Gulag meglio del lager: lo ha detto Primo Levi di Primo Levi

Gulag meglio del lager: lo ha detto Primo Levi Esce una sconvolgente testimonianza dalla Siberia, ma fin dall'introduzione è polemica Gulag meglio del lager: lo ha detto Primo Levi Una ingiusta accusa all'autore di «Se questo è un uomo» E ROMA INFERNO della Kolyma. L'indescrivibile orrore del lager staliniano, _ quell'immensa prigione gelata che in questo secolo ha reinventato e portato a crudele perfezione lo sfruttamento degli schiavi. Ora anche i lettori italiani hanno a disposizione una nuova, sconvolgente testimonianza sugli orrori del Gulag di Varlam Salamov, l'autore dei Racconti della Kolyma di cui Theoria pubblica in questi giorni Nel lager non ci sono colpevoli, una raccolta di testi apparsi per la prima volta nel 1989 sulla rivista «Novyi Mir», dopo la pubblicazione dei Racconti. Sono frammenti di memoria lacerata di un uomo che ha trascorso quindici anni nella Kolyma, «la regione dell'oro e dell'orrore» a ridosso del fiume omonimo che scorre per centinaia di chilometri nell'estremo Nord-Est della Siberia. Un nome-simbolo dei lager sovietici, un luogo da incubo in cui furono sterminati dagli Anni Trenta ai primi Anni Cinquanta almeno tre milioni di deportati: ku- laki, antibolscevichi, «asociali», borghesi, «disadattati», «sabotatori», contadini «antipartito». Lo chiamavano «il Crematorio bianco», quel luogo dove milioni di persone offrirono manodopera «gratuita» per il lavoro nelle miniere d'oro. Piero Sinatti, nell'Introduzione del volume, ne elenca le caratteristiche: «gelo intollerabile», «angherie di guardie e kapò», «de¬ nutrizione», «fucilazioni in massa nelle tenebre polari al lume di torce di benzina e al suono di bande musicali di detenuti». Una lunga sequenza di atrocità che Salamov, morto nel 1982 in un ospedale psichiatrico, aveva già fissato nei Racconti: un classico della letteratura cosiddetta «concentrazionaria» che si associa al nome e all'opera di Alexandr Solzenicyn. Un documento sugli orrori del XX secolo che Guido Ceronetti ha collocato al livello di un Kafka e di un Celine. Con la raccolta proposta oggi dall'editore italiano, il resoconto sull'abiezione della Kolyma si arricchisce di nuovi testi. Eppure, a testimonianza del¬ la perdurante delicatezza del tema Gulag, nella sua Introduzione Sinatti ha accusato la cultura italiana di aver in passato accolto con freddezza e ostilità la denuncia di Salamov. Era il 1976 quando l'editore Savelli, una delle colonne dell'editoria di sinistra, propose i Racconti ai lettori italiani. Il mito dell'Urss si era già consumato, ma Sinatti ricorda come Primo Levi, grande testimone dell'abisso dei lager hitleriani, recensendo per Tuttolibri il lavoro di Salamov dimostrò grande «incomprensione» per le angherie patite dalle vittime del Gulag. «Dopo aver definito "ben più feroce ed efficace il terrore hitleriano" rispetto a quello staliniano», scrive Sinatti citando Levi, e «nonostante già in quegli anni ci fosse una vasta letteratura in grado di smentire simile affermazione, Levi arriva a rivendicare una sorta di superiorità morale degli antifascisti di fronte alle vittime inerti del Gulag». Secondo Sinatti, le parole di Levi rivelerebbero senza ombra di dubbio «l'ignoranza del sistema comunista, di cui il Gulag è conseguenza necessaria, non incidente di percorso». Parole dure. E anche un po' ingenerose. E' vero che, nella recensione citata, Levi criticò anche una certa «confusione, incertezza stilistica, imprecisione» dei Racconti. Ma non ebbe esitazione a scrivere che «non si può che nutrire rispetto per chi abbia scontato, a qua- lunque titolo» la deportazione. E poi, aggiunse, «la stessa asfissia politica che ha degradato il socialismo in Urss ha degradato i suoi stessi oppositori». Del resto, come ricorda Dino Audino che al tempo era direttore editoriale della Savelli, «attorno al libro di Salamov si stese un silenzio pressoché totale e il volume fu per noi uno degli insuccessi più clamorosi». Se Levi formulò talune critiche al lavoro di Salamov, attorno al libro si fece addirittura il silenzio. L'autore di Se questo è un uomo fu forse l'unico intellettuale a parlarne. A 23 anni dalla morte di Stalin, il Gulag era ancora un tabù. Pierluigi Battista Nel 1976 scrisse su Tuttolibri: «Bisogna rispettare tutti i deportati» Primo Levi fu il solo in Italia a recensire i «Racconti della Kolyma»

Luoghi citati: Italia, Roma, Siberia, Urss