La 'ndrangheta dietro il pentito

La 'ndrangheta dietro il pentito Legami tra confessione di un detenuto e blitz contro il clan dei calabresi La 'ndrangheta dietro il pentito «Ho ucciso il carabiniere», e scagiona un boss Ci sarebbe un intreccio fra la «confessione» di Giuseppe Detoma, l'ergastolano che ha ammesso di avere ucciso un carabiniere in Calabria, e l'operazione contro la 'ndrangheta che si sta svolgendo in questi giorni in Piemonte. Il legame vive, almeno esteriormente, di sorprendenti casualità, ma induce ad una certa attenzione. Detoma, condannato all'ergastolo per l'omicidio del taxista Manfrin, confessa improvvisamente anche l'omicidio dell'appuntato dei carabinieri Ilario Marziano, avvenuto a Caulonia, cinque anni fa. Confessa alle 13 di venerdì scorso, a poche ore dalla maxi retata di carabinieri e Guardia di finanza con 29 arresti ed il recupero di 53 chilogrammi di eroina e cocaina. La sua confessione viene ricevuta dal procuratore aggiunto Marzachì che teoricamente avrebbe - in quel momento - da seguire gli importanti interrogatori del dopo-blitz. Ma non è tutto: il Detoma si accusa, fornendo particolari che appaiono interessanti, di un delitto per il quale c'è già un colpevole. A 20 anni di carcere, per quell'omicidio, è stato infatti condannato Ulisse Panetta, membro di una famiglia che avrebbe un ruolo di primo piano in questa operazione anti 'ndrangheta. Ulisse Panetta è personaggio molto noto nel mondo della 'ndrangheta torinese: uomo del- la cosca Ierinò era stato coinvolto, già nel settembre '89, in un vasto traffico di stupefacenti, riuscendo però a fuggire. Fu catturato due anni dopo, a Milano, da carabinieri del Nucleo operativo di Torino, proprio in ottemperanza alla sentenza di condanna per l'omicidio di Caulonia. Da allora è in carcere. Ora la confessione del Detoma, se sostenuta da validi riscontri, potrebbe permettere la revisione del processo ed un radicale alleggerimento della posizione di Ulisse Panetta, eventualmente chiamato a rispondere solo delle vecchie pendenze. E' comunque difficile, stante le bocche cucite degli investiga¬ tori, comprendere cosa stia accadendo realmente. Detoma ha davvero commesso quel delitto? O vuole più semplicemente coprire qualcuno? E, qualsiasi possa essere la spiegazione, perché ha deciso di parlare proprio ora? Ne capiremo di più nei prossimi giorni, quando sarà anche possibile dimensionare meglio i punti di contatto fra questo episodio e l'operazione anti 'ndrangheta, sostanzialmente ancora in svolgimento. Nel blitz della magistratura torinese ci sono infatti ancora aspetti da chiarire, ad esempio quello dell'ingente quantitativo di droga. Che non è stata scoperta a Volpiano, come pareva in un primo momento, ma in una cascina di Gaggiano, piccolo centro agricolo alle porte di Milano. Gli investigatori con maggiore esperienza di stupefacenti sanno anche come sia impensabile che si trattasse di droga diretta soltanto a Torino. Il capoluogo piemontese ha infatti un fabbisogno giornaliero di circa 1 chilogrammo di droga pesante vergine che tagliata sino ad un grado di 20% di purezza, e divisa in quartini, può produrre sino a 810.000 dosi. Quel deposito doveva servire a coprire territori ancora più ampi, probabilmente vaste aree della stessa Lombardia. Ora toccherà ai carabinieri del Cis (Centro Investigazioni Scientifiche) risalire, attraverso le comparazioni di qualità, ai paesi di provenienza dell'eroina e della cocaina. Ma, considerati una serie di legami degli arrestati, c'è da pensare che la prima fosse prodotta in Turchia e la seconda in Colombia. Angelo Conti Già in carcere da un anno per l'omicidio di un taxista si è attribuito l'altro delitto Giuseppe Detoma (sotto a sinistra) si è accusato di un omicidio per il quale era stato condannato a 20 anni Ulisse Panetta (a destra). Accanto, il blitz antidroga