Napoli, uno scandalo in questura

Napoli, uno scandalo in questura Compromettente telefonata del dirigente a un caporedattore: «Il sindaco è nei guai, aiutalo» Napoli, uno scandalo in questura Nella tempesta anche il «Mattino» NAPOLI. Una telefonata di venti minuti, con il questore di Napoli Vito Matterà che dice che il sindaco Nello Polese, lambito da un'inchiesta giudiziaria, «è roba nostra, un amico», e il redattore capo del «Mattino», Giuseppe Calise, che assicura la disponibilità del suo giornale anche se considera il primo cittadino «una chiavica». L'ultimo scandalo che sta facendo tremare le fondamenta dei Palazzi napoletani è racchiuso in un nastro magnetico: una registrazione-bomba capitata in circostanze misteriose e inquietanti nelle mani di Amedeo Laboccetta, capogruppo del msi in Consiglio comunale. Laboccetta non ha perso tempo: ha convocato in tutta fretta una conferenza stampa e, armato di registratore, ha trasmesso a tutto volume l'imbarazzante colloquio. Ma prima di rendere pubblica la conversazione ha consegnato una copia della cassetta al capo della procura della Repubblica, Vittorio Sbordone, che ha aperto un'inchiesta. In serata Matterà e Calise sono stati ascoltati dai giudici. La telefonata tra il questore di Napoli e il redattore capo del «Mattino» risale a domenica scorsa. Ma per capirne il contenuto bisogna fare un piccolo passo indietro nel tempo. Giovedì 19 novembre. La polizia arresta un gruppo di camorristi, ma nella retata c'è anche un insospettabile: il socialista Salvatore Minichini, presidente circo¬ scrizionale, molto vicino al sindaco Polese. Nel mirino degli investigatori c'è anche un circolo culturale, «Rossetti», frequentato dall'arrestato e dalla moglie del sindaco, Rosellina. Venerdì 20. Il telefono squilla in casa Polese. Dall'altro capo del filo c'è un amico del primo cittadino, che parla dalla sede del circolo: «Sono arrivati degli uomini in divisa, stanno perquisendo i locali, pare che ci sia una denuncia, dicono che qualcuno ha trafugato dei documenti», avverte. Sabato 21 novembre. Rosellina Polese riceve una busta sigillata: è una convocazione dei giudici, entro un'ora deve presentarsi in tribunale per essere ascoltata. Negli uffici della procura l'attendono i sostituti Nicola Quatrano e Franco Roberti che le muovono alcune contestazioni: secondo un testimone, la donna si sarebbe recata negli uffici del circolo, e ne sarebbe uscita poco dopo portando con sé due valigie. Documenti compromettenti da tenere lontano dagli occhi degli investigatori? La moglie di Polese smentisce: «Non sono andata al "Rossetti", ho i testimoni», giura. Domenica 22 novembre. Il mistero comincia a essere chiarito. Ad accusare la signora Polese è stato Luigi Maisto, un vigile urbano addetto alla scorta del sindaco. E' lui, il giorno precedente, che ha svelato ai magistrati l'episodio in cui è coinvolta la moglie del sindaco. Ma ora è pentito: ha chiamato nel cuore della notte il primo cittadino, che lo incontra per la strada. Piange, mentre dice: «Sindaco, mi hanno costretto a firmare una dichiarazione falsa contro sua moglie». Perché lo avrebbe fatto? «Ero terrorizzato, il comandante dei vigili mi ha consigliato di firmare il verbale per evitare anni di carcere». Domenica 22 novrembre, ore 1,30. Chi e perché complotta contro il sindaco, ammesso che di complotto si tratti? Polese, sua moglie e il vigile Maisto si precipitano sotto casa del procuratore capo, Vittorio Sbordone. L'alto magistrato, tirato giù dal letto, scuote la testa e liquida i suoi interlocutori: «Andate dai carabinieri». Della questione viene investito il generale Oresta, comandante della Regione. Domenica 22 novembre, ore 3,30. Il generale, il sindaco e sua moglie e il vigile Maisto si trovano nell'ufficio del maggiore Vittorio Tomasone, capo del nucleo investigativo dei carabinieri. Qui Maisto smentisce la testimonianza resa ai giudici. «Sono stato costretto a dire tutte quelle bugie», dice, e la sua ritrattazione viene messa a verbale. Domenica mattina, ore sei. Nello Polese telefona al questore. Non è dato di sapere cosa i due si dicano, sta di fatto che nella stessa giornata Vito Matterà telefona al redattore capo del Mattino, e qualcuno, per chissà quali motivi, riesce a intercettare e registrare la telefonata. Martedì 24 novembre. Il Mattino pubblica un articolo a tutta pagina, nella cronaca di Napoli. Il titolo: «Complotto contro Polese, con testimoni falsi». Nel testo firmato da Vittorio Del Tufo si avvalora la tesi secondo la quale il primo cittadino sarebbe al centro di una macchinazione politica. Matterà appare meravigliato da tutto il clamore attorno a quella telefonata che ha preceduto l'articolo: «Che c'è di strano, ho parlato con un giornalista amico, senza violare alcun segreto istruttorio. Naturalmente ho informato anche il prefetto, il ministero e il procuratore Sbordone. Da quel colloquio non possono emergere dubbi sul mio conto. Piuttosto chiedetevi perché questa registrazione è stata diffusa. Io ho soltanto detto che ritengo Polese una brava persona». Il redattore capo del «Mattino» si limita a dire che lui ha semplicemente fatto il suo lavoro di cronista. Parla invece la direzione del giornale, che questa mattina pubblicherà un corsivo in prima pagina sotto il titolo: «Il dovere del giornalista». «Ci siamo limitati a esercitare correttamente il dovere di cronaca. L'intercettazione della telefonata e la sua divulgazione è un fatto di inaudita gravità». Ma quell'articolo pubblicato sul quotidiano di via Chiatamone ha mandato su tutte le furie il procuratore capo Vittorio Sbordone il quale, in un comunicato, «rivendica a sé la paternità di tutti i provvedimenti adottati dal suo ufficio», e dichiara che «le critiche rivolte a questo o quel magistrato della procura non hanno ragion d'essere». I partiti dell'opposizione, nel frattempo, hanno chiesto l'immediata rimozione del questore Matterà. Fulvio fVlHone Inchiesta aperta dopo l'arresto di un consigliere vicino a Nello Polese A fianco il questore Vito Matterà, a sinistra il sindaco Polese con la moglie

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