In video siamo uomini o pupazzi? di Stefania Miretti

In video siamo uomini o pupazzi? In video siamo uomini o pupazzi? Ricci: «Il Gabibbo ha il primato degli scoop scomodi» IL Gabibbo - dice Antonio Ricci che l'ha inventato ha più forza di Chiambretti per due ragioni: intanto è surreale che la gente gli risponda; e poi non può essere invischiato nella rete degli intervistati, perché viene doppiato in studio». Gabibbo ha due anni di vita e non perde occasione per ricordarci che siamo tutti un po' «besughi», noi che guardiamo questa televisione di pupazzi umanizzati (e viceversa). All'inizio era solo un informe sacco rosso manesco e sboccato, che usava il vecchio gergo dei portuali genovesi e scalava le classifiche discografiche cantando «Vi spacco la testa». Oggi è «il cronista-giustiziere» di «Striscia la notizia», l'unico, tra i tanti che ci hanno provato, che è riuscito penetrare nel santurario domestico d'una famiglia Auditel. E Ricci ha ragione a rivendicare per la sua creatura «il primato degli scoop scomodi, anche nei confronti di cronisti intraprendenti come il Chiambretti del Tg-zero». Tant'è vero che il pupazzo s'è già guadagnato sul campo anche la prima querela, e a trascinarlo in tribunale sarà un umano in carne ed ossa. La storia dei pupazzi in televisione procede, tra alti e bassi, al pari di quella dei conduttori, qualche volta addirittura anticipando filoni e tendenze. Divi di gomma, li abbiamo sempre presi sul serio. Musichieretto di Mario Riva, il precursore; Topo Gigio presentato per la prima volta nel 1958, mandato in tournée in mezza Europa e oggi alle prese con l'ennesimo revival a cartoni animati; l'insopportabile Provolino («Boccaccia mia statti zitta!») e il petulante corvo Rockfeller (si dice che nei disincantati Anni Ottanta ricevesse quindicimila lettere a settimana). L'idea era quasi sempre quella di far dire ai pupazzi quelle verità che agli uomini non conveniva pronunciare. Voci falsamente irriverenti, inutilmente maligne: i divi di gomma, intesi come dissacratori, non hanno mai funzionato davvero, dimostrandosi spesso più pavidi degli uomini. Pupazzi di regime, ma in qualche modo i Provolini e i Rockfeller anticiparono un certo tipo di satira televisiva, alla «Crème Caramel»: furono i politici di cui imitavano i tic, non più restii a comparire in trasmissione in prima persona, a mandarli in pensione. Col tempo anche le facce di gomma si sono fatte più scaltre. Il pupazzo moderno, in perfetta sintonia coi tempi e coi gusti del pubblico televisivo, è cinico e cattivo. Ben prima che Giuliano Ferrara emergesse da un bidone d'immondizia per reclamizzare la sua «Istruttoria», lo Scrondo (una breve apparizione in una trasmissione di Italia 1 nata censurata, Matrijoska), che era un pupazzo animato da un nano, girava l'Italia verdognolo e cattivo, vomitando liquami e parolacce. Inventò la tvspazzatura, pur se non gliela fecero mai fare, e tutta una linea di giocattoli per bambini. Gli Anni Novanta si aprono con il successo del cane extraterrestre Alf, divo pelouche di una fortunata serie televisiva trasmessa da Raidue. Perfido e cialtrone, Alf corteggiava ragazze cieche fingendosi un giovanotto; oppure orecchiava le conversazioni dei vicini, meglio se drammatiche, per poi riportarle in giro. Il suo successo coincise con quello della televisione-verità. Che sia tornata in questi mesi la pupazzo-mania, lo te- stimoniano due nuovi programmi: Acqua Calda di Raidue (capre con la voce di Umberto Bossi e orsi che imitano Bettino Craxi), e Gommapiuma di Canale 5, al via in gennaio (un Giulio Andreotti di gomma che canta il rap). Tra gli autori è fresca polemica, volano accuse di plagio: ma su Telemontecarlo già due anni fa andava in onda il telegiornale satirico Teste di gomma, e vale per i pupazzi ciò che va- le per gli umani: la tv di questi anni ha tante idee, ma quasi tutte vecchie. Non è comunque un caso che Piero Chiambretti si sia sempre dichiarato «figlio di Topo Gigio e Wanna Marchi». Televisivamente, lui e il Gabibbo sono coevi; la tecnica usata, quella dell'incursione, dell'intervista surreale, è la stessa. E, sorpresa, pure le reazioni degli intervistati non sembrano dissimili: compia- ciuti, seccati, ciarlieri, rispondiamo nello stesso modo al cronista travestito da pianta e al pupazzo con microfono in mano. Uomini o pupazzi, per noi pari sono? Il sociologo Sabino Acquaviva non è del tutto d'accordo: «Chiambretti e Gabibbo sono due immagini televisive contrapposte», precisa, «uno va dall'umano verso lo strano, l'altro va dallo strano verso l'umano». Già, ma perchè parliamo con un pupazzo? «Per estensione del nostro attegiamento nei confronti degli animali». Il semiologo Omar Calabrese ricorda che «se oggi rispondiamo al Gabibbo, in passato abbiamo scritto migliaia di lettere a Topo Gigio. E questo non è neppure un fenomeno tutto italiano». La potremmo definire regressione? «No, è televisione. La televisione umanizza qualunque cosa». Stefania Miretti Grandi precursori: da Provolino a «Crème Caramel» dallo Scrondo a quelli della tv-spazzatura

Luoghi citati: Europa, Italia, Raidue