A Chiesa sei anni (e resta libero)

A Chiesa sei anni (e resta libero) Accolte tutte le richieste del pm Di Pietro tra cui l'interdizione perpetua dai pubblici uffici A Chiesa sei anni (e resta libero) // signor tangenti dovrà restituire subito 6 miliardi MILANO. Sognava di fare il sindaco di Milano. Adesso vive l'incubo di ritornare a San Vittore. Realtà al cianuro per Mario Chiesa, ex garofano d'oro della Baggina, primo della lista a Tangentopoli, e dalle 12,45 di ieri la prima condanna sulle spalle. Legge veloce il giudice Ghitti. «Colpevole», dice. E per Chiesa, sogni infranti, sono 6 anni di carcere, 6 miliardi di risarcimento, ma come provvisionale. Solo un anticipo. E poi l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Niente sindaco, niente ritorno al Pio Albergo. Niente di niente. «Tanto quanto», commenta di gusto il pm Di Pietro. Sorride soddisfatto adesso che il «mariuolo» è servito. E' il suo giorno, e si vede. Sorride ai fotografi, ai giornalisti. E ripete: «Tanto quanto. Tutto come nelle previsioni. Bocce ferme». Aveva chiesto 6 anni per Chiesa. E 6 ne ha avuti. Con questa condanna, se venisse confermata in appello e in Cassazione, tornerebbe in carcere Chiesa? Di Pietro non risponde. Le bocce sono ferme. Sorride ancora, e chissà cosa gli bolle in testa. Soddisfatto, incalza un cronista? Di Pietro si ferma. Rimugina, pensa alle parole da dire. E poi allunga lì: «Le condanne di persone non soddisfano mai». Scattano i flash. Spintonano i cameramen. Sfila Di Pietro, e c'è chi gli chiede di posare con un bambino, il figlio di una giornalista. Non c'è Mario Chiesa al trionfo di Di Pietro. L'attesa condanna gliela comunica, via telefonino, il suo avvocato. Non ci sono nemmeno gli altri imputati che con Chiesa avevano scelto l'avventura del rito abbreviato. Certo lo sconto di pena, remota la possibilità di assoluzione. Il giudice Ghitti lavora di lima, e sconta solo un paio di mesi sulle richieste del pm. Dettagli di un processo dove Chiesa era unico protagonista. Incassa il suo difensore, Nerio Diodà, e fa buon viso: «E' una sentenza equilibrata». Poi aggiunge: «Tuttavia ci rammarichiamo che il giudice non ab¬ bia accolto le attenuanti che avevamo richiesto. Quelle sul risarcimento totale e quelle sulla minima entità del danno al Pio Albergo Trivulzio». Spera Diodà: «Vedremo in appello di farci riconoscere le ragioni». Corre in appello Mario Chiesa. Sei anni sono troppi per evitare il ritorno a San Vittore. No, in quella cella singola, primo piano, lato B, l'ex socialista rampante non ci vuole più rimetter piede. I quarantatre giorni passati gli sembrano più che sufficienti. In aula c'è anche Sandro Antoniazzi, ex segretario milanese della Cisl, oggi commissario straordinario del Pio Albergo Trivulzio. «E' una sentenza che va nella giusta direzione», esor¬ disce. Per rilanciare l'immagine della Baggina ha tenuto anche un convegno: i vecchi e i poveri sino ai primi del secolo, decenni prima del «mariuolo». Adesso Antoniazzi fa i conti, e dice: «Sul risarcimento c'è contrasto con la difesa di Mario Chiesa. E' già stata effettuata una parte del risarcimento, ma solo una parte dei danni è stata coperta». Antoniazzi va alla carica, e rincara la dose: «Non bisogna dimenticare che Chiesa ha lasciato una pesante eredità di debiti». Specifica: «Adesso Chiesa si presenta al processo come se fosse un buon imprenditore, come chi ha rilanciato il centro geriatrico, facendogli assumere ima dimensione moderna. E invece Chiesa ha lasciato un'azienda in deficit. Fino al dicembre dell'anno scorso i lasciti annui erano sui 2 miliardi. Poi c'è stato l'arresto in flagrante, lo scandalo. E quest'anno dai cittadini sono arrivati solo 9 milioni». Soddisfatto è l'avvocato Jacopo Pensa, parte civile per il Comune. «E' una sentenza equilibrata, giusta, come si aspettavano tutti», commenta di getto. Tra Pio Albergo e Ipab il Comune ha recuperato 100 milioni di risarcimento. Ricorda anche questo l'avvocato Pensa. E dice: «Sì, è un buon segnale. Un buon segnale anche per il futuro». Fabio Potetti ^^^^^^^^^^^^^^^^ AA/

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