Il ritorno di Maifredi «La lezione è servita» di Bruno Bernardi

Il ritorno di Maifredi «La lezione è servita» Con il Genoa una partenza difficile a Udine Il ritorno di Maifredi «La lezione è servita» GENOVA DAL NOSTRO INVIATO «Preghi per noi, padre». La richiesta è di Gigi Maifredi ad un frate tifosissimo del Genoa, squadra nei guai che il presidente Aldo Spinelli ha affidato all'omone, subentrato al dimissionario Bruno Giorgi, per uscire dalla crisi. E domani, a Udine, il debutto con una concorrente diretta per la salvezza. Maifredi, ha paura? «Giocheremo al Friuli con grande orgoglio, senza pensare agli assenti: la rosa è ampia e in settimana abbiamo lavorato molto sul pressing», dice prima di partire per Tricesimo. Maschera bene le sue preoccupazioni. Eppure, ci fu un tempo in cui Maifredi si sentì un dio del calcio. Accadde tre anni fa, quando la Juventus gli offrì una panchina tutta d'oro. «Si, è vero: passato dai dilettanti alla società più prestigiosa del mondo, senza spinte ma solo per i miei meriti, pensai di essere infallibile, invece il pallone ti frega», ci confessa al campo Pio XII di Pegli dove ha iniziato la nuova avventura, uscendo dal limbo di disoccupato di lusso. Dopo la sbornia di Torino e il brusco risveglio dal sogno in bianconero, seguì il ritorno da figliol prodigo a Bologna. Altra bocciatura. Un salutare bagno d'umiltà? «Tutto serve, tutto fa esperienza e, se proprio insiste, lo chiami pure bagno d'umiltà, ma non parliamo di fallimento», si ribella. E continua di slancio: «Due esperienze negative possono essere diverse tra loro. A Bologna è stata pietosa, per la confusione che ho trovato. La prima, invece, fu per me positiva anche se ho avuto cattiva stampa. E le forze contrarie erano superiori alla mia». Può spiegarsi meglio? L'omone gradisce la domanda: ((Avevo bisogno di essere spalleggiato dalla società, e non alludo a Montezemolo e Bendoni. Se avessi avuto la fiducia incondizionata, con una dichiarazione pubblica dell'Avvocato Agnelli, cui voglio molto bene, sarei rimasto. E la Juve di oggi avrebbe tre o quattro punti in più. Questo è il mio rammarico». Alla faccia dell'umiltà: non le sembra di essere presuntuoso? «Sono alto e grosso e dò questa impressione, ma so fare autocritica», risponde. E non si è mai pentito di certi errori, compreso quello di non aver arretrato Julio Cesar libero quando la difesa in linea faceva acqua e Tacconi vedeva i sorci verdi? Maifredi è categorico: «No, perché sarebbe stata una castroneria, e quando, per debolezza, misi Fortunato libero nel derby, perdemmo per una sua autorete. E il mancato piazzamento in Coppa Uefa non è dipeso dalla "zona" ma da altre persone. La mia Juve ha disputato anche partite brutte ma molte belle come quella con il Barcellona al Delle Alpi». Allora, perché sconfessa se stesso nel Genoa adottando la «zona sporca» con tanto di libero? Maifredi sorride: «Nessuna sconfessione. Mi adeguo alla realtà e agli interessi della società, che è prestigiosa. Per adesso Spinelli è un'autentica sorpresa. Il presidente ha un attaccamento alla squadra come pochi e mi sta dando un appoggio incondizionato». E quale realtà ha trovato? Si rabbuia, ma solo per un attimo: «Una contigenza non fortunata, ma non mi nascondo dietro alibi di comodo come la squalifica di Signorini e Padovano o l'infortunio di Skuhravy». A Pegli, ci sono molti tifosi agli allenamenti. E' l'effetto Maifredi. Ha costruito il suo personaggio con i risultati ottenuti nell'Ospitaletto e nel Bologna, diventando uno dei profeti del gioco a zona. E nessuno può cancellarli, ma la Juve e il «Bologna parte seconda» hanno intaccato il carisma dell'ex venditore di champagne che, sull'onda della fulminea carriera, era diventato l'allenatore più invidiato d'Italia dopo il suo matrimonio torinese. I divorzi dalla Signora e dal Bologna l'hanno cambiato? Lui nega: «Sono il seguito del Maifredi di prima, con la stessa gioia, la stessa passione e la stessa filosofia. Ho bisogno di avere ampia libertà ma, se si ascoltano le lingue biforcute, debbo anch'io ritrovare credibilità. Con i risultati». Cerca sempre il feeling con i giocatori e con i tifosi: «Il fiore all'occhiello del Genoa era il rapporto tra la Curva Nord e la squadra. Ricordo quanto fu importante l'incitamento del pubblico di Marassi nella mia ultima partita sulla panchina juventina. Ora quel rapporto si è un po' guastato, ma non deteriorato in modo irreparabile. La nostra gente soffre ed ha voglia di tornare protagonista insieme con il Grifone. E noi ci stiamo provando, senza promesse che non possiamo mantenere, come l'Uefa, senza bluffare». Per l'appunto, vero Maifredi? Bruno Bernardi Il doppio passo falso con Juve e Bologna ha lasciato il segno «Un bagno d'umiltà non un fallimento» Maifredi: «Con i tifosi rossoblu il rapporto si è in parte guastato ma li riconquisteremo presto»