Mosca, settembre 1947 Stalin processa il pci

Mosca, settembre 1947 Stalin processa il pci Mosca, settembre 1947 Stalin processa il p COSP W NATO IL COAARNFORftl MÓSCA DAL NOSTRO INVIATO A proposito di Luigi Longo: «Un'impressione penosa». Per quanto concerne il francese Jacques Duclos: «Impressione negativa». Se la cava male anche il romeno Gheorghiu Dej: «Impressione complessiva mediocre». Appena sufficiente il giudizio sul bulgaro Cervenkov: «Qualità di medio livello». L'unico che riceve elogi sperticati è lo jugoslavo Milovan Gilas. Chi scrive è Andrej Zhdanov, il segretario del Comitato centrale del partito comunista pansovietico (bolscevico). Destinatario: «Filippov», cioè Josif Vissarionovic detto Stalin. I messaggi (in cifra) partivano da una località di cura e riposo vicino a Wroclaw dal nome impronunciabile di Szlarska Poreba. Le date spaziano dal 22 al 28 settembre 1947. Nasceva l'«Ufficio d'informazione» dei partiti comunisti, quello che passerà alla storia come il «Cominform». L'Internazionale Comunista, il «Comintern», era stata seppellita solo quattro anni prima, nel 1943. Un'aura di mistero ha sempre circondato quell'atto di nascita. E si spiega. Quell'incontro di nove partiti comunisti era stato concepito da Stalin nel più assoluto segreto. Cominciava la guerra fredda. I partecipanti - tra i partiti comunisti occidentali erano stati invitati solo i due più forti, quello francese (la delegazione era composta da Duclos e da Fajon) e quello italiano (Luigi Longo e Eugenio Reale) - decideranno di renderla nota a cose compiute, con un comunicato ufficiale. Ma gran parte della discussione che vi si svolse fu accuratamente tenuta nascosta, i protocolli delle sedute vennero censurati. Gran parte della relazione che Zhdanov vi tenne il 25 settembre, «a proposito della situazione internazionale», e che conteneva durissime critiche all'indirizzo dei partiti fratelli francese e italiano, sparì da tutte le successive pubblicazioni. Ciò che se ne sapeva fino a ieri era emerso dalle memorie, dagli appunti di alcuni dei partecipanti: Eugenio Reale, Longo, Duclos, Gilas e altri. Testimonianze postume, non sempre coincidenti tra loro. Ma dalla parte sovietica non era emerso nulla. Ora dagli archivi sovietici emerge la faccia nascosta di quella «verità»: attraverso la corrispondenza cifrata che Zhdanov e Malenkov (rispettivamente con i nomi di battaglia «Sergheev» e «Borisov») inviavano a «Filippov», che li attendeva impaziente, ogni sera, nei palazzi del Cremlino. Ma anche attraver- so l'apertura al pubblico del «fondo Zhdanov», fino a ieri top secret e che contiene, tra l'altro, i testi preparatori (le «brutte») e la stesura finale della sua relazione alla riunione di Szlarska Poreba. Secondo il professor Grant Adibekov - il primo studioso che ha avuto accesso a questa documentazione e che ha pubblicato recentemente i primi risultati sul quotidiano Trud - «il confronto tra il volume che fu pubblicato a Mosca nel 1948 e i protocolli della riunione costitutiva del Cominform in Polonia evidenzia clamorose differenze». Ma anche i protocolli, con ogni probabilità, furono manipolati in larga misura. Si sa - dalle memorie di Gilas, accusatore più feroce dei francesi e degli italiani - che uno dei punti più critici riguardò la linea «opportunista» del «cretinismo parlamentare», l'illusione della «via parlamentare» e la necessità della lotta armata. Adibekov - che ha potuto vedere i documenti - ci ha detto che con ogni probabilità, al termine della riunione costitutiva «i partecipanti presero la decisione di distruggere parte dei materiali. Può darsi che concernessero questioni riservate dei partiti, ma non solo quello. Penso che una parte della discussione abbia riguardato questioni concrete di organizzazione della lotta armata. Si sa che l'esempio greco, dov'era in corso la guerra