La grande ritirata dello Stato padrone di Roberto Ippolito

La grande ritirata dello Stato padrone Un documento di 107 pagine sugli indirizzi della deregulation. Rimpasto ai vertici delle spa La grande ritirata dello Stato padrone Nel pacchetto, oltre al Credit, entra anche la Comit ROMA. Il piano c'è. La lista completa no. Il governo del socialista Giuliano Amato ha presentato in Parlamento il programma per le privatizzazioni. Dalle 107 pagine del piano - divise in 17 capitoli - è scomparso l'elenco specifico delle aziende da cedere rispetto al testo originario del ministro del Tesoro, il banchiere de Piero Barucci. E' forse un sintomo che restano divisioni fra Barucci e Giuseppe Guarino, ministro de dell'Industria. Ciò nonostante, il programma è una rivoluzione per l'Italia, che per l'occidente ha una presenza record dello Stato in economia. Il piano smantella le partecipazioni statali. Deve fruttare 7 mila miliardi nel 1993 e 10 mila nel '94 e nel '95. Lo somme arriveranno vendendo anche oltre il 50% dell'Ina, quote di aziende Eni e collocando in Borsa Eni e Enel. Il processo si può compiere in tre-quattro anni: due anni per l'Enel, 18-20 mesi per l'Eni, 6-8 mesi per l'Ina. L'Iri (70 mila miliardi di debiti) terrà per sé i proventi delle cessioni. C'è qualche limite nella svolta perché lo stesso Amato ha fatto sapere che il piano è elastico. Non solo è aperto a tutti i correttivi che il Parlamento indicherà, ma in molti casi non si effettuano scelte nette. Nel testo compaiono soluzioni alternative. Con un complicato giro di parole lo stesso comunicato della presidenza del Consiglio dichiara i limiti del piano: «Esso contiene analisi e indirizzi, seguiti nella parte finale da soluzioni organizzative e.procedurali che, per taluni aspetti, sono prospettate secondo modalità diverse, nell'aspettativa di acquisire in sede parlamentare approfondimenti e orientamenti utili alle scelte finali del consiglio dei ministri». Deputati e senatori hanno trenta giorni per pronunciarsi, poi tocca al consiglio dei ministri. Varato il piano si rinnovano i vertici di Iri, Eni, Enel, Ina. In base al piano, Tiri per risanarsi deve uscire dalle banche (rinunciando alla Comit, la prestigiosa banca guidata da Siglienti che, oltre al Credit, sarà ceduta integralmente), può vendere settori in perdita, ristrutturare o cedere la siderurgia, riconvertire l'impiantistica, ricapitalizzare meccanica e trasporto aereo, preparare cessioni di parti di telecomunicazioni, grande distribuzione e ristorazione. La mancata pubblicazione della lista dei nomi delle aziende (Ina e Comit a parte) rappresenta una specie di ritirata sul piano politico. I sostenitori delle privatizzazioni chiedevano un calendario dettagliato delle cessioni per rendere credibile il piano. Del resto Barucci aveva parlato esplicitamente di Condotte, Snamprogetti, Garboli e altre società. Ieri si è limitato a dare via libera per vendere la Sme a pezzi. Dopo la fuga di notizie sul testo del ministro sono cambiate le carte. Sul piano economico, le aziende sono però garantite dalla mancanza di una Usta. Non vengono più esposte su una bancarella pronte a essere vendute. Non restano nel limbo in attesa del destino. In fondo, è un atto di rispetto per loro e per il mercato turbato dalle rivelazioni. Amato ha faticato a lungo per ricomporre l'unità nel governo, riscrivendo il testo. Il riluttante Guarino sembra accontentato su molti punti. Ci sono stati vertici a ripetizione. Amato, Barucci e il ministro del Bilancio, il socialista Franco Reviglio, hanno tenuto ieri una lunga riunione. Non c'era Guarino, che ha raggiunto la figlia lontana per festeggiare oggi il settantesimo compleanno. Ma Guarino ha fatto sapere che l'intesa era raggiunta da venerdì. Ma quale intesa? Il governo ipotizza di nominare un commissario straordinario per le privatizzazioni, ma anche al suo posto una commissione o un comitato mterministeriale. Si era parlato di una riorganizzazione degli enti. Ma ora si dice che è meglio non toccarli: si teme che la semplice notizia di una liquidazione di Iri o Eni o di una subholding avrebbe gravi contraccolpi. Alla fine il Tesoro avrà una presenza forte ma minoritaria in dieci settori: elettrico, energeticochimico, credito, assicurativo, trasporti aerei, meccanica avanzata, grande distribuzione e ristorazione, impiantistica, telecomunicazioni. Confluirebbero in una struttura unica, la Finanziaria pubblica di partecipazioni. Roberto Ippolito A

Persone citate: Barucci, Franco Reviglio, Garboli, Giuliano Amato, Giuseppe Guarino, Piero Barucci, Siglienti

Luoghi citati: Iri, Italia, Roma