Il silenzio del mare Zen e arte del surf

Il silenzio del mare Zen e arte del surf Il silenzio del mare Zen e arte del surf SHIGERTJ e Takako sono i due giovani sordomuti protagonisti di «Ano natsu, ichiban shizukana umi» (Il silenzio del mare) di Kitano Takeshi. Lui è uno spazzino, con pochi soldi, innamorato del mare e del surf. La sua avventura inizia quando, vicino a un bidone dell'immondizia, trova una tavola rotta. La ripara e vi si esercita. Lei trascorre il suo tempo seduta sulla spiaggia a guardarlo, a sorridere, a piegare i pantaloni che lui ha gettato a terra. La storia del film è, in fin dei conti, tutta qui. «Ano natsu» vive essenzialmente delle sue immagini e dei sentimenti che esse esprimono. Kitano porta qui alle estreme conseguenze due caratteri essenziali del suo cinema: il ricorso a personaggi che vivono un rapporto di estraneità con la società che li circonda e l'uso di uno stile quasi rarefatto, che gioca a suggerire piuttosto che a dire. La dedizione di Shigeru per il surf, così come quella di Takako per lo stesso Shigeru, può essere letta come la rappresentazione di un modo di vivere tipicamente giapponese, fondato sulla negazione del proprio Io, sulla ricerca di un rapporto armonico con qualcosa o qualcuno che è altro da sé e che ai nostri occhi, di spettatori occidentali, non può che apparire come maniacale. Se il film di Kitano fosse un romanzo e se in Italia venisse pubblicato da Adelphi, quasi certamente il suo titolo diventerebbe «Lo zen e l'arte del surf». Ci sono in effetti nel film molti elementi legati alla tradizione. Lo stesso suo stile così essenziale e rarefatto ci riporta a certe immagini del cinema giapponese che più abbiamo amato, quello di Ozu. Ma «Ano natsu» è anche un film estremamente moderno. E lo è non solo per la sua capacità di esprimere sentimenti a noi contemporanei, ma per il ricorso a uno stile chiaramente mediato dai «manga», dai fumetti. La forza del film è forse tutta qui, nel suo essere il punto d'incandescenza di due stili apparentemente così diversi, di essere nel contempo figlio di Ozu e figlio dei «manga». Da ima storia che forse più sentimentale non potrebbe essere, Kitano sa trarre un film di un rigore quasi geometrico. Senza tuttavia mai trasformarlo in un freddo assioma. Dario Tornasi

Persone citate: Dario Tornasi, Kitano, Kitano Takeshi

Luoghi citati: Adelphi, Italia