Dublino, gli U2 han fatto blob di Marinella Venegoni

Dublino, gli U2 han fatto blob | Negli studi di «Zoo tv», lo show multimediale andato in onda sabato sera Dublino, gli U2 han fatto blob Quaranta televisioni collegate nel mondo DUBLINO DAL NOSTRO INVIATO «Vendiamo il caos, qui alla Zoo tv», ha detto The Edge per spiegare che cosa sarebbe accaduto nello show cibernetico degli U2 andato in onda sabato sera qui dagli studi tv di Dublino e visto in 40 Paesi compresa l'Italia. Non poteva usare un'espressione più felice. Il gruppo rock ha deciso di rovesciare addosso a tutti noi il caterpillar multimediale che lo ha reso il più grande dei nostri tempi: operazione audace (partorita dalle menti fervide di Brian Eno e Kevin Godley), costosissima (1 milione e mezzo di dollari, interamente coperti dallo sponsor Philips), non nuova per noi italiani che ogni sera ci cibiamo del mitico «Blob». E a produrre il tutto è stato chiamato un italiano, Riccardo Corato, mentre la Sacis ha venduto il programma nel mondo: gli Usa lo hanno visto sabato sera alla Fox TV ed era la prima volta che un rock show andava in onda in prima serata. Gli americani si sono così beccati con le canzoni degli U2 anche l'anziano poeta William Borroughs e la sua iconoclasta preghiera per il Giorno del Ringraziamento: «Grazie per il tacchino selvatico ed il piccione/migratore destinati ad essere cacati attraverso/le sane budella americane». Non era questa che una delle tante provocazioni di questi 90 minuti che hanno sconvolto il tran tran del music business. Il gigantesco Blob, lo zapping furibondo che, esaltandolo, distruggeva il villaggio globale fra una canzone e una falsa pubblicità alla «Avanzi», ha colpito anche noi trenta ignari e «qualificati» giornalisti da tutto il mondo, invitati a seguire l'evento dagli studi tv di Dublino e coinvolti in un happening malizioso. Non sappiamo bene che cosa abbiate visto voi in tv a casa, con il commento di Paolo Zaccagnini e Cesare Pierleoni, ma vi possiamo raccontare che noi siamo stati imprigionati in un piccolo studio con le pareti piene di televisori che trasmettevano i programmi più disparati. Tutto calcolato: il pavimento intasato di metri di pellicola sparsa, meno sedie che persone, un tavolo colmo di immangiabili «Zoo tv dinner» e una voce che correva: «Lo show è preregistrato all'80 per cento, ci sono tre momenti "live" nei quali sarete coinvolti». Andava avanti lo «Zoo Tv Outside Broadcast»: una canzone, la faccia di Bush, Cronkite campionato che straparlava, Bono su una criticatissima copertina di Vogue; fra noi, la sensazione di esser presi per il bavero si faceva più netta quando Riccardo Corato, ex gruppettaro maestro di comunicazione, si avventava sulla donna che stava intervistando in diretta alcuni perplessi giornalisti tedeschi: protestava, lui che era l'unico a sapere tutto: «Basta, qui non si capisce che cosa succede». In uno studio poco lontano, stava intanto andando in onda il «Pat Kenny Show», una specie di Maurizio Costanzo Show dov'erano attesi gli U2. Una voce ci invitava a correre verso quello studio: ma arrivati sulla soglia, ilari guardie giurate ci invitavano a tornare sui nostri passi. Forse, la lezione era: chi di «voci» ferisce, di «voci» perisce. Bisogna dar atto alla premiata organizzazione U2 di aver messo a punto una egregia pena del contrappasso ai danni dei media invitati, che ben si inseriva nella vertiginosa e preparatissima confusione dello show multimediale; forse, imprigionandoci in un acquario televisivo, la band più grande del mondo ha voluto riversare su di noi i bombardamenti che quotidianamente riceve. Certo, questa strada scelta dagli U2 attraverso lo show multimediale porta alla decomposizione e dissoluzione di ogni musica e di ogni evento ad essa legato. Un rischio che la band ha scelto coerentemente di correre. «Vedremo che cosa succederà, dopo - ci dice Bono, venuto alla fine nella saletta acquario con i suoi compagni a salutare i malcapitati ospiti - per ora, non ci poniamo il problema. Un fatto è certo: ormai si vendono più videogames che dischi e la musica si sta trasformando in qualcos'altro. Che cosa, ancora non so». Marinella Venegoni Gli «U2» e a fianco il leader di «Elio e le storie tese»

Luoghi citati: Dublino, Italia, Usa