Marlene, dieci anni d'amore al telefono

Marlene, dieci anni d'amore al telefono Si parlarono ogni giorno, non si incontrarono mai: il critico Alain Bosquet ora racconta Marlene, dieci anni d'amore al telefono Confessava tutto, anche l'insuccesso erotico con Raf Vallone il PARIGI ARLENE come la dama di picche di Ciaikovskij. Volle l'amicizia esclusiva di Alain Bosquet, impo¬ nendogli però la condizione di non incontrarsi mai. Un amore per telefono è il libro che il grande critico letterario pubblica oggi (Editions de la Différence) in ricordo della «sua» Lili, dieci anni di conversadoni quasi quotidiane con l'Angelo azzurro. Confidenze, sfoghi, pettegolezzi, dichiarazioni, momenti di sconforto. Alain Bosquet annotava ogni cosa, perennemente incredulo di esser stato scelto da lei come interlocutore privilegiato, mai rassegnato all'idea di non poterla incontrare, sempre più ammaliato, irretito, coinvolto in un gioco che nonostante l'età restava di seduzione pura. Tutto era cominciato nel 1980 per via di Norma, la moglie di Bosquet. Americana, trilingue come Marlene, era diventata sua segretaria e poi dama di compagnia. Lui, Alain, aveva cominciato a telefonare in casa Dietrich con il pretesto di voler parlare a Norma. Divenne presto un'abitudine cui Marlene, solitaria e chiusa nel suo volontario isolamento, non seppe più rinunciare. Lo interpellava su ogni cosa, esigentissùna nel reclamare la prontezza delle sue risposte, tiranna nel negarsi. Alain Bosquet, 17 anni meno dell'attrice, è tuttora preda dell'amore per lei. Cosicché la tradisce, rivelando tanti «segreti». Politica, arte, letteratura...: all'inizio del libro sembrano questi gli argomenti delle telefonate. Ma presto vien fuori il vero nocciolo. Per provocarla, il posato scrittore francese di origine russa le chiedeva episodi «scabrosi» del suo passato. Lei si schermiva: «Sono porcherie che dopo la mia morte varranno una fortuna a mia figlia Maria». Ma poi cedeva e raccontava, ad esempio, la volta che di colpo ebbe «una voglia immediata di Raf Vallone». E lui la respinse. «Non servì a niente giocare di palpebre, narici, rotula e caviglia. L'animale non capì nulla: si scusava, diceva di essere occupato. Tutto quel che potei ottenere fu un mazzo di rose molto rosse. Me le sarei mangiate, dalla rabbia». Qualcosa di analogo successe con Charles Boyer. Quando l'at¬ tore si uccise, Marlene disse caustica a Alain: «Si riteneva talmente bello, che non si è mai preso la pena di guardarmi». Altrove, è il decadimento fisico che Bosquet svela. A sprazzi, aveva l'impressione che la lucidità di Marlene si offuscasse. Ebbe paura che si fosse data al bere. Ripreso coraggio, il giorno dopo lei gb diceva: «Mi disintegro. Tutto qui. Conosce la parola Kake in tedesco? Cacca. La vecchiaia è la cacca. Il resto è menzogna. Io sono cacca». E con sarcasmo gli parlava del sangue che aveva perso dal naso per più di mezz'ora. Dopo dieci minuti di spavento, con «diabolica padronanza» si era tersa le narici in un fazzoletto. Siccome le impronte erano regolari, le aveva allineate su tutta la superficie del tessuto. Cosciente dell'originalità del gesto, aveva poi messo sotto vetro e fatto inquadrare quell'opera d'arte astratta con firma in calce «This is my blood, Marlene». «Mia figha ci guadagnerà qualche dollaro», disse all'amico. Alla fine vengono i sentimenti. I biglietti che lei gli scriveva, le sue poesie che gli leggeva al telefono per avere un giudizio. «Un vento cattivo / soffia sulla mia vita / in questi giorni...». «Anche morti / non si è al riparo / dall'altro, sanguisuga / che cerca denaro...». «Abbiamo vomitato il nostro cuore / ed è abbastanza / non abbiamo altro da dire...». «Febei i credenti / più fortunati di noi / che non crediamo». Bosquet capisce perché la diva non ha più voluto mostrarsi, e la giustifica. Niente in comune con Greta Garbo, che si è ritirata per vanità al colmo della gloria. Marlene lo ha fatto solo quando si è sentita sminuita, inferma, per rispetto di sé e degli altri. Per confortarla, le scrisse: «Carissima, ho appena rivisto cinque film di Garbo. Non è altro che un'immensa cavalletta, con braccia e gambe male avvitate su un corpo di fil di ferro». In risposta, l'Angelo azzurro gli fece recapitare a casa una splendida pianta alta più di due metri con un bigbetto: «Amore mio adorato, senza di lei il mondo sarà vuoto - più vuoto di adesso». Gabriella Bosco Fu lei a volerlo, lo studioso obbedì: ma questo libro pare una vendetta Marlene Dietrich e, sopra, Raf Vallone: ora sappiamo che fu un fiasco

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