Totò contro il Presidente

Totò contro il Presidente Esce un libro sul celebre episodio della «scollatura»: molte vignette e una lettera del comico Totò contro il Presidente Quando Scalfaro rifiutò un duello SCHIAFFI SFIDE E PUDORE ROMA 0 appreso dai giornali che Ella ha respinto la sfida a duello inviataLe in seguito agli incidenti a Lei noti...». Ma mi facci il piacere! L'Italia satirica, quella tarda cavalleresca e quella bacchettona del 1950. Un grande comico; un futuro Presidente della Repubblica; le spalle scoperte di una bella donna; un padre furioso; un marito inferocito, che oltretutto si chiamava Aramis. E, come se già non bastasse, un dibattito a Montecitorio e una, anzi due e forse tre sfide a duello. Che l'attuale Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, fedele alla dottrina cristiana, si guardò bene dall'accettare. Continuandosi ad attirare una pioggia di vignette canzonatorie. A firma dei principali disegnatori del momento: Attalo, Girus, Majorana, Giovanni Mosca. Ma anche dei giovani Furio Scarpelli, oggi sceneggiatore, ed Ettore Scola, il regista. Sia pure con dilatazioni epiche (uno schiaffo, per dire, che non ci fu mai) di quella scenetta al ristorante, per la verità, s'era sempre saputo: un caldo luglio romano, la moda delle bretelline e il battibecco tra il giovane sottosegretario Oscar Luigi (e due suoi colleghi di partito: gli onorevoli Sampietro e Titomanlio) e la signora Edith Toussan per via, appunto, di un prendisole considerato troppo osée. Acqua passata? Non proprio. La vicenda ritorna nelle cronache in mcdo più o meno intermittente. La signora Toussan l'ha ricordata, ora con rabbiosa, ora con rassegnata tristezza. E anche il Presidente se la tira appresso come una specie di ombra. Ma adesso grazie a un libro che s'intitola Totò, Sjpalfaro e la... «malafeyiixuna». (Edizioni Daga, 15 mila lire) a distanza di 42 anni si capisce per bene come l'Italia di allora visse quel piccolo ma emblematico evento. Commenti, battute, poesie, disegni d'epoca. E grazie alle ricerche archivistiche d\ Angelo Olivieri, già autore - guarda caso-di Sette anni di guai, storia satirica del Quirinale da De Nicola a Cossiga, viene fuori che anche Totò scese in campo contro Scalfaro. Al punto da indirizzargli una sdegnosissima lettera aperta che \'Avanti! pubblicò con il titolo: «Siamo uomi- ni o...». Anche se non voleva affatto far ridere, Totò. O meglio come del resto si firma - il Principe Antonio Focas Flavio Comneno De Curtis. Un Totò ottocentesco e sprezzante che con fraseggio aulico e dispiego di maiuscole interviene quasi più sul diniego di Scalfaro a incrociare le armi - anche la stessa Edith, buona spadapcirià, e il marito Aramis, avevano gettato il guanto - che sulla (infelice) frase che aveva scatenato le tre richieste di duello: «Queste donne, a furia di esporsi senza alcun pudore, cessano di essere donne private per diventare donne pubbliche». Ecco, l'attore che pure in Totò, lascia o raddoppia fece una specie di parodia di quella sfida negata, reagì: «Non si pretende da Lei, dopo il rifiuto di battersi, una maggiore sensibilità per ciò che è avvenuto, ma si ha il diritto di esigere che in incidenti del genere, le persone alle quali il sentimento della responsabilità morale e cavalleresca è ignoto, abbiano almeno il pudore di sottrarsi al giudizio degli uomini, ai quali questi sentimenti e il coraggio?civile diceno--aneora qualcosa». Su questo polemico e sorprendente, reperto AeiXAyantil (Totò non èra né un Socialista né un libertario, tantomeno un libertino), Olivieri ha una sua teoria secondo cui nell'intemerata deve esserci lo zampino del grande impresario Remigio Paone, vicino al psi. O forse, ma le due cose non sono in contrasto, il comico non pensasse anche di ribellarsi al sistematico massacro che i potentissimi critici del Centro cattolico cinematografico facevano dei suoi film: «Abbigliamenti immodesti», «situazioni immoralb), «scollature». «Inutile negarlo - dice Olivieri le schede del Ccc sembrano firmate da Scalfaro». E aggiunge: «Le sinistre saltarono subito a cavallo sul caso. Poi, ironia della satira, si accorsero che la Toussan era di destra e mollarono la presa». Ma più in generale la battaglia, anche parlamentare, del prendisole, il duello pubblico e privato tra il futuro Capo dello Stato e la bella signora (che - autore ed editore ci tengono a dirlo - «non era affatto una "malafemmena"») è come mimmo indicativo di una temperie. Così, sempre con vignette di quei fatali 1949 e 1950 il libro documenta la sorda guerra degli umoristi contro quell'Italia sessuofobica appena conquistata dalla de: la crociata di Sceiba contro i costumi da bagno, la censura alla Venere di Botticelli, le multe a chi si baciava per strada, i preparativi per il Giubileo con l'apposizione di foglie di fico sulle statue al Foro italico. Neanche troppo strano, dunque, quello scalpore «a motivo di-belle? spalle/ tormentate dal calore». Poi un salto brusco di 42 anni. E trenta pagine di vignette sullo Scalfaro presidente della Repubblica e prima ancora presidente della Camera. Lo Scalfaro che in ideale prosecuzione con il «si copra!» di tanti anni prima grida: «Onorevole! Esca subito dall'aula! Questo non è un luogo dove ci si spoglia!». Sempre di caldo e di spalle più o meno nude, si tratta. Anche se stavolta non è una donna, ma l'incauto onorevole Borsano che a Montecitorio voleva togliersi la giacca. Filippo Cecca redi lmento Parlamento vorrebbe Siili 3PQP Marta.*"0™ — giH Siili Uno Scalfaro giovanissimo (la foto è del 1949) A sinistra e qui sotto: la copertina del libro Totò Scalfaro e la... «malafemmina» e tre vignette d'epoca tratte dal volume

Luoghi citati: Italia, Roma