civile, fu evocato da Gilas nel suo intervento». Ma solo un esame di tutta la documentazione potrà aiutare a rispondere a questi quesiti. Certo è che francesi e italiani non si aspettavano di essere sottoposti a un attacco così feroce e coordinato. Adibekov conferma che Gilas e Kardelj, ma anche la rappresentante romena Anna Pauker, dovevano essere stati informati in anticipo da Zhdanov e Malenkov del «processo» che si stava intentando contro i compagni francesi e italiani. Diedero Ò loro contributo andando addirittura oltre le intenzioni dei sovietici. Ma l'analisi del rapporto di Zhdanov mostra sempre secondo lo storico russo che critiche erano state preparate anche nei confronti dei partiti cecoslovacco e svedese (quest'ultimo non fu poi invitato alla riunione). Adibekov precisa un altro importante dettaglio: «Nel progetto preliminare del rapporto c'era anche una questione che toccava la direzione jugoslava. Cioè una critica a Belgrado per la pretesa di trascinare l'Urss dalla sua parte sulla rivendicazione a proposito di Trieste. Zhdanov scriveva che la questione di Trieste poteva essere esaminata solo in un più vasto contesto internazionale. Stalin evidentemente non intendeva rimettere in discussione le sfere d'influenza già definite a Yalta. Ma alla fine questa parte del rap- t porto rimase solo nella brutta copia e non venne pronunciata». Mosca aveva bisogno di Tito nell'impresa di ricostituire un nuovo «centro» in grado di riportare all'ordine i partiti comunisti che mostravano i primi segni di insubordinazione. Del resto i nuovi materiali che emergono tolgono ogni residuo dubbio sulle intenzioni di Stalin-Filippov circa la necessità di una «struttura» dei partiti comunisti che sostituisse il Comintern. In realtà l'idea era stata di Tito, che ne aveva parlato con Stalin una prima volta nell'aprile del 1945, durante la sua prima visita a Mosca. Allora il leader sovietico era stato prudente. Gli era parsa buona, ma forse prematura. Poco più d'un anno dopo, tuttavia, la situazione era già completamento cambiata. Nel giugno 1946 era stato Stalin a risollevare il problema nel corso di una cena «tripartita» nella sua dacia moscovita, cui prendevano parte Tito e l'ex segretario generale del Comitato Esecutivo del Comintern, il bulgaro Dimitrov. In quella occasione si era parlato di una struttura «informativa». Ma quando la preparazione della riunione in Polonia entrò nella fase esecutiva, un anno dopo, Stalin - precisa Adibekov - «era ormai giunto alla conclusione che le funzioni informative non sarebbero state sufficienti». Zhdanov e Malenkov vennero mandati a Szlarska Poreba con il ferreo mandato di strappare, per meglio dire imporre, funzioni di «coordinamento». Questo spiega il tono trionfale del messaggio cifrato che «Sergheev» e «Borisov» inviano la notte del 27 settembre a «Filippov»: «Abbiamo ottenuto quello che lei chiedeva, che l'Informburò abbia funzioni di coordinamento». La sera del 28 settembre un altro messaggio cifrato informava il «padre dei popoli» che tutte le delegazioni avevano accettato il «coordinamento». E precisava un punto che, evidentemente, preoccupava Stalin in particolare misura. «I francesi e gl'italiani hanno ringraziato profondamente il partito comunista sovietico per l'aiuto loro dato e si sono impegnati a correggere gli errori commessi e a modificare la linea dei loro partiti». Il Cominform, come lo voleva Stalin, aveva cominciato a funzionare fin dalla sua riunione costitutiva. Longo e Duclos, colti di sorpresa, con tutta probabilità impossibilitati a comunicare efficacemente con Roma e Parigi, non erano stati in grado di opporre resistenza alle rudi pressioni sovietiche e jugoslave. Giuliette Chiesa Il montenegrino Milovan Gilas. Prima di diventare un dissidente dal regime di Tito era uno zelante membro del Cominform dominato dai sovietici