Maserati in piazza (Affari)
Maserati in piazza (Affari) Manifestazione dei lavoratori, poi un incontro coi vertici della Borsa Maserati in piazza (Affari) Oggi De Tomaso tratta con Cristofori: «Ma non ho alcun piano industriale» La Uilm propone: «Se non ci sono altre soluzioni vendiamo ai giapponesi» MELANO. Tamburi, campanacci e centinaia di tute blu. La protesta dei mille lavoratori della Maserati in lotta contro lo smantellamento della fabbrica e il licenziamento è arrivata in piazza Affari, ieri mattina, venti minuti dopo l'inizio delle contrattazioni di Borsa. Slogan, fischi e volantini. Così, uno dei simboli della Milano operaia, l'ex Innocenti, la fabbrica delle mitiche Lambrette e delle Mini, si è trovato faccia a faccia con la Milano degli affari, con gli uomini di una Borsa che da giorni (ma non ieri: ieri è scesa dell' 1%) va a mille grazie alle privatizzazioni annunciate. Due Milano a confronto. La Milano dell'industria in crisi e la Milano della Borsa in rimonta. Per quaranta minuti si sfiorano, si guardano. Dentro, nel bunker della Borsa, sorpresi e indaffarati, gli ex yuppie del parterre. Fuori, le tute blu con i loro slogan. Poi l'incontro, a palazzo Mezzanotte, nell'ufficio del presidente della Borsa appena rimesso a nuovo. Seduti allo stesso tavolone il consiglio di fabbrica e, in assenza di Attilio Ventura, il vice- presidente della Borsa Paolo Borroni. Emilio Colombo della Cgil spiega il perché della puntata in piazza Affari: «Siamo venuti in Borsa per dimostrare la nostra voglia di produrre e lavorare, se chiude la Maserati chiude un pezzo importante dell'industria milanese e lombarda». E Borroni, di rimando: «Mi sono sentito in dovere di parlare con persone che rischiano il posto di lavoro, lo faccio a nome di tutti gli operatori della Borsa tra i quali ce ne sono molti che stanno vivendo lo stesso dramma». Poi aggiunge: «Con i ribassi dei mesi scorsi la Borsa ha anticipato la crisi dell'industria, speriamo che l'attuale tendenza positiva del mercato offra qualche speranza per il domani e quindi per l'occupazione». Strette di mano e tutti a casa, senza un solo minuto di tensione. La tensione, forse, si respirerà questo pomeriggio a Roma, nell'incontro tra il ministro del Lavoro Cristofori, il presidente della Maserati Alejandro De Tomaso, l'uomo che ha rilevato nel 1989 il 51% della società dalla Gepi (l'altro 49% è della Fiat), l'Assolombarda e il sindacato. Un incontro delicato, forse l'ultimo tentativo per evitare almeno il licenziamento. Incontro che già si annuncia caldo, preceduto come è stato da dichiarazioni all'apparenza inconciliabili. «Per chi non l'avesse capito non ho alcun piano industriale e non voglio inventarlo solo per creare false e inutili illusioni. Non credo a una riconversione industriale di Lambrate, è più verosimile una trasformazione in area destinata al terziario», ha dichiarato De Tomaso al Sole 24 Ore. Immediata la replica sindacato, per bocca del segretario Uilm Luigi Angeletti: «Se De Tomaso ha deciso di mollare e la Fiat non è intenzionata ad acquistare, esistono soluzioni alternative: crediamo che si debba seriamente pensare all'ipotesi di vendere la Maserati a una delle case automobilistiche giapponesi». Un invito che fa seguito alla scoperta del prossimo arrivo dal Giappone di 15 mila motori Daihatsu per le nuove Mini: chiusa Lambrate, chiede il sindacato, «dove saranno prodotte?», [a. z.)
Persone citate: Attilio Ventura, Borroni, Cristofori, Emilio Colombo, Luigi Angeletti, Maserati Alejandro, Paolo Borroni
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