Falcone, i diari scrivono l'ultimo giallo di Francesco La Licata

Falcone, i diari scrivono l'ultimo giallo l Supplemento d'inchiesta sui floppy disk «rubati», la procura di Caltanissetta: nessun mistero Falcone, i diari scrivono l'ultimo giallo «1periti hanno ricostruito anche le parti cancellate» La sorella: quegli appunti non servivano alle indagini ROMA. La procura della Repubblica di Caltanissetta non vede «gialli» attorno ai floppy-disk dei computer e delle agende elettroniche del giudice Giovanni Falcone. Le voci riportate da qualche giornale e dai tg, a giudizio del procuratore Giovanni Tinebra, non rispecchiano la realtà dei fatti. Insomma, il solito polverone inutile, la tempèsta nel bicchier d'acqua: «Nessuno ha rubato i diari di Falcone». La perizia eseguita su disposizione dei giudici di Caltanissetta, peraltro, non è ancora conclusa. I magistrati sono in attesa dei risultati di un «supplemento d'inchiesta» che arriveranno quanto prima. «Ma quale giallo, il giallo non c'è mai stato - assicura Giovanni Tinebra - e non è proprio il caso di creare allarmismi». Ma cosa è accaduto esattamente? «Le trascrizioni degli appunti elettronici di Giovanni Falcone - dice il procuratore sono state consegnate dai periti e riempiono diciotto fascicoli». Un quadro d'insieme, quindi, non si potrà avere prima di aver letto le carte inviate dal collegio degli esperti informatici che hanno eseguito la perizia. L'equivoco può essere nato per via del supplemento d'indagine disposto dopo aver notato che su uno dei computer, il Toshiba che Falcone teneva a Palermo, erano stati cancellati alcuni files. «I periti - puntualizza ancora Tinebra - sono tuttavia riusciti a ricostruire anche i files cancellati. Ma per non lasciare nulla di inesplorato abbiamo incaricato i periti di studiare ancora meglio tutti i dischetti di memoria delle agende». E il diario di Falcone? Quei due fogli, acquisiti agli atti del processo, che il giudice aveva dato alla giornalista Liana Milella? Era una sorta di elenco delle ostilità, più o meno palesi, che il «Palazzo» opponeva al procuratore aggiunto. Una minuziosa rappresentazione dei rapporti difficili che intercorrevano tra Giovanni Falcone e il suo capo, il procuratore Piero Giammanco. Di quei fogli non sembra sia stata trovata la matrice elettronica. «Ma quella - afferma Giovanni Tinebra - non la cercavamo più perché è stato chiarito dalle indagini che non esiste». Dopo la strage di Capaci, sarebbe stato lo stesso Paolo Borsellino a chiari¬ re che quegli appunti non erano mai stati archiviati nel computer. La sua deposizione, resa al sostituto Vaccara, e quella di Giuseppe Ayala e Leonardo Guarnotta, in ogni caso servirono a confermare l'autenticità di quegli appunti. Dalla «lettura» dei dischetti recuperati, eseguita in presenza dei periti di parte designati dalle famiglie dei magistrati assassinati (non bisogna dimenticare che anche Francesca Mondilo era giudice), gli investigatori stanno ricostruendo i movimenti di Giovanni Falcone. Il lavoro dei periti, secondo Tinebra, «ci ha consentito di sapere cosa ha fatto Falcone negli ultimi due anni della sua vita. In questi appunti non c'è alcun cenno che possa portare all'identificazione dei responsabili della strage di Capaci». «Non ci sono - commenta il procuratore di Caltanissetta - né libri bianchi né libri neri. D'altra parte, chi lo cosceva bene stenta a credere che Falcone potesse avere grandi segreti custoditi nel computer. Per Giovanni, l'archivio elettronico era solo uno strumento di lavoro. E infatti vi annotava il diario dei suoi impegni di lavoro, delle sue trasferte». I periti hanno persino trovato traccia del famoso «viaggio americano», che il giudice avrebbe dovuto compiere in aprile. Quel viaggio è stato più volte presentato come l'occasione per un «incontro segreto» di Falcone con Buscetta, dopo l'assassinio di Salvo Lima. I periti hanno dimostrato che non è mai avvenuto, perché Falcone in quel periodo rimase in Italia. In un'altra agenda Falcone aveva memorizzato l'elenco di tutti gli appartenenti alla «Gladio». Il particolare conferma che Falcone si interessò alla vicenda: quell'interessamento costituì l'ennesimo scontro con Giammanco. «Lo abbiamo sempre saputo - commenta Maria Falcone, sorella del giudice - che quegli appunti non erano utili alle indagini. Sappiamo chi erano i nemici di Giovanni. L'attendibilità delle due pagine acquisite agli atti non ci sconvolge: per noi è solo una conferma di quanto avevamo avuto modo di apprendere dalla voce di mio fratello». Francesco La Licata «Emanuela è morta con Borsellino Lei aveva paura temeva attentati» Si Dal computer che Giovanni Falcone usava a Palermo sono spariti alcuni files