Fado amore e fantasia di Marinella Venegoni

Fado amore e fantasia Rodrigues all'Alfieri Fado amore e fantasia TORINO. A parità di grandezza, non c'è cantante uomo che possa eguagliare su un palco le emozioni che sa dare un'interprete femminile. L'uomo resta in qualche modo sempre ingessato nel proprio ruolo, mentre le donne quelle grandi davvero - ti portano lì in scena la loro vita e le loro miserie: magari non te ne parlano direttamente ma ti sbattono sul muso le rughe e il trucco pesante, gli abiti sfarzosi, gli Strass. E sospiri, gesti che valgono ben più d'una storia tormentata raccontata con le banali parole della vita. Tale è sicuramente il caso di Amalia Rodrigues, settantaduenne regina del fado, che l'altra sera ha chiuso all'Alfieri di Torino un breve quanto inaspettatamente trionfale tour italiano. Si poteva mai pensare, con tutto ciò che offre oggi il mercato della musica, un'affezione così radicata? Tanto amore non è neanche una questione di dischi ascoltati o venduti, perché la primadonna non è certo un bestseller, né il Portogallo va di moda; e lei, poi, non fa musica à la page: è un'interprete classica, un monumento della saudade, quel maledetto pizzicorino triste al cuore che i portoghesi hanno esportato in Brasile. Rodrigues dev'essere caduta da piccola nella saudade, e se n'è imbevuta come una spugna: nessuno mai ha cantato come lei il «fado», la musica che prende nome e tensione drammatica dal latino «fatum», destino. Una minaccia oscura che ha trovato improvvisazioni musicali, poi regole e infine una sistematicità classica grazie all'inconfondibile voce di Amalia. Ma quella voce stenta a farsi largo, all'inizio della serata. Sguazza rauca nelle corde vocali e ci stringe il cuore: gli anni sono 72, parrebbe arrivare la malinconia di un altro Sinatra. Poi però i quattro chitarristi a diagonale, cominciano a disegnare un mondo caldo e povero, triste e danzante, e il pubblico (non folto ma infuocato) batte subito le mani a ritmo. E a poco a poco Amalia si riprende. Il suo profilo altero è come scolpito nel palco, le mani alzano il lungo mantello, il rossetto si muove di più. Non è necessaria, tanta voce, il fado non è «My Way»: è emozione trattenuta, che non vuol mai esplodere. Così nascono «Maria De Lisboa» o «Quando gli altri ti picchiano, io ti bacio», come spiega lei con il suo buon italiano. Alla fine del primo tempo, «Coimbra» trasforma il pubblico in protagonista. La seconda parte è un'esplosione di vitalità, tutta quella che la vita consente alla Rodrigues. Si sente ormai a proprio agio, riscaldata dal calore della sala, e infila una decina di brani; «Lisboa Antigua» è un salto in un mondo ormai lontano. A chi mai verrebbe in mente oggi di cantare le città, così mal ridotte, affogate nel traffico, perdute nello smog? Amalia, chiusa in un altro lungo abito nero con manto, corre dentro il repertorio con tristezza lieve; accenna, diminuisce anche con le mani, dalla gola le esce un'umanità dolente e combattiva che sarebbe riduttivo definire canto. Una manifestazione di esistenza a tutto tondo. Fra i brani, escono brandelli di confessioni maliziose: «Io canto tutto quel che mi piace», e poi «La differenza fra noi e gli spagnoli? Noi siamo tristi, loro no. Noi piangiamo sempre ma siamo felici». Amalia canta il fado da 50 anni, chiude con la «Casa Portuguesa» e di nuovo tocca al pubblico fare la sua parte. Si vorrebbero più bis, ma lei spiega: «Non posso più cantare, perché c'è la nebbia». Che strano trionfo. Un trionfo a dimensione d'uomo, anzi di donna. Marinella Venegoni

Persone citate: Amalia Rodrigues, Coimbra, Maria De Lisboa, Rodrigues, Sinatra

Luoghi citati: Brasile, Portogallo, Torino