Esuli dalmati la voglia di reagire

Esuli dalmati la voglia di reagire RISPONDE O.d.b. Esuli dalmati la voglia di reagire GENTILE signora, la ringrazio molto per la sua lettera, anche perche affronta un problema dolente con decisione e chiarezza, procedendo al contrario della tendenza corrente: «Non abbiamo e non vogliamo dimenticare niente», tiene infatti a precisare, «abbiamo anche una certa nol ò l h stalgia, ma ciò non toglie che qui stiamo bene». Spero che le lettrici e i lettori giuliano-dalmati, che più volte mi hanno scritto della loro patria perduta, prima di insorgere contro di lei, gentile signora, aspettino di arrivare in fondo alla sua lettera. Perché la sua lettera merita di essere letta anche da chi è di diversa opinione, e lei continua a non ricorrere a eufemismi, affronta le cose persino con durezza. «Quelli clic a suo tempo sono rimasti», specifi- ca, «lo hanno fatto per ragioni politiche perché preferivano non essere italiani. Ha detto il Presidente Cossiga: "Quali italiani?". Oggi non si sentono sloveni né croati perché avevano scelto la Jugoslavia di Tito e si sentono italiani per ragioni economiche. Lo sa lei che proprio in quelle zone chi aveva lavorato o collaborato con gli italiani per otto giorni (sottolineo otto giorni) riceve la pensione dall'Italia con 35/50 milioni di lire di arretrati? Che gliene pare? Scusi lo sfogo ma proprio non la me và zo...». Gentile signora, non essendo giuliano-dalmata, non posso permettermi di sentenziare da che parte stia la ragione, e ho voluto pubblicare la sua lettera proprio perché sostiene una causa che non è condivisa da tutti. Ed è giusto che siano rappresentate le più diverse opinioni. La ppmaggioranza, almeno la maggioranza di chi sino a ora mi ha scritto su quest'argomento, rimpiange e si lamenta per il torto subito, pare condannata a soffrire irrimediabilmente il distacco. Lei, gentile signora, rappresenta la minoranza che non disconosce le origini, ma non lascia che la malinconia abbia il sopravvento sulla voglia di reagire e progredire in una nuova antica patria. Oreste del Buono Gentile signor Del Buono, sono un'esule giuliano-dalmata dal 1948. Le scrivo e, se vorrà pubblicare, la ringrazio, per dirle che non riesco proprio a capire tutti quelli, come la signora Superina, che continuano a ricordare la tragedia di noi esuli giuliano-dalmati. Certo, è stata una tragedia dover abbandonare tutto, praticamente sradicati e trapiantati altrove, ma, appunto, «è stata», lo sono del parere che noi esuli di allora ci siamo ben inseriti, anzi amalgamati, nell'Italia senza fare tutto il can-can che si fa oggi per ogni cosa... Vera Garbin, Torino

Persone citate: Cossiga, Del Buono, Garbin, Oreste Del Buono, Superina

Luoghi citati: Italia, Torino