L'Italia di JFK, fascismo e luci rosse

L'Italia di JFK, fascismo e luci rosse Il futuro Presidente alla scoperta dell'Europa, tra intuizioni politiche e irrefrenabile erotismo L'Italia di JFK, fascismo e luci rosse Un viaggio nel 3 7: litigi, spese pazze e tante squillo IL DIARIO DI UN GIOVANE AMERICANO UNEW YORK N Paese popolato da albergatori famelici e da sgualdrine belle e rapaci: così appare l'Italia, nel 1937, ad un giovane americano che si chiama John Fitzgerald Kennedy. Il diario di quel viaggio, custodito negli archivi riservati della «JFK Presidential Library» di Boston, è stato ritrovato dallo storico Nigel Hamilton, che ne pubblica ampi stralci nel primo volume di una biografia che sembra destinata ad essere la più imponente e meticolosa che sia mai stata scritta sul defunto Presidente. Il libro (898 pagine) è apparso in questi giorni col titolo «Reckless youth» («Giovinezza spericolata», edito dalla Random House) e sta suscitando enorme interesse negli Stati Uniti, perché illumina un periodo della vita di Kennedy - la giovinezza, appunto - che era stato premeditatamente occultato dalla famiglia. Grazie alle ricerche di Hamilton, sappiamo ora di Kennedy molte cose le ossessive frequentazioni dei bordelli americani e messicani, le malattie dalle quali era afflitto, la complicità nelle manovre «isolazioniste» di suo padre Joe - che se fossero state note nel 1960 avrebbero quasi certamente reso impossibile la sua ascesa alla Casa Bianca. Il diario del suo primo viaggio in Europa è una serie di appunti scritti a penna su un album rilegato in pelle che sulla copertina reca la scritta «My trip abroad» (La mia gita all'estero) ed il disegno di una nave che sta affondando. L'album gli fu regalato dalla sorella Kathleen poco prima che John si imbarcasse sul transatlantico «Washington», in compagnia del suo più devoto amico, Le Moyne Billings, detto «Lem», un giovane povero, miope, sempre disposto ad accettare gli scherzi e gli insulti del suo ricco compagno di scorriban de. E' l'estate del 1937. John ha compiuto da poco venti anni Studia ad Harvard. Non sa ancora cosa farà nella vita: è mosso da ambizioni ardenti ma confuse. E' un donnaiolo infaticabile, ma disprezza le donne. Il suo motto è: «Slam, barn, thank you Madam», ovvero: «Un colpo e via, grazie signora». Vive come un edonista avventuroso e sregolato, ma intellettualmente si sta sve gliando: è curioso, è avido di conoscenza. E proprio in Europa per la prima volta viene a contatto con i problemi del suo tempo: il fascismo, la guerra di Spagna, il pericolo di un nuovo conflitto europeo. I due giovani americani en trano in Italia il primo agosto, provenienti dalla Costa Azzur ra. Viaggiano sull'automobile «convertibile» che John si è portato dietro dall'America. La prima impressione è di sorpre sa. Immaginavano che l'Italia fosse un Paese miserabile, op presso da una terribile dittata ra. Ma devono ricredersi. «Le strade italiane - scrive Kennedy nel diario - sono molto più affollate e vivaci di quel le francesi, e l'intera razza sembra più attraente. Il fasci smo pare che tratti bene la gente...». Il suo amico Billings (da testimonianze che Hamilton ha raccolto prima che mo risse) conferma lo stupore della scoperta: «L'Italia ci apparve più pulita e più prospera di come avevamo pensato. Mus solini aveva fatto molte cose buone. C'era molto meno po verta e la gente sembrava tut t'altro che infelice». Si fermano a Genova e poi a Milano. Qui Kennedy scrive di essere rimasto impressionato «dall'intelligenza di alcuni bambini che hanno l'età di Bobby» (suo fratello Robert aveva allora 11 anni), ma an che dal fatto che fossero tutti «irreggimentati» dal fascismo. Scrive: «Ritratti di Mussolini dappertutto. Quanto tempo potrà durare Mussolini senza soldi? E quando sarà