Buscetta ai boss: lasciate Cosa nostra

Buscetta ai boss: lasciate Cosa nostra L'appello inviato al presidente dell'Antimafia. «Lo Stato si prenda cura di chi collabora» Buscetta ai boss: lasciate Cosa nostra // superpentito: è un 'organizzazione di sangue e morte ROMA DALLA REDAZIONE Tommaso Buscetta ha scritto una lettera personale a Luciano Violante, presidente della Commissione parlamentare antimafia, invitandolo ad operare affinché lo Stato si prenda cura dei pentiti. Con lo stesso documento, Buscetta lancia un appello - così come aveva fatto Antonino Calderone - ai mafiosi affinché lascino «l'organizzazione perché ormai è solo sangue e morte». Don Masino ha aggiunto che «l'on. Violante potrà rendere pubblico il mio appello quando vorrà». La rivelazione è del settimanale Epoca che pubblica un'intervista con don Masino Buscetta, firmata da Pietro Calderoni. «L'appello - dice il pentito - l'ho scritto lunedì 16 novembre, subito dopo l'audizione all'antimafia». Il settimanale rivela che all'incontro in un ristorante romano, del tutto casuale, erano presenti due giornalisti (l'altro era Francesco La Licata della Stampa, intervista pubblicata venerdì 20 novembre). Parlando della sua lunga «maratona» davanti ai parlamentari, Buscetta riferisce che uno dei commissari gli chiese un autografo per la figlia. «Io ho detto - racconta Buscetta a Calderoni -: ma cosa vuole che gliene importi a sua figlia di un povero Cristo come me? Ma insisteva l'onorevole, e allora su un libro le ho scritto: cara Barbara, spero che tu, nella tua vita, saprai tirare sempre dritto come ha fatto un uomo come il dottor Falcone». A Epoca, Buscetta racconta anche dei suoi rapporti con il giudice Giovanni Falcone: «Non ci baciavamo in bocca né io, questo la sanno tutti, sono un pederasta. Eppure io lo amavo. Io godevo a parlare con Falcone. Mi piaceva la sua testa, il suo cervello. Avevo gli orgasmi quando stavo con Falcone». L'intervista tocca anche il tasto del rapporto di amore-odio instauratosi fra Buscetta e lo Stato. Il pentito dice: «Non sono stato trattato bene. In America ho fatto la fame, fame vera. E ancora oggi non sono riuscito ad avere un documento che mi dia una nuova identità. Nemmeno mia moglie e mio figlio hanno una nuova identità. Come posso dire, allora, di essere soddisfatto?». Buscetta ha anche parlato di altri giudici di Palermo. Ha ricordato Paolo Borsellino ed ha avuto parole pesanti per Vincenzo Geraci, che ha conosciuto nel 1984, all'epoca del suo pentimento, quando presenziava, nella veste di pubblico ministero, agli interrogatori condotti da Falcone. Nell'intervista don Masino conferma che la decisione di tornare a collaborare non è legata esclusivamente alla morte del giudice Falcone, ma al «nuovo clima» politico, che ha avuto il suo apice nella sentenza della Cassazione che ribaltava quanto era stato affermato dai precedenti verdetti del presidente Carnevale. Il pentito Tommaso Buscetta

Luoghi citati: America, Falcone, Palermo, Roma