A Reggio un Martinazzoli choc di Cesare Martinetti

A Reggio un Martinazzoli choc Dopo la bufera giudiziaria vuole «giovani innocenti» per il voto di dicembre A Reggio un Martinazzoli choc Fuori lista la vecchia de REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO INVIATO Tre anni fa Arnaldo Forlani si era trovato qui circondato da uomini che, grosso modo, adesso sono finiti tutti in galera, a cominciare dall'ex sindaco Piero Battaglia; questa volta Mino Martinazzoli ha accanto un omino con la giacca a quadretti e gli occhiali pince-nez da vecchio professore qual è, Giuseppe Reale, parlamentare de di Reggio fino al 1976, quando da queste parti si affermò nel partito la cosca affaristica e semimafiosa che stava intorno a Lodovico Ligato, poi finito ammazzato nella sua villa sulla spiaggia di Reggio da killer venuti da vicino. Martinazzoli, nel teatro comunale, guarda con tenerezza il vecchio professore Reale, a un certo punto gli fa anche una carezza sulla nuca pensando che fino all'altra settimana il professore se ne stava nella sua casetta di Maratea a coltivare rose e poi è arrivata la chiamata e quindi la lettera del segretario che lo voleva capolista. «Si poteva dire no?». Non si poteva, professor Reale. E così la de rispolvera questo anziano galantuomo per affrontare un'impresa che il segretario de definisce «quasi impossibile», fare politica a Reggio Calabria. Martinazzoli è sbarcato ieri neH'«inferno» politico di Reggio con la sua faccia dolente di segretario di un partito destinato a subire l'ira degli elettori il prossimo 13 dicembre, qui a Reggio, come lassù a Monza e Varese. Teme di più la Lega di Bossi o l'eredità del malgoverno de calabrese? «Sono - ammette sullo stesso piano: molto drammatico. Per noi democratici cristiani è tempo di mortificazione: come gli ulivi d'inverno dobbiamo accontentarci di resistere». Non fa sconti, il segretario de, neanche al suo partito: «In un'epoca di grandi pentimenti e di pochi rimorsi io provo un grande rimorso per le devastazioni che abbiamo prodotto». Sedici consiglieri democri- stiani eletti, undici finiti o in galera o sotto accusa, di cui due sindaci per la tangentopoli reggina, certo più drammatica di quella milanese perché esplosa nel deserto civile del profondo Sud. Nuccio Fava (l'ex direttore del Tgl mandato qui con l'ex presidente dell'Azione Cattolica Raffaele Cananzi a seminare la pianta del «rinnovamento») confessa pubblicamente: «In certi momenti ho provato vergogna di essere reggino e democristiano». La de ha fatto, con fatica, la sua lista per le elezioni comunali: nessun consigliere riconfermato, neppure i cinque che si sono salvati dal vento di tangentopoli, nemmeno il presidente delle Acli Sandro Manganare, direttore dell'Accademia delle Belle Arti. Nel fuoco del rinnovamento è stato bruciato anche lui. In testa il professore Reale, che deluso dalla politica di partito ha qui fondato una cosmopolita Università per stranieri. Tutte facce nuove, molti giovani, «molti - ha detto Martinazzoli - innocenti, perché solo loro possono fare l'impossibile». Le polemiche restano (per quattro cosiddetti «figli d'arte» e per il fatto che i vecchi coccodrilli della de se ne attribuiscano ciascuno un gruppetto); le divisioni sono visibili, specie nel mondo cattolico, come confer¬ mava proprio ieri l'Avvenire di Calabria parlando pudicamente di «distinzioni evidenti». Parte di quel mondo che si mette sotto l'etichetta di «associazionismo e volontariato» cattolico pende ormai esplicitamente per la Rete. Martinazzoli ha confermato che «molte porte a cui la de ha bussato per cercare candidati sono rimaste chiuse». La partita è dura, forse disperata. E forse proprio per questo il segretario de la gioca senza mezze parole quando, davanti ai reggini, risistema le coordinate della questione meridionale: «La de è e resterà un partito nazionale, l'Italia fatta non verrà disfatta, però la questione meridionale riguarda i meridionali e la classe dirigente meridionale. Non ci sono liberatori, ma uomini che si liberano». Chiaro. Gli chiedono che ne è del «decreto Reggio» e che ne sarà della «vertenza Calabria». Lui risponde che gli hanno fatto la stessa domanda in Puglia: «Nel passato abbiamo aperto queste "vertenze" e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Quando rifletto sui 5-6 mila miliardi divorati dall'Efim dico che, quale che sia il costo da pagare, non si deve più sprecare una sola lira dello Stato. Questo è tempo di responsabilità, non di bugie». Poche speranze anche ai 20 mila forestali avventizi, da sempre assistiti dalla Regione a cui lo Stato ha ora fatto mancare il finanziamento: «Dobbiamo dare risposte vere: sono segretario di un partito che appoggia questo governo anche quando le sue scelte possono mettere in discussione aree di consenso al mio partito». Davanti alla gente del teatro di Reggio (più gremito di quando venne Forlani), Martinazzoli parla anche del finanziamento, pubblico (e privato) ai partiti lanciando un invito ai presidenti di Camera e Senato perché promuovano una commissione ad hoc per la riforma della legge. Ma la battuta più velenosa è per la Rete e Leoluca Orlando, vero concorrente della disfida reggina: «Pur riconoscendo le buone intenzioni, mi permetto di mandargli questo avvertimento: a fare accuse così spropositate correte il rischio di diventare non il contrario, ma il rovescio di quelli che attaccate». Mafia? Cesare Martinetti «Devo dire un no impopolare Stop allo spreco di miliardi» ii segretario de Mino Martinazzoli (sopra) A sinistra il leder della Lega Nord Umberto Bossi