in banca rotta non avrà la tentazione di fare la guerra? E se non l'avrà, non vedo come possa esserci una guerra fino al 1945 o '50» Più che alla politica, le sue annotazioni sono dedicate ai conti salati che è costretto a pagare ad osti ed albergatori. A Milano finisce col litigare' «Partiamo inseguiti dagli in sulti dei portieri». A Venezia scopre che due giovani tede schi pagano in albergo, per la stessa stanza, 8 lire invece del- le 28 chieste agli americani. Si sente depredato. A Capri gli costa cara una gita in barca alla Grotta Azzurra: «L'acqua ha un bel colore blu, ma non abbastanza bello per le 50 lire che ci hanno scucito». Il tono di queste osservazioni è sprezzante. Gli italiani, pur^ essendo meno poveri e meno an- li egli si aspettasse, non gli piacciono. Anche i musei e le chiese non suscitano l'emozione che potremmo aspettarci da un giovane cattolico che sta studiando la storia del Rinascimento ed ha appena scritto un saggio su Francesco I, il più «umanista» dei sovrani francesi. Kennedy resta insensibile alla bellezza dei monumenti ed estraneo alla petulante cordialità della gente, verso la quale mantiene un distacco ostile, da patrizio anglosassone: «Ho deciso che gli italiani - scrive a Roma, dopo una visita al Colosseo e ai Fori Imperiali - sono la razza più chiassosa della Terra, e si impicciano di tutto, perfino del fatto che il mio amico Billings si soffia il naso». Il soggiorno romano gli offre l'occasione di riflettere sul fascismo e sui pericoli di guerra. Ha due incontri importanti: con l'allora cardinale Eugenio Pacelli, che era amico del padre e che di recente era stato ospite dei Kennedy a New York, e con Arnaldo Cortesi, l'influente corrispondente del «New York Times» dall'Italia. Cortesi gli spiega che il fascismo è «esattamente come il socialismo», non tratta male i lavoratori ed ha creato un sistema «corporativo» che presenta molti aspetti interessanti. Il giornalista non crede che la guerra di Spagna possa espandersi, ma dice che sarebbe pericoloso pensare che Germania e Italia «stiano bluffando». Certamente la Germania non bluffa. Quanto all'Italia, «deve ancora digerire l'Abissinia». Ad ogni buon conto, «l'Europa è più preparata alla guerra oggi di quanto non lo fosse nel 1914». Kennedy ascolta con attenzione e poi, nel diario, annota i quesiti che le due conversazioni hanno suscitato in lui: «Sarebbe possibile il fascismo in un Paese con una distribuzione economica della ricchezza come c'è in America? Può durare l'alleanza tra l'Italia e la Germania o c'è un conflitto d'interessi tra i due Paesi? Quale è la natura del fascismo: una forma di socialismo, come dice Cortesi, oppure, come invece sostiene il cardinale Pacelli, una versione secolare dell'autoritarismo cattolico?». Crediamo che questo sia il primo documento, la prima traccia scritta di una meditazione politica da parte di un giovanotto che ventitré anni dopo sarebbe diventato Presidente degli Stati Uniti. Sono quesiti intelligenti, che lasciano intravedere un sicuro intuito politico. Ma, almeno quel giorno, non ebbero seguito o svolgimento. Kennedy già pensava ad altre, più piacevoli distrazioni. I due giovani hanno deciso di «andare a donne», e si capisce con che tipo di donne. Leggiamo il diario: «Abbiamo organizzato un qualche appuntamento che è riuscito bene. Ragazze veramente belle, anche se il fatto di non parlare italiano ha provocato qualche temporaneo raffreddamento. Billings conosceva alcuni giochetti italiani da bordello che direi memorabili. Siamo andati a letto stanchi ma felici». Il giorno dopo una delle ragazze, quella che è stata con Billings, si ripresenta e chiede soldi, o altri soldi. Kennedy non entra nei dettagli, ma definisce «disgustoso» il negoziato. In Italia anche le donne, come gli albergatori, gli