Tasca nostro padre da traditore a profeta di Luciano Genta

Tasca nostro padre da traditore a profeta Parlano le figlie del compagno di Gramsci Tasca nostro padre da traditore a profeta MORETTA (Cuneo) DAL NOSTRO INVIATO «Era dolcissimo e burbero, mio padre Angelo Tasca. Quando decideva di tacere, stava zitto. E io sono sua figlia». Valeria Tasca si ritrae, con gentile fermezza, non vuole mischiare il privato e la Storia. E' venuta per la prima volta, con la sorella Catherine, a Moretta, dove il padre nacque cento anni fa, il 19 novembre 1892. Il piccolo paese a pochi chilometri da Saluzzo ricorda e discute il compagno di Gramsci e Togliatti, fondatore dell'Ordine Nuovo; il comunista eretico che fin dal '29 seppe dire no a Stalin, a viso aperto, si schierò con Bucharin e fu espulso dal partito; l'esule antifascista in Francia alla travagliata ricerca di un nuovo socialismo, in sintonia prima e in netto contrasto poi con Nenni; l'isolato anticomunista «illuso» da Pétain, «il meno peggio, ultima trincea nazionale contro il pericolo nazista». A lungo rimosso, rinnegato dai suoi compagni di fede e di lotta, Tasca sta vivendo da una decina d'anni una manifesta «revisione e rivalutazione»; si ripropongono come fondamentali le sue opere, da Nascita e avvento del fascismo a Autopsia dello stalinismo; si ritrovano «illuminanti anticipazioni» nel suo superamento del marxismo, nel suo socialismo riformatore ed etico, senza per altro nasconderne ambiguità e contraddizioni. Ma questo, appunto, è lavoro da storici. Le figlie di Tasca ascoltano i loro discorsi sedute in prima fila in un cinemino molto simile a quei freddi stanzoni in cui i vecchi comunisti, da Torino a Livorno, mossero i primi passi. L'asprezza di quella politica, che allora era per tutti scelta di vita, sacrificando amicizie, amori, famiglie, hanno lasciato cicatrici anche nell'infanzia di Valeria e Catherine. Si alzano in piedi solo quando il sindaco di Moretta offre loro un mazzo di fiori, per ripagarle, dice, «di tante amarezze». Valeria aveva appena un anno quando Tasca nel '27 emigrò a Parigi, rimase con lui anche dopo il ritorno della madre in Italia. Catherine nacque nel '41, dall'unione del padre con una militante socialista francese. Lei ha optato per l'engagement, senza tessere ma sempre «a coté de Mitterrand», ora è ministro per la francofonia nel governo Bérégovoy. Valeria invece ha scelto l'insegnamento, letteratura e teatro, ha lavorato nel sindacato, la politica è rimasta «una passione dominata». Indica la nipotina che scalpita e sbadiglia: «Vede come si annoia. Ero come lei, da piccola, quando in casa nostra si trovavano gli esuli antifascisti e parlavano, parlavano. Qualcuno mi era simpatico, altri per nulla, ma tutto questo rimane un mio sentimento privato». Fa un nome solo, Silone, perché «attraverso Fontamara mi sono riappropriata dell'italiano». Filtra con circospezione i ricordi. E' naturalmente «molto contenta» che di suo padre ora si parli senza anatemi. Ma non dimentica quanti «insulti e menzogne» abbia dovuto subire. L'autocritica dei comunisti è stata un processo lentissimo. Ricorda l'infamia di chi accusò Tasca di Convegno Gli storici sono con lui EUNGIMIRANTE: così il «traditore» Tasca appare agli storici, Sergio Soave, Leonardo Rapone, Alceo Riosa e altri, che ne hanno discusso ieri nel convegno promosso dal Comune di Moretta, con l'Istituito storico per la Resistenza di Cuneo e il Centro Salvemini di Torino. E' tutto da leggere, quel suo rapporto di 300 pagine alla segreteria del pei, nel '29, contro il satrapo Stalin, «liquidatore dello spirito della Rivoluzione d'ottobre». E ci sono attualissime risposte agli «errori» che oggi la sinistra vuole correggere, m quei suoi 120 quaderni di scuola (alla Biblioteca Feltrinelli, con oltre 20.000 volumi). aver tradito Gramsci, ricorda il compagno che le confidò: «Se avessi avuto una pistola, gli avrei sparato, a tuo padre». Era questo «l'orrore dello stalinismo». E sa che ancora oggi all'Istituto di cultura italiana a Parigi è difficile organizzare una serata per Tasca. Incombe l'accusa di «collaborazionista». Sono mesti gli occhi di Valeria: «Non si può dire che "militò nelle file di Vichy". E' vero, credette in Pétain, tramite soprattutto l'amicizia fedele con Moysset. Ma il suo ruolo fu modicissimo. Patì la fame». Valeria, senza cancellare i suoi scontri d'allora con il padre - «ero un'adolescente senza nuances» - rifiuta l'immagine del «doppiogiochista», ricorda «quanti ebrei e comunisti aiutò a fuggire». Lei, dopo il '45 si sarebbe schierata proprio con i comunisti, per «rispetto filiale» preferì lasciar perdere la politica. Per Catherine i ricordi scorrono meno crudi, al dopoguerra: «Mio padre ha potuto godere della mia infanzia». Aveva compiuto i 18 anni, quando Tasca morì nel '60: «Molto malato, stanco, non scettico né sconfitto». Quel che Tasca ha fatto e pensato, lei lo ha imparato dopo, dai libri e vi ha trovato «profezie», per il suo impegno politico: oltre all'«ormai naturale rifiuto dello stalinismo», la critica all'«ipertrofia dello Stato», la ricerca di una «società aperta». Anche per Catherine l'unità delle sinistre rimane un obiettivo fondamentale quanto difficile, vede l'idea di socialismo «screditata e corrosa» dal disastro sovietico, ma non «ènfoncée», per chi sappia riunirla al liberalismo. «La democrazia parlamentare è l'unico punto fermo: per il resto è bene che non ci siano più modelli». Nemmeno suo padre: d'altra parte, non scorge intorno eredi o seguaci. Cosa direbbe oggi Tasca a vedere una sua figlia ministro di un governo socialista? «Ah, lui non avrebbe mai potuto far parte di im governo. Era di un tale rigorismo intellettuale. Più uomo di pensiero che d'azione. E per governare non basta lavorare con le idee». Luciano Genta AtdNqlaC Angelo Tasca, tra i fondatori di «Ordine Nuovo»; qui sopra, la figlia Catherine