Addio al flauto che ha incantato il mondo

Addio al flauto che ha incantato il mondo Straordinario interprete dei classici, divenne uno dei concertisti italiani più raffinati e popolari Addio al flauto che ha incantato il mondo Severino Gazzelloni è morto ieri sera per un tumore, aveva 73 anni ROMA. E' morto Severino Gazzelloni, il flauto d'oro. Colpito da un tumore, il maestro si è spento ieri sera nella clinica di Cassino. Aveva 73 anni, lascia la moglie e due figli. Con il celebrato interprete di Debussy e dei maestri contemporanei se ne va un musicista che rimarrà indimenticabile per chiunque ami la musica. Perché Severino Gazzelloni era tra i rari interpreti che con un repertorio classico era riuscito a diventare non soltanto celebre nelle sale da concerto ma popolare tra il grosso pubblico. Vi fu un momento, negli Anni 70, in cui per i giovani Severino Gazzelloni valeva una superstar del rock. Veniva dalla campagna, da Roccasecca, in Ciociaria e aveva mantenuto, nonostante il successo, quel gioviale atteggiamento di vita che è la fortuna di pochi privilegiati. Gazzelloni amava la musica e con essa esprimeva il suo amore per le donne, gli amici, la tavola, con humour (una volta mi dettò una incredibile, impubblicabile ricetta per preparare gli «spaghetti alla Gazzelloni», così li battezzamo al bar del Principi di Piemonte, tanti anni fa, prima che il maestro salisse sul palco del Conservatorio). Erano i giorni delle grandi tournée (Usa, Giappone, Australia, tutto il mondo) dopo che i maggiori autori contemporanei si erano contesi un suo appuntamento per potergli dedicare un biano che talvolta aveva un significato solamente se eseguito da Severino il grande. Senza Boulez, Stockhausen, Nono, senza Maderna, probabilmente Gazzelloni sarebbe rimasto a Roma a fare il flautista tra i «superpro» di qualche orchestra sinfonica. Ma senza Severino Gazzelloni (l'inventore del flauto moderno oltre che il sapiente interprete dei classici) i suoi autori avrebbero dovuto rinunciare a inventare. Anche il più sensibile jazzista di questi ultimi trent'anni - Eric Dolphy - era andato a scuola da Gazzelloni, a Darmstadt, e poi avrebbe composto e inciso un brano modernissimo, intitolato appunto al maestro. Proprio questi canali alternativi, il jazz di Dolphy, i «Caroselli», la pop music alla tv con Mina, la voglia di fare sempre e comunque musica con il suo «piffero magico», danno la dimensione dell'uomo Gazzelloni, così lontano dagli stereotipi del concertista classico, ma immagine definitiva del musicista totale, libero. Appena ragazzo aveva abbandonato le magistrali per la musica, fulminato all'ascolto di un brano di Mozart. Suona nella banda del paese, scopre le regole del flauto e a 18 anni è ammesso al Conservatorio di Napoli. Finita la guerra entra nell'orchestra sinfonica della Rai e, la sera, per guadagnarsi da vivere suona «in buca» per le riviste di Macario e di Wanda Osiris. Decisiva per la sua carriera sarà la scoperta di Schònberg e l'intuizione di quanto sia importante sviluppare una tecnica strumentistica sul flauto. E' il primo passo, Severino diventerà Gazzelloni. Il suo segreto? Eccolo in poche parole: «Mi vorrebbero sotto una campana di vetro ma io vengo da un mondo di lavoratori, di artigiani; il lavoro lo intendo così, rumoroso, in mezzo agli altri». Una carriera di concerti, in tutto il mondo, a migliaia, ma quelli che ricordava più volentieri erano quelli nei paesini del Sud. Come quello che tenne a Roccasecca (1970) quando suonò con la banda del paese, la stessa banda dove aveva esordito da bambino. Ma quella sera ai suoi concittadini aveva prima fatto ascoltare Vivaldi, Haydn, Mozart, Debussy, Beethoven. Gli fu chiesto se avesse paura di trovare un giorno la sala da concerto vuota. «Ne soffrirei moltissimo. Sono abituato al pienone e, senza modestia, posso affermare di essere stato quello che ha riportato alla musica le folle e soprattutto i giovani. Se mi accorgessi che ciò non sta più accadendo, smetterei di esibirmi». Amava il proprio mestiere: «Se fossi vissuto ai tempi di Bach, sarei stato un suonatore di flauto. E se dovessi rinascere suonerei di nuovo il flauto: è la mia vita». Gli chiesero anche se avesse paura di invecchiare. «No, è il metro della vita che ci porta verso questo traguardo. Certo mi piacerebbe fermarmi e sentire le ammiratrici che dicono "Che bell'uomo che è quel Gazzelloni" ma il tempo non si può fermare». «La morte? Soltanto se dovessi pensare alla morte attraverso la sofferenza avrei paura. Ma un sonno che diventa eterno non mi spaventa assolutamente». Franco Mondin! Severino Gazzelloni durante uno dei concerti Il più popolare dei flautisti italiani era da tempo ammalato di un tumore

Luoghi citati: Australia, Giappone, Napoli, Piemonte, Roccasecca, Roma, Usa