Licini. i sosni di un maledetto

Licini. i sosni di un maledetto A Locamo cento dipinti e trenta disegni del maestro marchigiano Licini. i sosni di un maledetto Cieli mentali, angeli ribelli, alfabeti interiori mi LOCARNO ' Il UTTI gli angeli ribelli / ( guardano a te anima mia / a te bella signora silen= I ziosa / A te bella signora quanto mai cara quanto mai fedele / che da lontani astri scivolando / qui sei bene venuta ad jabitare senza timore / di umiliarti, nuda come la rosa / nella capanna del mio perduto cuore, / per associar la tua sorte al mio destino». Così, sognando e cannando una luna leopardiana, Osvaldo Licini, dolce poeta maledetto («La nostra merda non (ferisce, accostatevi, o peccatori») quanto gli amati Campana, ' Lautréamont, Rimbaud e pittore (fra i maggiori di questo secolo, trascriveva in versi le sue strutture visuali di astrazione lirica, (espressiva, surreale, uniche in Italia nella sua generazione. [ Proseguendo il discorso proposto alla Galleria Lorenzelli di (Milano nel 1982 e ad Acqui TerIme nel 1985, Flaminio Gualdoni, con Luigi Cavadini ed Enrica Torelli Landini, presenta alla Pinacoteca di Casa Rusca fino al 28 febbraio un centinaio di dipinti Idei maestro di Monte Vidon Corrado. Essi vanno dall'-Arcan^efo Sa cui stesura originaria risale al il919 a Studi e Angeli dell'ultimo (anno di vita, il 1958, coincidente con il Gran Premio di pittura alla Biennale di Venezia, i Nella sala sotterranea è inoltre esposta, con scelta «mirata», [una trentina di disegni documentanti lo straordinario labo(ratorio, nei primi Anni 40, lucido je magico e fantastico ad un tempo - come sempre lungo tutto l'arco dell'opera - da cui scaturiscono le icone intersecate dei personaggi (fra cui il nordico 'Olandese Volante), delle Amafassunte degli Angeli ribelli. ! E' certo, questo, uno dei punti cruciali del percorso di Licini, (nello stesso tempo coerente e Variegato, personalissimo fino alla solitudine nel panorama italiano della sua generazione (ma proprio per questo sotterraneapente basilare per quelle successive, del secondo dopoguerra, jda Burri a Novelli a Pernii e nel contempo aperto come pochi o nessuno al grande filone europeo che corre da Kupka e Klee fino a [Mirò e Wols. ì In quei fogli forme, segni, simboli vibrano ritmicamente - il (sedimento degli Anni 30 «astratti», paralleli e distinti da quelli Idei compagni di strada concretisti di Milano e di Como - secondo larmonie sognate ed arcane, nujrneri e cuori volanti, nascenti (iconografie angeliche e diaboliche e femminili-lunari campeggiano nei vastissimi cieli «mentali» sopra le linee di base e d'orizzonte, minimali ma massimamente evocative, dei profili delle colline marchigiane con i loro casali, tante volte protagoniste dei Paesaggi degli Anni 20. i Inversamente, nel primo quadro in mostra, l'Arcangelo del J1919 (intitolato credo più corretitamente l'Angelo nella fondamentale antologia alla Galleria d'Arte Moderna di Torino nel J1969), all'originaria base pittoriIca dorata, con quelle nubi che evocano Dcrain, Van Dongen, il Picasso delle Bagnanti del 1918, si sovrappone a destra con netta e sinuosa pennellata bruna, visto di schiena, un prototipo di Angelo Ribelle. L'autore ha ritenuto di aggiungerlo (cioè farlo entrare in scena nello spettacolo fantastico fra terreno e celeste) dieci o più probabilmente vent'anni dopo la pittura originaria del quadro. La datazione delle opere di Licini, i loro rimaneggiamenti e trasformazioni stratificate, la guizzante inserzione per trasparenza su opere precedenti di profili e forme fantastici o naturali, costituiscono sottile e difficile materia di studio, che emer¬ ge nel saggio in catalogo di Guaidoni sulla ricca base di un discorso già impostato con coraggio, passione ed amore da Zeno Birolli. Qui importa sottolineare che l'atteggiamento di Licini nei confronti di se stesso e dell'opera potrebbe esteriormente somigliare, sul piano psicologico, alla sprezzante riproposta e rifacimento di De Chirico, lungo decenni, di un'unica «ora metafisica». In realtà, al di là dell'incomparabile qualità di una stesura cromatica pullulante di magie alchemiche il senso di Licini di un unico costante confronto con le pagine segrete, gli «alfabeti e scritture enigmatiche» di un mondo di sogni (ma pulsante di vita, anche erotico, precipitato archetipico di bene e di male), si pone all'estremo opposto. Al contrario dell'esteriorizzazione e ostentazione del mestiere tipica di De Chirico - meno lontana semmai dalle mitografie ironiche di Savinio -, quella di Licini è la lettura interiore, piena di misteriose vibrazioni, di una geografia del profondo, anche quando assume le apparenze, negli Anni 20, del paesaggio, della natura morta, del nudo di ispirazione modiglianesca, immersi in arcane, velate tonalità di bruni, di verdi, di azzurri; o quando, negli Anni 30, adotta le geometrie di «Abstraction-Créa- tion» (ma con «sentimento, poesia»), con misteri di colore, equilibri di forme precari ed ironici, giochi squisiti e feroci fra parola e immagine lAddentare) che reggono il paragone con il Klee coevo, con il vantaggio nazionale dello smalto cromatico dei primitivi toscani o di Paolo Uccello. La parentela, ancor più di spirito e di sensibilità che non di modelli formali (ma anche questi ci sono), fra i due cacciatori «Logici» del sogno è evidente anche nell'amore per il formato piccolo e minimo, fino al francobollo. E' la proposta più bella e più magica della mostra. Marco Rosei Amava Campana, Lautréamont e Rimbaud faceva e rifaceva continuamente se stesso esplorando la geografia del profondo Sensibilità alla Klee e smalto dei primitivi | | | | I Tra le opere di Osvaldo Licini esposte alla Pinacoteca di Casa Rusca a Locamo: | «Il nudo» del 1926 | Sotto «Amalassunta» | un olio del 1950 | e «Personaggio» I matita su carta

Luoghi citati: Acqui, Como, Italia, J1969, Milano, Monte Vidon Corrado, Pernii, Torino, Venezia