Sospettati, sempre assolti di F. Alb.

Sospettati, sempre assolti Sospettati, sempre assolti Da anni nel mirino dei giudici accusati anche da Calderone CATANIA. Nel 1987 il questore Luigi Rossi, oggi vicecapo della polizia, salì i gradini del palazzo di giustizia per chiedere il soggiorno obbligato per i più noti imprenditori catanesi. Fra questi, i fratelli Carmelo e Pasquale Costanzo, titolari di un impero nel mondo dell'edilizia, con uno dei loro gruppi, la «Fratelli Costanzo» decima azienda nazionale del settore. Il questore Rossi scrisse, in particolare di Carmelo Costanzo, che «chiari sintomi di una sottile pericolosità ancorché generica, sono netta¬ mente evidenziabili nell'attitudine al falso, alla corruzione, al disprezzo dell'autorità costituita». Carmelo morirà tre anni dopo, nell'aprile del '90, stroncato da un infarto. Le redini dell'azienda passarono al figlio Giuseppe, 46 anni, e al fratello Pasquale, detto Gino, 65 anni. Al centro direzionale di Misterbianco, dirigenti e operai hanno trovato i nuovi leader, ma non hanno mai voluto dimenticare il Cavaliere, devoto della Madonna del Carmelo, capace di gesti di grande disponibilità nei con¬ fronti di chi gli chiedeva lavoro. Ma il sentimento della maggior parte dei tremila dipendenti della «Fratelli Costanzo» e della «Ceap», le principali aziende del gruppo, stride vistosamente con quanto del defunto Carmelo, e dei parenti più stretti, hanno pensato i giudici. Dieci anni fa, nel 1982, i primi guai giudiziari per la famiglia, con l'arresto del cavaliere Carmelo per una vicenda di corruzione legata alla costruzione del Palazzo dei congressi di Palermo. Da quell'accusa venne assolto con formula piena. Poi arrivarono le fatture false, con i mandati di cattura firmati dal giudice di Trapani Carlo Palermo. Un complicato giro di fatture false costò all'ingegnere Giuseppe Costanzo, figlio del cavaliere, l'accusa di associazione mafiosa, assieme agli altri imprenditori catanesi. Anche in questo caso arrivò l'assoluzione. Era il 1985. Tre anni dopo, a parlare dei Costanzo sarà il pentito catanese della mafia Antonino Calderone. Per Carmelo e Pasquale arriva la comunicazione giudiziaria per associazione mafiosa, firmata dal giudice Giovanni Falcone. Calderone raccontò che agli inizi degli Anni Ottanta, assieme al fratello Pippo, il boss «Cannarozzu d'Argentu», si occupavano della protezione dell'impresa con l'aiuto di Nitto Santapaola, allora soltanto un emergente della mafia. Il pentito arriva a dire che per un po' si pensò di affiliare Pasquale a Cosa Nostra, ma poi non se ne fece nulla «per questioni di opportunità» visto che frequentava anche giudici e poliziotti. Falcone organizzò un confronto fra Antonino Calderone e i due fratelli Costanzo, poi l'inchiesta fu suddivisa in più tronconi e la parte riguardante la famiglia e gli imprenditori finì a Catania. Secondo Calderone, qui gli imprenditori erano in grado di controllare alcuni giudici che avevano segnato sui loro libri paga. E qui, nell'aprile dello scorso anno, il giudice istruttore Luigi Russo firmò la clamorosa sentenza sui cavalieri vittime della mafia per «stato di necessità». Russo ieri ha firmato, da giudice per le indagini preliminari, gli ordini di custodia cautelare per Pasquale e Giuseppe Costanzo. [f. alb.]

Luoghi citati: Catania, Misterbianco, Palermo