Marconi scoprì l'aradio e Galvani la rana...

Marconi scoprì l'aradio e Galvani la rana... L'Italia attraverso una raccolta di temi scolastici dal fascismo ai giorni nostri Marconi scoprì l'aradio e Galvani la rana... fi IICCOME sono barbari, LMgli Abissini dicono le m brutte parole, dicono tu11 cui». «Giù nel cortile un hJj maestro di quinta fa marciare i suoi balilla senza dire uno-due-uno-due. Ma amba-ra-dam, am-ba-ra-dam, per ricordare la nostra vittoria sulla Amba Aradam». Ironici, maliziosi, impertinenti: scricchiolano i pennini dei piccoli Balilla curvi sui fogli del tema in classe e non spandono solo gocce di inchiostro ma anche di veleno. Gli scolari del Ventennio non sono sempre generosi nei confronti del fascismo e delle sue istituzioni. Si divertono e impiegano una certa dose di crudeltà quando descrivono gli aspetti più assurdi e incongrui del Regime. Cosa volete fare da grandi? chiede il maestro. Ed Ennio, alunno e monello nato intorno agli Anni Trenta, risponde con ironia: «Mi piacerebbe fare il Duce, non il Duce d'Italia, ma il Duce della mia classe. Allora comanderei a tutti i miei compagni. La Signora Maestra non conterebbe più nulla e nemmeno la Signorina Direttrice». Per ritrovare le composizioni scolastiche di più di mezzo secolo, dal 1930 ai nostri giorni, due giornalisti, Bruno Rossi e Paola Pastacaldi, hanno compiuto un viaggio nel sorprendente mondo dei quaderni a quadretti e a righine. Frugando in archivi, mercatini d'antiquariato e comò delle nonne di molte regioni d'Italia hanno raccolto i temi più curiosi e interessanti nel volume «Hitler è buono e vuol bene all'Italia», a giorni in libreria, pubblicato da Longanesi. Come sono cambiati, dunque, in questi sessantanni, i sogni, le paure, i bisógni dei più pìccoli? E, soprattutto, come'è variata la loro visione del móndo dei più grandi? Racconta nel 1991 la scolara Daniela: «Siccome la nuova compagna di classe ci ha qualche baffetto, ma poco poco, il mio compagno Cagiati gli ha detto "faccia da Saddam '». La politica, ancora oggi, è bersaglio e centro d'interesse dei piccini; ma, oltre agli argomenti più tradizionali di cui fanno parte la famiglia, la scuola o la religione, si sono aggiunti nuovi ambiti di curiosità e di attenzione. Le generazioni che si affacciano sulla scena a partire dalla metà degli Anni Settanta si appassionano per il degrado dell'ambiente, il divorzio, la guerra. Tra gli ultimi protagonisti della pagina compilata sui banchi di scuola vi sono l'aborto («L'abborto è un bambino quando è riuscito male o anche un vestito che non cade bene la piega»), il sesso («A me piace che vengano degli ospiti con delle tette a palloncini perché si riempie la stanza di alegria»), la droga («Quel grande è un bravo ragazzo. E' un ragazzo sistemato che non fa la droga»), la mafia («La mafia è nata per difendere la gente dalle ingiustizie dei governanti del Nord, ma poi è deperita e adesso bisogna cambiarla»). Mirella Serri I O per il duce Mussolini darei tutto, fino anche il sangue e il mio orologino doro, per fare rabbiare di invidia l'Inghilterra. ! Wanda M., classe terza, Pisa, 1936) Oh! Se potessi diventare una giraffa, nell'attimo in cui Sua Eccellenza Ricci, il Capo di tutta la gioventù italiana, entrerà in paléstra! Potrei almeno guardarlo a mio piacere. Il cuore mi batterà forte forte. É se mi sarà concesso griderò con entusiasmo: Viva il Fascismo! Viva il Duce! (Luciano F., classe quinta, Firenze, 1937) Giù nel cortile un maestro di quinta fa marciare i suoi