E il Grande Fiume muore in un deserto di greggio di Igor Man

E il Grande Fiume muore in un deserto di greggio RETROSCENA IL COLONNELLO E LE SUE ISPIRAZIONI E il Grande Fiume muore in un deserto di greggio «H AZI al-laila awha ilaia subhanahu wa ta'ala bifikra awad an ufatihaka bina ya akhi» (Stanotte l'Altissimo, sia lode e onore a lui, mi ha suggerito un'idea, vorrei parlartene, fratello). Quando Gheddafi si rivolge pressappoco così ad uno dei suoi collaboratori, quello impallidisce. All'ispirato preambolo, infatti, segue spesso il colpo basso (un trasferimento infame, un brutale licenziamento) ovvero, nella migliore delle ipotesi, l'enunciazione d'un progetto non sempre chiaro e, in ogni caso, difficile da concretizzarsi. A conclusione di tre giorni di dibattito al congresso generale del popolo (il parlamento libico) il Colonnello ha annunciato ai 3 mila delegati di base quella che chiameremo l'emigrazione dell'acqua. La Libia, ha detto Al Qaid (la Guida), non ha acqua per tutti i suoi abitanti. L'acqua disponibile basta soltanto per un milione e mezzo di persone. Orbene, siccome il reddito medio della famiglia libica nel 1993 sarà, grazie alla rendita petrolifera, di 10 mila dollari, il Colonnello ha deciso di trasformare il «credito statistico-teorico» in moneta sonante da destinarsi a quei nuclei famigliari che decideranno di trasferirsi in Sudan, Ciad, Egitto, «paesi dove c'è più acqua». Va detto che dietro l'immancabile eccentricità (apparente) degli innumerevoli progetti di Gheddafi, c'è sempre un disegno preciso; non importa se frutto della sua visione onirica del mondo (arabo in particolare) oppure d'un wishful thinking pateticamente naif. Due esempi per tutti. Gheddafi pensa in grande ritenendosi il delfino di Nasser tuttavia sa di essere un gigante economico ma un nano politico; ed eccolo proporre alla buonanima di Sadat la fusione tra Libia ed Egitto («Io metto il petrolio, tu le masse: domineremo»). Che non si farà dopo l'iniziale entusiasmo del raìss egiziano perché questi, magari in ritardo, capisce che il più carismatico fratello Mohammar ce l'avrebbe messa tutta per spodestarlo. E ancora l'alleanza con Dom Mintoff per fare di Malta «il vulcano del panarabismo» nel cuore del lago della Sesta Flotta, il Mediterraneo. Nel settembre del 1970, celebrando il primo anniversario della presa del potere, il Colonnello disse alla folla radunata nella piazza verde di Tripoli: «L'acqua è più importante del petrolio. L'acqua è la vita e voi, fratelli cari, avete il diritto di andarla a cercare dappertutto: in Ciad come in Sicilia, se sarà necessario». Il Saint-Just del deserto ha dovuto mettere in soffitta non pochi progetti di grandeur e il calo del prezzo del' greggio gli ha imposto di riporre nel cassetto piani faraonici di industrializzazione. Uno solo ha resistito, a dispetto dello scontro con gli Stati Uniti e del conseguente embargo: il Great man-made river, il grande fiume costruito dall'uomo. Otto miliardi di dollari, 1800 chilometri di tubature per portare l'immensa riserva d'acqua che giace a Cufra, dal deserto terribile del Calanscio a Bengasi, a Sirte, a Tripoli. (Iniziata nel 1984, l'opera dovrebbe conchiudersi nel 1995). Come mai e perché, allora, il Colonnello promuove l'emigrazione dell'acqua? La risposta potrebbe essere questa: Gheddafì s'è reso conto che il Grande Fiume è solo una voragine mangiadollari; non ci sarà mai, comunque, acqua a sufficienza. Troppo facile, malignano al Cairo dove avanzano due ipotesi. 1 ) L'emi- grazione dell'acqua nasconde il proposito di liberarsi di quelli che Gheddafì definisco «sobillatori neghittosi». Gente sfaticata e perciò disponibile alla contestazione del regime. Un regime secco che da una parte predica l'austerità islamica e dall'altra impicca gli studenti integralisti. Un regime che oramai da anni ha emancipato la donna grazie al servizio militare femminile, attirandosi così le ire dei padri di famiglia schiavi d'una gelosia siculo-freudiana; attirandosi le maledizioni degli ulema che accusano Gheddafì di flirtare col diavolo. Nel suo Libro Verde, protestano, non c'è un solo riferimento alla Sunna, e il calendario ubico, unico tra i musulmani, parte anziché dall'Egira dalla morte di Maometto. 2) Gheddafi vuol mandare i suoi pasdaran in Sudan per aiutare quel presidente, il generale Bashir, molto vicino a El Thurani, l'imam sudanese. Per fare di quel paese, di concerto con l'Iran, «l'inesauribile sorgente della destabilizzazione regionale». Ma, forse, alla probabile vigilia d'un possibile embargo petrolifero, l'acqua pesante di Gheddafì è un segnale agli Stati Uniti. Un messaggio metaforico che soltanto il moderato, colto nuovo ministro degli Esteri, il saggio bon vivant dottor Omar Mustafà el Muntasser, è in grado di tradurre. Quando il 15 di agosto scorso Gheddafì ha sfidato l'Onu non estradando i due presunti terroristi di Lockerbie, Bush non ha fatto una piega. Grazie proprio a Muntasser, spedito in missione a Washington. Bush non c'è più e Clinton non c'è ancora: il messaggio cifrato di Al Qaid rischia di rimanere appeso nel vuoto. Igor Man Quando Al Qaid dice a un ministro «Questa notte Allah mi ha dato un'idea» quello impallidisce Sopra, l'ex Presidente egiziano Anwar Sadat. A fianco, il maggiore Jalloud, numero 2 del regime libico