnato io in auto». Quel grido «Boia chi molla», oggi così sinistro, copiato da un motto dei fanti della Grande Guerra e diventato il copyright della rivolta grazie a Ciccio Franco e a Totò Dieni. Adesso ripete la litania di vent'anni fa, campanilistica e viscerale: Reggio abbandonata, dimenticata, cancellata. «Immaginiamo tre emigranti, uno di Cosenza, uno di Catanzaro, imo di Reggio, che rientrino oggi in Calabria dopo trent'anm. I primi due direbbero: "Scusate, ho sbagliato indirizzo, non riconosco più il mio paese, è diventato troppo bello". Il terzo, invece, si arrabbierebbe: "Come avete mal ridotto la mia città". Chiusi anche i gabinetti pubblici costruiti dal fascismo: "Se imo viene a vedere i bronzi e ha una necessità, dove va?"». Qui a Reggio, dove il 13 dicembre si vota dopo il baratro della tangentopoli calabrese targata dc- psi, i missini capeggiati dal segretario Gianfraco Fini possono fare la parte della Lega al Nord. Antonio Franco, segretario della Cisnal, nipote di Ciccio, dice - attento a possibili maggioranze future - che in questa città non c'è più bisogno di distinzioni ideologiche: «L'unica differenza che conta è quella tra i lestofanti e i galantuomini». Fini ci gioca la partita più grossa: per otto giorni sarà a Reggio, dal 2 al 10 dicembre. Incontri con i commercianti, con i cittadini nei rioni, visita ai «ricoveri riuniti», a comunità terapeutiche, cena sociale a Catona, dove si è aperta l'ultima sezione msi. E' stato anche in Curia, dal vescovo Mondello. Ma davvero i nipotini del defunto Ciccio Franco sono pronti alla nuova rivolta? Alla sede del Fronte della Gioventù, via Fiorentino 4, alle 7 di sera troviamo un gruppo di ragazzi intenti agli assaggi di campagna elettorale: i primi mazzetti di «santini» passano di mano in mano. Comanda le operazioni Peppe Scopelliti, 26 anni, da tre segretario del Fronte, playmaker nella squadra di Basket del Cap Reggio Calabria, quest'anno in serie C, per 7 anni in B. Dice che per loro fare campagna elettorale «è molto facile». Perché? «Siamo estranei al pasticcio». Non alza mai il tono della voce, gira su una vecchia Panda, telefonino a parte non ha alcun elemento decorativo sociologicamente significativo, racconta avventure politiche che si direbbero «movimentiste», come l'occupazione di due scuole, cortei e manifestazioni contro la droga nei licei, dove nelle consultazioni studentesche la Usta nera prende il 50% dei voti. «Siamo - dice - l'organizzazione giovanile più forte di Reggio». Sono tutti figli di famiglie di destra, si sente una disponibilità alla svolta autoritaria: «Troppi mercatini, troppa droga, troppo disordine». Contro il razzismo non sono scesi in piazza. Ma gli identikit sono sorprendenti. Gabriella Cutru- pi, 25 anni, figlia di uno dei 17 firmatari della rivolta, per anni nell'Azione cattolica, insegna religione e fa catechismo nella parrocchia di San Francesco, è diplomata alla scuola vaticana di San Giovanni in Laterano: «Sono contro l'aborto». Piero Alampi, 22 anni, studente di Economia e commercio, educatore scout, capo brevettato di lupetti e coccinelle: «Spero di trovare lavoro a Reggio». Domenico Cutrupi, 24 anni, barista al bancone, ammiratore di Almirante: «Sono per la pena di morte e contro l'americanismo. Quello che ci ha rovinato a noi è l'essere stati schiavi degli americani». Toni Gaudioso, 24 anni, maestro, un nonno nella milizia di Mussolini, organizzatore di manifestazioni contro la droga, cortei, sit-in: «Qui nessuno di noi ha mai fumato spinelli». Capi e capetti di un esercito celato sotto le crepe del disfacimento di Reggio e dèi suoi quartieri ghetto, là dove più possibile è la spinta alla rivolta che se davvero riesplode li travolgerà, tra gli ultra che allo stadio non espongono insegne naziste, ma lanciano difensivi slogan anti-lega: «Ultra Reggina, il riscatto del Sud». E voi, che ne pensate del razzismo? «Noi, veramente, siamo meridionali...». Ma siete pronti alla ri-rivolta? Gli educati ragazzi del Fronte sono sicuri: «Non ce ne sarà bisogno: dopo il disastro dc-psi, ci basteranno i voti dei reggini». Cesare Martinetti «Una nuova rivolta? Non serve: de e psi si sono condannati con le loro mani» Ciccio Franco, leader della rivolta popolare di ventidue anni fa Nella foto grande: Reggio Calabria