balilla senza dire uno-due-uno-due. Ma amba-ra-dam, am-ba-ra-dam per ricordare la nostra vittoria sulla Amba Aradam. (Armando R., scuola Pietro Giordani, Parma, 1937) Hitler è buono e vuol bene all'Italia. (Romano D., terza De Amicis, Firenze, 1938) Il mondo si meraviglia che gli Italiani inventano tutto specialmente Marconi che ha fatto l'aradio e Galvani che ha scoperto la rana. (Ettore C, classe terza, Bologna, 1940) Quando il babbo torna dal lavoro legge sul giornale gli eroismi e noi l'ascoltiamo commossi. Sulle riviste si ammirano navi nemiche che affondano, aeroplani inglesi che si incendiano. Noi Italiani combattiamo una guerra santa. Non importa se il pane è scuro perché il proverbio dice: A pancia piena non si può fare molta strada. Noi voghamo fare di tutto per distruggere quell'Inghilterra che nelle notti con i bombardamenti non ci lascia neanche dormire. (Vilma P., classe quarta, Torino, 1940). Il Duce si alza alle cinque e appena vede un inglese gli dice: Fermo che sei un prigioniero. (Aldo R., classe quarta, Roma, 1942) Se una fata mi dice di dire il desiderio più grande io dico che voglio che torni il mio babbo dalla guerra. La settimana scorsa il mio babbo ha finito la licenza e così è dovuto ancora andare nella guerra e non ha voluto che io andassi con lui alla stazione e allora ho sentito un dolore come se stavo per morire e ho fatto le scale a salti e ho visto ancora il mio babbo in fondo alle scale. Io l'ho abbracciato forte perché pensavo che forse era l'ultima volta che lo vedevo e lui non ha detto niente ma è andato via e io credo che anche lui piangeva. (Narciso B., classe quarta, Ferrara, 1942) Con grande gioia ho letto sul giornale che sono tra i premiati del concorso tra le scuole cittadine intitolato «E' tornato il Duce». C'è il mio nome e la parola menzionato. La mia mamma è andata a vedere dalla Signora Seghe, che ha un vocabolario, se i menzionati sono quelli che prendono in premio qualche soldo, ma non si è capito bene. (Bruno T„ quinta, scuola Giordani, Parma, 1944) Per conquistare la Libertà l'Italia ha dovuto combattere tutti, anche i tedeschi, anche gli americani, anche gli inglesi, anche gli italiani. (Alfredo P., classe terza, Trento, 1947) Nella mia casa si parla di sport e di politica. Quando si parla di sport la mamma se ne esce zitta e va dalla nostra amica Ines che sentono la radio specialmente se c'è Gigli. Con la politica tutti si affannano a gridare e la mia mamma dice sempre al babbo: dai dai che sei un trinaricciuto e il mio babbo grida che allora anche la Teresotta è trimamelluta. La Teresotta è mia zia, ma anche sorella della mia mamma. -, (Ugo M., classe terza, Parma, 1950) La mafia è nata per difendere la gente dalla ingiustizia dei governanti del Nord, ma poi è deperita e adesso bisogna cambiarla. (Claudio B., classe quinta, Trapani, 1981) Siccome la nuova compagna di classe eia qualche baffetto, ma poco poco, il mio compagno Cagiati gli ha detto: faccia da Saddam. (Daniela F„ classe seconda, Reggio Emilia, 1991). Stamani sono andata a vedere la sposa ma di confetti non ne ho chiappati nessuni. Stamani ò fatto un fratellino al Signore. (Dina C, quarta rurale. Petrignano, 1935) La mia sorella quando si è sposata ha subito telegrafato al Duce e gli ha detto: ti prometto che tra un anno ti farò un Balilla. (Giulio T., classe quarta, Firenze, 1938). Io di femmine conosco soltanto la Ponticelli Adele, ma non dà soddisfazioni. Essa è di Modena. (Otello T., Parma, 1939) Sposerò il primo banco a destra. (Daniela