Dai sequestri al traffico di eroina

Dai sequestri al traffico di eroina Dai sequestri al traffico di eroina «La caccia agli ostaggi non era più un business» Al Nord i sequestri di persona non vanno più. Troppi i rischi, troppo stretti i controlli da parte delle forze dell'ordine. «Il vero business oggi è la droga», ha detto ieri il sostituto procuratore Francesco Saluzzo, che ha così spiegato il forzato cambio di attività dei calabresi trapiantati in Piemonte: «Qui i sequestri hanno fatto il loro tempo. I calabresi continuano a investire uomini e mezzi in questa attività, ma solo in Calabria, perché lì serve questo a controllare il territorio». Ma in anni passati a Torino i rapimenti erano una garanzia, per il clan. E molti degli arrestati in questa ultima maxi operazione hanno riportato condanne definitive per sequestro di persona. Il magistrato ha fatto riferimenti espliciti a sei rapimenti portati a termine negli Anni Settanta e Ottanta nel Torinese. Il primo è quello dell'impresario edile Carlo Bongiovanni, sequestrato a Torino il 3 marzo 1977. Riuscì a fuggire dopo 28 giorni di prigionia. Poi toccò a Lorenzo Crosetto, 62 anni, imprenditore edile rapito al ristorante Ponte Barra di corso Casale il 3 luglio 1981. La famiglia pagò 670 milioni. Ma l'ostaggio venne ritrovato morto, il 31 maggio 1983. Il corpo di Crosetto era sepolto a Sessant, periferia di Asti, in un terreno di Michele Jeraci, calabrese di Anoia. Sfuggì per un soffio al sequestro - era il 16 dicembre 1982 Tommaso Arlotto, 60 anni, costruttore edile: i rapitori cercarono di catturarlo in via Chàtil- lon. Meno fortunato il grossista di calzature Giuseppe Scaglione, 47 anni: catturato mentre rincasa in via Leinì, viene tenuto prigioniero in una cascina di Villamiroglio (tra Cavagnolo e Casale) dal 25 febbraio al 16 marzo 1983. La sera stessa del suo rilascio venne rapito il chirurgo Luigi Giordano, 57 anni, contitolare della clinica Celimi, liberato il 1° luglio al casello di Settimo dopo il pagamento di un riscatto di mezzo miliardo. Infine, il rapimento di Pietro Castagno, re della gastronomia torinese, nel gennaio 1984. L'ostaggio rimase in balìa dei banditi per 415 giorni. Per la sua liberazione venne pagato un riscatto di oltre un miliardo. Tra i cervelli del sequestro, due soli furono riconosciuti colpevoli: uno è Domenico Agresta, della famiglia che oggi torna alla ribalta con due suoi componenti: Antonio, 24 anni, e Saverio, 36 anni. Quest'ultimo, da tempo latitante, venne arrestato a Piatì agli inizi dell'aprile 1988 per il sequestro di Bongiovanni. Per quel delitto Saverio venne condannato con pena definitiva a 13 anni. Poi, altra condanna a 14 anni per un ulteriore sequestro; infine un coinvolgimento anche nel rapimento di Pietro Castagno. Agresta ha accumulato una pena complessiva di 27 anni, ma con la continuazione tra i due reati questa si è ridotta a 18 anni. Ne ha scontati solo nove, poi è tornato in libertà. Brunella Giovara Lorenzo Crosetto (foto a sinistra) rapito nel 1981 trovato cadavere due anni più tardi. Pietro Castagno, sequestrato per 415 giorni, liberato dopo il pagamento di un miliardo

Luoghi citati: Anoia, Asti, Calabria, Casale, Cavagnolo, Piemonte, Torino, Villamiroglio