appaiono come spietati animali predatori. Quando una settimana dopo lascia l'Italia, attraverso il passo del Brennero, Kennedy non nasconde il suo sollievo: resta impressionato dagli austriaci «che sono così diversi dagli italiani». In automobile si porta dietro una ragazza, che ha rimorchiato a Venezia. La chiama «la Nobildonna» perché ad Innsbruck non vuole dormire in un ostello della gioventù senza bagno. Dalla Germania, Kennedy resta affascinato e spaventato. Gli piace l'architettura gotica ed il romantico paesaggio lungo il Reno. Ne deduce che «le razze nordiche sembrano superiori a quelle latine». Ma sente, come americano, l'arroganza e l'ostilità dei tedeschi. A Norimberga viene preso a sputi da un gruppo di giovani nazisti. Si consola qualche giorno dopo a Colonia, portandosi a letto una bella ragazza che il mattino dopo saluta e se ne va: «Per la prima volta - annota con sorpresa - mi sono separato da una donna in pieno accordo. Qui le donne, per strano che possa sembrare, mi sembrano più oneste». Quando approda in. Inghilterra, si sente finalmente a casa. L'Inghilterra gli appare come il solo ancoraggio politico sicuro in Europa, il solo baluardo capace di garantire la pace. Secondo il suo amico Billings, Kennedy è giunto alla conclusione che «il fascismo è la cosa giusta per la Germania e l'Italia, il comunismo per la Russia, e la democrazia per l'Inghilterra e l'America». Il viaggio italiano ha un'appendice due anni dopo, quando muore Pio XI e Joe Kennedy, che era ambasciatore americano a Londra, porta ai funerali il figlio John ed altri nove membri della famiglia. La comitiva è così numerosa che, ai funerali, occupa anche il posto riservato alla delegazione italiana. Galeazzo Ciano protesta rumorosamente e minaccia di lasciare il salone delle cerimonie. Il vecchio Kennedy si vendica trasmettendo a Washington un velenoso rapporto sul ministro degli Esteri italiano, del quale dice che accetta inviti e partecipa a cerimonie solo se gli si assicura la presenza di tre o quattro ragazze che gli scodinzolano intorno. «Sulla base di queste osservazioni - scrive l'ambasciatore Kennedy al presidente Roosevelt - nonché dei pettegolezzi secondo i quali Mussolini avrebbe un'amante tedesca, sono giunto alla conclusione che, nei rapporti col governo italiano, noi otterremmo migliori risultati mandando qui una dozzina di ballerine piuttosto che una flotta aerea o uno stuolo di diplomatici». Il clan dei Kennedy festeggia a Roma il nuovo Papa, che è il cardinale Pacelli, un amico di famiglia. Uno dei primi atti di Pio XII è un'udienza speciale per i Kennedy, durante la quale il figlio più piccolo, Teddy (l'attuale senatore democratico), riceve la Prima Comunione: un simile onore non era stato riservato a nessuno - si vanterà poi Joe Kennedy - «da due secoli a questa parte». Il giorno dopo l'ambasciatore e la sua famiglia ripartono in fretta e furia per Londra. Nel frattempo, Hitler si è impadronito della Cecoslovacchia. Per il vecchio Kennedy, un isolazionista pronto a pagare ogni prezzo per tenere gli Stati Uniti fuori dalla guerra, ormai non c'è più udienza a Washington. La sua carriera politica è finita. Tra qualche anno comincerà quella di John Fitzgerald. Gaetano Scardocchia «Le vie sono più vivaci di quelle francesi e la razza più attraente Sembra che il regime tratti bene la gente» Risse negli alberghi per i conti troppo salati. A Milano parte inseguito dagli insulti dei portieri «Sono ben riusciti gli appuntamenti con alcune ragazze davvero belle, ma una è ritornata, voleva altri soldi. E' disgustoso» Due anni dopo il ritorno a Roma con il padre per una udienza dal nuovo Papa Pio XII, un amico di famiglia II giovane Kennedy nuota nella piscina di Harvard Mussolini e Ciano che litigò con il padre del futuro Presidente