Carcere e droga, la Chiesa tra due fuochi
Carcere e droga, la Chiesa tra due fuochi Le dichiarazioni del cardinale Angelini dividono vescovi e responsabili delle comunità Carcere e droga, la Chiesa tra due fuochi «No alle manette, ma il piano-Amato è da ripensare» «TOSSICI» DIETRO LE SBARRE CITTA' DEL VATICANO. La Chiesa italiana prende posizione, dopo le dichiarazioni del' card. Angelini: è scettica sulla validità dell'iniziativa di Amato, ma è altrettanto convinta che il carcere non serva a rieducare i drogati. «Bisogna sapere che le manette non bastano, se affidiamo solo alla repressione questo fatto è sbagliato - ha detto il vescovo di Acerra, Mons. Antonio Riboldi -. Non si risolve mai il problema. Ma dire "carcere no" è uno slogan, rincresce che lo dicano persone responsabili». Anche se è vero che «non si cala l'offerta di droga con le manette, ma con la prevenzione» non è possibile far passare il concetto che è lecito drogarsi. «Anche Amato ha dovuto accettare l'idea che la droga è illecita, non è lecito a nessuno ammazzarsi. Uno Stato che facesse una simile affermazione non sarebbe più Stato di uomini ma di selvaggi», dice Mons. Riboldi, pur ammettendo che «il carcere non ha mai avuto una funzione curativa. Le lettere che ricevo dal carcere dai drogati dicono tutte: qui non ci si riscatta, non è la medicina di recupero per il tossicodipendente. Se leviamo il carcere, e trovo sia anche giusto, non possiamo farlo prima di aver trovato un corrispettivo». Il carcere «non è una soluzione per nessuno» afferma don Vinicio Albanesi, Presidente del Coordinamento delle Comunità di Accoglienza, però durissimo con l'iniziativa Amato, di cui dà questa lettura: «E' un fatto interno al psi, una manovra dell'asse Amato-Craxi contro Martelli. Poi vogliono disinnescare i referendum; in terzo luogo le carceri sono piene, quindi in qualche modo bisognava togliere gente da lì. In ultimo, del problema tossicodipendenza non importa niente a nessuno». Il carcere è inutile: «Perché la tossicodipendenza non è una devianza, è il frutto di un disagio di problemi grossi a livello di gioventù. Anche perché poi ai ragazzi ricchi il carcere viene evitato. I magistrati sono abbastanza disponibili, quando possono salvare un ragazzo. Quindi in carcere ci vanno i disgraziati. Quelli che non sono protetti, quelli i cui genitori non pagano quando fanno i danni». E poi parla don Mario Picchi, un antesignano della lotta alla droga, e del recupero dei tossicodipendenti: «Sin dal '90 quando si è cominciato a parlare di revisione della legge precedente, abbiamo detto che ci sembrava opportuno sostituire le sanzioni amministrative e penali con sanzioni di carattere sociale e pedagogico. Una risposta un pochino più concreta ai problemi che sono poi la causa della droga. Ancora noi crediamo alla validità di questa soiluzione». Ma questo non vuol dire che sia giusto tirare fuori dalle carceri tutti quelli che sono coinvolti nel mondo della droga: «Bisogna anche dirlo alla gente che i 14-15.000 tossicodipendenti che sono in carcere, probabilmente non sono lì soltanto perché hanno fumato uno spinello o fatto una pera, ci sono anche altri reati collegati a questo». Bisognerà vedere quando la droga è causa dei reati, e quando invece la droga viene assunta per commettere i reati. Don Picchi chiede «un'attenzione particolarissima da parte della magistratura: valutare caso per caso». Sempre nell'ipotesi che il progetto vada in porto. «Va considerata la situazione di ogni individuo. Ci può essere la persona che ne ha 50 grammi e ne fa spaccio, e chi ne ha 100 grammi e invece non ne fa spaccio». Don Picchi appare scettico: «Siamo ancora nel campo delle chiacchiere. Leggo i giornali, e rido o piango, vedo che manca una volontà politica». Fa un esempio concreto: «Nel Lazio le sovvenzioni concordate tra i centri pubblici e privati e la Regione in questi ultimi due anni sono stati dimezzate. Nell'anno scorso del 50% e nell'anno corrente, '92, del 75%. Si dice: tiriamoli fuori dal carcere e mandiamoli nelle comunità, e poi si toglie l'ossigeno ai programmi terapeutici». Marco Tosarti I Don Albanesi «In prigione ci vanno solo i disgraziati» A sinistra don Mario Picchi, un antesignano nella lotta alla droga. Sotto monsignor Antonio Riboldi, vescovo di Acerra Il cardinale Angelini, il cui intervento ha suscitato molte reazioni nella Chiesa
Persone citate: Angelini, Antonio Riboldi, Craxi, Mario Picchi, Riboldi, Vinicio Albanesi
Luoghi citati: Acerra, Citta' Del Vaticano, Lazio
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