P., classe seconda, Milano, 1982) Le bambine non sono eguali a noi. Evenientemente hanno più denti. E poi, se devo dirlo, vanno tutte nel gabinetto di destra. (Giorgio C, classe seconda, Milano, 1982) C'è un ragazzo che mi piace. Quando parliamo assieme diventiamo rossi tutti e due, allora non parliamo più. (Natascia, classe quinta, Sorbolo, Parma, 1992) La mia nonna è molto cortese. Un giorno eravamo a tavola e a essa fuggì un rutto. Subito si corresse dicendo: «Scusate se è poco». (Luciana R., classe terza, Bologna, 1934) La mia nonna è una ciclista rapidissima. Un giorno che ero all'ospedale e i medici erano molto cattivi la mia nonna mi rubò all'ospedale e la bicicletta andava tanto forte che mi volavano i capelli. (Franco P., classe quarta, Reggio Emilia, 1936) La mamma dice sempre a mia sorella che il formaggio grana fa crescere i baffi e difatti per i topi è così. Per me invece no, anche se sono maschio il formaggio non mi fa crescere niente. (Alfredo C, classe quarta, Bolzano, 1939) Mia sorella copia sempre il Triolescano quando canta maramao perché sei morto, che è una canzone brutta. Intanto non si fa maramao a uno che è morto, poi i gatti non mangiano l'insalata nell'orto se non quando lo fanno per purga. (Nicolina S., classe terza, Padova, 1943) La favola che mi è più piaciuta di più l'ho letta sul Corriere dei Piccoli. Parla che al cenone di Natale la Patria aveva invitato tutti i suoi figli scopritori e tutti erano venuti con le loro scoperte, Meucci con il telefono, Marconi con l'antenna della radio, Galvani con la rana elettrica, Galileo con il cannocchiale, Barsanti con il motore a scoppio. Ma la Patria era infelice e spiegò ai suoi figli che era stata castigata perché aveva portato la civiltà in Africa. Allora i suoi figli andarono sui tetti e gridarono al mondo: «Applicate pure le vostre sanzioni, noi applicheremo le nostre invenzioni». Detto, fatto. Volta staccò i fui della pila e tutte le lampadine della Terra si spensero. lì Bambin Gesù nacque in un mondo tutto buio. (Enrico G., classe quinta, Lucca, 1936) Nel mio sogno eravamo in classe e tutte le mie compagne mostravano i balocchi ricevuti in dono. E io ero tutta rossa e mi veniva da piangere perché non aveva avuto neanche un pezzetto di requilizia. Allora la Signora Maestra ci fece alzare tutte sull'attenti perché ci veniva a trovare il Duce. E il Duce si fermò davanti al mio banco e mi disse: Ma come, Anna, tu sei una brava Piccola Italiana e piangi? E allore gli raccontai dei balocchi e il Duce tirò fuori da un sacco che non avevo visto una bambola bellissima e tutti i vestitini e il ferro da stiro. Poi il Duce non c'era più ma io mi tenevo stretta i suoi regali. (Anna T., classe quarta, Parma, 1936) Ieri il babbo mi regalò una bella bambola negra. Appena io l'ebbi fra le braccia la lasciai cadere: quella negretta mi ricordava la guerra poi la guardai meglio e mi parve che quel visino selvaggio esprimesse molta riconoscenza e la ripresi fra le braccia. Ora l'ho adottata come figlia e le ho messo nome Mariù. Forse Mariù è nata schiava fra le ambe del Tigrai. E io l'ho liberata dalle catene. (Maria José B., scuola Tasso, Torino, 1937) L'altro giorno quattro bambine giocavano agli indiani e due andarono in cantina e pattapunfete caddero in un pozzo. Loro non sapevano che gli indiani sono pericolosi. (A. Q., classe quarta, Cremona, 1958) Hitler e Mussolini in un cinegiornale Luce. Sopra: Torino, inaugurazione del Labaro della MCXXX Legione Balilla alla «Damiano Chiesa»