«La scorta? Per mia figlia è stata una punizione» di Angelo Conti

«La scorta? Per mia figlia è stata una punizione» «La scorta? Per mia figlia è stata una punizione» J'ACCUSE DI UNA MADRE E CAGLIARI RA nelle scorte per punizione, lei non ne voleva papere. Nessuno l'aveva addestrata, è stata mandata a morire». Albertina Loi è la madra di Emanuela, la ragazza cagliaritana saltata in aria assieme al giudice Borsellino. Una vicenda in apparenza allucinante, piena di improvvisazioni e di scelte inspiegabili. Emanuela Loi non voleva fare la scorta al giudice Borsellino. «Perché nessuno voleva più fare le scorte - racconta mamma Loi, nella sua piccola casa di Sestu, un piccolo paese a 20 chilometri da Cagliari - dopo quello che era successo a Falcone ed ai suoi ragazzi. In questura, a Palermo, da quel giorno era piombato il terrore. Ci si rendeva conto perfettamente che si era nel mirino della mafia. E che qualcuno avrebbe pagato con la vita». Come c'era finita, in quella scorta, questa minuta ragazzina dai capelli chiari? «Era cominciato tutto due anni fa. Claudia, l'altra mia figlia, voleva andare in polizia. Convinse Emanuela a fare la domanda e poi la selezione insieme a lei. Claudia fu bocciata, Emanuela arruolata. Per un attimo pensò anche di non accettare, perché era tutt'altro che convinta di quella scelta. Ma qui non c'è lavoro: ad un'opportunità come quella non si può dire di no». Dopo la scuola, ecco la destinazione in un commissariato di Palermo. «Non le piaceva, era una città a rischio. Aveva chiesto subito di essere trasferita a Roma. Alle scorte, per un po' non aveva proprio pensato. Poi, lo scorso anno, si era informata sugli incentivi che le avrebbero potuto dare. Erano buoni, perché si facevano parecchi straordinari. Ma, almeno a quanto ne so io, non aveva mai fatto domanda». Per la madre, comunque, quelli erano giorni di angoscia: «La mia bambina a Palermo, non riuscivo a pensarci. Anche se le mie compaesane continuavano a ripetermi che ero fortunata ad avere una figlia in polizia». La destinazione alle scorte era arrivata improvvisamente. «A giugno, Emanuela aveva avuto un brutto incidente automobilistico, a Palermo. L'avevano portata all'ospedale civico con la diagnosi di trauma cranico. L'avevano mandata qualche giorno a casa, e da qui era andata all'ospedale militare di Cagliari per ulteriori accertamenti. Era stata giudicata guaribile in sette giorni. Proprio mentre si trovava in convalescenza era arrivata una telefonata del suo diretto superiore che, dopo essersi lamentato per il periodo di malattia che stava trascorrendo, il secondo nel giro di pochi mesi visto che prima aveva sofferto anche di una tonsillite, le aveva annunciato il suo trasferimento alle scorte. Come fosse una punizione». Corsi speciali? Addestramenti? «Niente di niente. Appena tornata a Palermo era rimasta due giorni assegnata in caserma. Poi aveva cominciato a proteggere Borsellino. L'ha fatto per due settimane esatte, sino allo scoppio». Questa donna, distrutta dal dolore, in lacrime davanti a decine di immagini di una figlia bella e sorridente, non sa darsi una spiegazione: «Esistono i nuclei speciali, reparti addestratissimi, di cui Emanuela ci aveva parlato con fierezza. Dicono che siano in grado di offrire una sicurezza assoluta. Perché non hanno mandato loro a proteggere quel giudice? Perché è toccato a Emanuela?». Angelo Conti Albertina Loi, la madre della poliziotta uccisa nell'attentato a Borsellino Sopra, la figlia Emanuela

Persone citate: Borsellino, Emanuela Loi, Loi