Tutto il '900 (e il '68) al tribunale di Lévy di Enrico Benedetto

Tutto il '900 (e il '68) al tribunale di Lévy A Parigi la commedia del nouvel philosophe: «Il giudizio finale» sul nostro secolo e le sue ombre Tutto il '900 (e il '68) al tribunale di Lévy L'infermiera di Lenin, il professore di Poi Pot, il cinese contro il tank ■^1 PARIGI Il ERSONAGGIO istrionico Ile teatrale da sempre, Bernard-Henri Lévy ora . M Iha finalmente un palcoscenico a disposizione per la sua arte. Ieri sera l'ex nouvel philosophe ha esordito presso il Théàtre de l'Atelier con una pièce comico-tragica, Il giudizio finale, in cui non mancano le autocitazioni ironico-narcisistiche e fra i nove attori compare Arielle Dombasle, sua compagna di vita nonché entusiasta estimatrice: «E' straordinario vivere con un uomo perpetuamente ispirato, lo ascolto parlare con gli amici e anche se non capisco tutto sono felice», rivela sul Figaro Magazine. Nell'opera è una «donna avvolta nei segreti», vi- cina - dice - «alla mia reale identità: nelle azioni sono femminista, ma adoro farmi la proiezione dello sguardo maschile. Se non avessi incontrato il Grande Amore, mi aspettava l'astinenza, come le eroine ottocentesche». Ma il Giudizio finale - ammette - Lévy non glie)'ha cucito addosso, rappresentazione su misura per la bionda attricemusicista-cantante cui lo lega una love story oggi non più segreta. Né il testo ha protagonisti. Solo personaggi che animano sketch brevi quanto grotteschi. Eccone qualcuno: l'infermiera del comatoso Lenin, il cinese che sulla Tienanmen fronteggia da solo i tank, un cardinale assai mondano, il capostazione in servizio a Auschwitz durante l'olocausto, un' docente universitario che tra i suoi allievi vanta Poi Pot. Insomma, è il XX secolo in persona che sfila attraverso figure surrealmente «angolari». Nel suo ultimo programma tv, Le avventure della libertà, Bernard-Henri Lévy inseguiva con la telecamera origini, sviluppo e morte delle ideologie contemporanee. Qui l'obiettivo non è diverso, ma la scena teatrale gli dà altre vesti. Lo spettacolo punta sul '900. L'espediente: un regista cinquantenne istruisce la sua troupe a recitare la memoria storica. Le audizioni divengono una specie di casting. Sfilano, anziché i Grandi, uomini e donne mediocri messi lì dal caso a fare da testimoni postumi per la gloria altrui o l'altrui orrore. Ma attenzione. Processare Poi Pot attraverso il suo docente francese vuol din, in realtà, mettere sott'accusa .'intero '68. Altra freccia: gli intrighi cortigiani che circondano il Lenin morente, Lévy li ritraspone nella Parigi autunno '92, con un Mitterrand in ospedale per tumore. CI:i sarà lo Stalin della Quinta Rept±blica, pronto a balzare sul feretro? L'autore, pudico, non lo dice. Ne viene fuori - osserva il settimanale Le Point- una processione che allinea non visi ma ombre, cascami ideologici, stock non utilizzati, spezzoni più o meno senza valore per giudici che mai, comunque, vorranno visionarli. Il Tribunale della Storia - a voler riesumare una pomposa espressione da socialismo reale - finisce in vaudeville o cabaret. E l'eroico ragazzo cinese gira sui tacchi per imbambolarsi davanti a un televisore. Zapping batte Tienanmen. Non poteva mancare il politico. Si chiama Pangloss (Voltaire docet) e lo si vuole ispirare a Antoine Pinay, ex premier oggi centenario. Così l'attore ha dovuto rivedersi in video le immagini che lo ritraevano negli anni ruggenti. Tra le parodie, anche quella del popolarissimo Bernard Kouchner, ministro del Socccso umanitario. Il commediografo ce l'offre sotto mentite spoglie - «Melody Cook, Papa dei diritti umani» - e lo fa inginocchiare tra i bimbi somali, invocando le- telecamere: «Un morto senza la tv a filmarlo è come non esistesse». Poi Cook- Kouchner si riconosce «figlio della coppia diabolica, fasciostalinismo». E qui Lévy cita testualmente la sua Barbarie dal volto umano. Non pago, rieccolo nei panni di Henri-Norbert Ylev (facile anagramma) «l'ebreo», più altre comparsate a vario titolo. Il suo «ego» deborda, come sempre, ma l'autoironia sembra ritagliargli nuovi contorni. Nel grande pastiche - dove si fondono talk-show e commedia alla Brecht (cui allude, insieme con Molière, Sacha Guitry, Shakespeare, Pirandello) - neppure Lévy osa prendersi sul serio. Tanto ha ancora Arielle Dombasle che lo fa per lui. Enrico Benedetto Lenin. In basso Poi Pot. A destra Bernard-Henri' Lévy

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