«Attenti, io vi scoprirò» di Emanuele Novazio

«Attenti, io vi scoprirò» L'AUTORE DEL LIBRO SCANDALO «Attenti, io vi scoprirò» Wallraff, lo scrittore che visse da turco ■x. BONN DAL. NOSTRO CORRISPONDENTE Nell'85, con baffi posticci e lenti a contatto nere, si trasformò nel turco Ali, per raccontare le condizioni disumane di tanti immigrati in Germania. «Ganz unten», uscito in Italia col titolo di «Faccia di turco», fece scandalo e sensazione nel mondo. Oggi, lo scrittore tedesco Giinther Wallraff vive di nuovo «nascosto», con un «travestimento» che ancora non vuol rivelare per non mettere in pericolo, «in una fase delicata», il suo lavoro. Ma l'attentato neonazista di Moelln, le tre donne turche arse vive, lo sconcerto e i timori di un'intera comunità, lo convincono a parlare, anche se soltanto al telefono. Perché, confessa, è «sconvolto», e il suo «viaggio» di allora, le sue ansie di allora, gli tornano in mente. Che differenze ci sono con la Germania di «Ganz unten»? «Nessuna in particolare. Ha solo raggiunto una nuova dimensione l'atmosfera generale: il disprezzo, la freddezza, i ghetti esistevano già allora, a partire dalle barzellette e dalle considerazioni sugli stranieri. Allora si esprimeva a parole quello che oggi si è trasformato in azioni. Ma lo si poteva intuire da tempo. Le autorità hanno fatto finta di non sentire, hanno sempre minimizzato». Cosa ricorda oggi di quel- l'es^jrienza? «Soprattutto i weggucker, la gente che distoglieva lo sguar- do. Quando venivo umiliato, pensavano forse che non era giusto quel che accadeva. Ma non dicevano niente, guardavano altrove, si facevano da parte. Erano la maggioranza, troppo deboli o vigliacchi per intromettersi, per intervenire e prendere qualcuno per un braccio. Mi ricordo di quel turco pu- gnalato a Krefeld: c'erano centinaia di persone eppure nessuno intervenne. E poi, lo ricordo benissimo: nonostante fossi un "turco" bene integrato, non sono mai stato invitato da un tedesco. C'era una barriera, un blocco nei miei confronti. Si viveva uno accanto all'altro, ma in mondi diversi». Quali sono stati i momenti più difficili, allora? «Il lavoro che mi ha rovinato la salute, alla Thyssen. Senza maschera, senza elmetti di protezione né scarpe di sicurezza. Eravamo un gruppo, ci chiamavano quando le macchine si bloccavano: dovevamo fare quello che i lavoratori tedeschi si rifiutavano di fare, riawiare la produzione al più presto possibile. Si lavorava dalle 16 alle 24 ore, fino a svenire. Dopo la pubblicazione del mio libro le autorità hanno creato dei gruppi di controllo. Alla Thyssen le cose sono migliorate, ma altrove, soprattutto nell'edilizia, no: oggi sono i polacchi e i tedeschi dell'Est a venire sfruttati. Gente che lavora senza documenti e che si accontenta di sei marchi l'ora: considerata la disoccupazione, sono disponibili a qualsiasi tipo di lavoro». Oggi quali sono i pericoli maggiori per uno straniero in Germania? «Sempre i mitlaufer, i conformisti. Anche all'estero esiste una forma di razzismo, ma in Germania c'è qualcosa che altrove non c'è. L'uomo a cui manca la spina dorsale, a cui manca il coraggio civile, appunto chi distoglie lo sguardo quando gli stranieri vengono discriminati o aggrediti, quando sono offesi o addirittura uccisi. Ma questo è anche il pericolo maggiore per la democrazia. Il fatto è che per questa democrazia non si è mai lottato: è stata scelta dalla potenza vincitrice, e molti non la desideravano. Per questo i gruppi neonazisti possono rafforzarsi: perché sanno di essere accettati da molti, di essere coperti e "accompagnati", con gioia nascosta, da molti». Dopo quel suo «viaggio» non salva nessun tedesco? «Finora ho parlato del prototipo, del tedesco che mi fa paura. Ma esiste anche un altro tedesco: gente che ha conosciuto altre culture e che non vede nella Germania l'ombelico del mondo, gente che non si sente una razza padrona. Purtroppo però è una minoranza. Sono le persone scese spontaneamente in piazza in questi giorni per un profondo bisogno interno, per disperazione». Pensa che i turchi siano bene integrati, nella Germania di oggi? «La maggior parte no. Sono sopportati o disprezzati. Anche quelli di seconda o terza generazione: sono persone integrate linguisticamente e culturalmente, alle volte non parlano nemmeno il turco. Ma vengono trattati con ostilità, come stranieri non desiderati, vengono offesi». Non crede che la paura di tanti tedeschi abbia delle spiegazioni, soprattutto all'Est dove la crisi economica è più seria e molti si sentono minacciati? «All'Est ci sono molte incertezze sulle cose che finora erano valide. E c'è stata una continuità fra due dittature, non c'è stata infiltrazione di altre culture, non c'è stato l'arricchimento di altre conoscenze. Anche per questo c'è paura dello straniero: una xenofobia elementare che è stata incentivata dai giornali scandalistici occidentali, dove per anni gli stranieri sono stati i capri espiatori. E poi pensiamo al recente passato: nella Ddr c'era soltanto un riconoscimento formale dell'internazionalismo, gli stranieri in realtà venivano ghettizzati. I pochi rimasti da quegli anni continuano a essere discriminati, perché la gente ha paura di loro: è l'essenza del suddito, del tedesco vigliacco che rende la vita difficile solo ai deboli. Succedeva lo stesso al tempo del nazismo». Emanuele Novazio «Per anni fui Ali ora sto facendo un altro esperimento per scoprire il razzismo e la viltà dei tedeschi» Giinther Wallraff quando viveva travestito da All per scrìvere il libro-choc «Faccia di turco» [fotoap]

Persone citate: Ganz, Giinther Wallraff, Thyssen, Wallraff

Luoghi citati: Ddr, Germania, Italia