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Quinzio all'indice Lo chiedono i gesuiti

Quinzio all'indice Lo chiedono i gesuiti Civiltà cattolica attacca, lo scrittore risponde Quinzio all'indice Lo chiedono i gesuiti UINZIO da bruciare? Ne è passato di tempo da quando Paolo IV, paladino dell'ortodossia contro i luterani, istituì l'Index librorum prohibitonirn. Era il 1559. Ci sono voluti oltre quattro secoli e due Paoli perché nel 1965 papa Montini abolisse il famigerato elenco. Ma adesso l'Indice è rispolverato dai gesuiti, che in cima alla lista mettono proprio il pensatore cristano, spirito problematico, grande biblista. Sull'ultimo numero di Civiltà Cattolica padre Giandomenico Mucci, nel recensire l'ultimo libro di Quinzio La sconfitta di Dio (Adelphi), fa una rassegna dei vari giudizi prò e contro. E ne cita uno assai forte: «Quinzio è un eretico medievale». L'ha scritto Guido Ceronetti, ma si sa che Ceronetti non si esprime propriamente in un'ottica di ortodossia cattolica. «Noi non ce la sentiamo di sostenere l'ipotesi di una forma mentale ereticale» concede padre Mucci. Che però sottilmente lo insinua in modo indiretto: «Se consideriamo l'opera di Quinzio oggettivamente, ci riesce difficile non aderire aU'equilibrata valutazione di Vittorio Mathieu». Che cosa aveva valutato Mathieu? Il filosofo, cattolico non certo incline all'integralismo, aveva scritto due anni fa sul Giornale che se si tornasse all'Indice, lui non ci inserirebbe né eresiarchi, né atei, maghi, libertini, e neppure Voltaire e Sade: «Mi limiterei a una dichiarazione brevissima: "Sono all'Indice rutti e soli i libri di Sergio Quinzio"». Lo studioso di Kant e del giusrazionalismo che si arma del lanciafiamme in difesa dell'ortodossia? «Ma no, io non mando al rogo nessuno! - protesta Mathieu da Salerno, in una pausa del convegno su Abbagnano -. Era un'osseryazione scherzosa, e anche Quinzio lofsapeva bene». Ma i gesuiti prendono molto sul serio e continuano la citazione di Mathieu «contro» i libri di Quinzio: «Gli unici che possano costituire un pericolo per l'orto¬ dossia. Gli unici capaci di fornire un'eterodossia radicale». Qui, certo, il discorso assumeva un tono più serio, e anche Quinzio se ne rende conto: «Dietro lo scherzo - ci dice - traspariva una verità. le sono uno che va a porsi domande pericolose, sono quel rompiscatole che dice: Cristo ci aveva promesso questo e quest'altro, duemila anni dopo siamo ancora qui a aspettare: come mai?». Se pare pericoloso a Quinzio, figurarsi a Mathieu: «C'è un pensiero di Chesterton - ricorda - secondo cui "è molto saggia la Chiesa cattolica a vietare la lettura indiscriminata dell'Antico Testamento". Sono d'accordo. Per avvicinarlo ci vuole saggezza. E Quinzio ne ha molta. Però mette in rilievo unilateralmente certi aspetti del Vecchio Testamento, per esempio l'impotenza di Dio, che nel Nuovo si rovesciano in una promessa di salvezza per l'altra vita». Quinzio si ferma alla prima parte della Bibbia, Quinzio è eretico? L'interessato non si scompone: «Nella pasta cristiana l'eresia è un lievito molto più efficace del conformismo. Ma le grandi eresie del passato non "mordono" più sulla realtà contemporanea: così se la prendono con me. Parlare della "sconfitta di Dio", delle promesse non mantenute, è un modo di rivivere ogni giorno l'esperienza di Cristo sulla croce che grida: "Mio Dio, perché mi hai abbandonato?"». In difesa di Quinzio accorre un religioso attento come don Lorenzo Bedeschi, autorevole studioso del modernismo: «I suoi referenti non sono necessariamente né il magistero ecclesiastico né la prassi tradizionale. Di conseguenza, non di rado, assume toni critici che possono disturbare i "pretoriani dell'ortodossia". E' vero, a volte dà l'impressione di bordeggiare coste temerarie, però non vi approda mai. I gesuiti hanno sbagliato a prendere sul serio lo scherzo di Mathieu, non hanno il senso dell'umorismo». Gli accusatori sono pregati di accomodarsi: sul banco degli imputati. Risolutamente, ce li spedisce il filosofo della scienza Marcello Pera: «Padre Mucci usa la parola "oggettivamente" per mettere all'Indice i libri di Quinzio. Gesuiti e stalinisti hanno in comune anche gli avverbi. Hanno entrambi in tasca la verità e in nome di quella giudicano, mandano e minacciano torture. Ieri Galileo, oggi Quinzio: fossi in, lui ne sarei orgoglioso». Non c'èj male come requisitoria. Ma a Pe-1 ra non basta. Ha un pensiero anche per Wojtyla: «Un povero Pa-: pa si dà da fare per ammettere le colpe dei gesuiti del '600, ma quelli del XX secolo continuano come niente fosse. Mi viene il sospetto che il Maligno esista davvero e che i gesuiti siano sue creature. Chi altri potrebbe creare gente così brava a far perdere la fede?». Maurizio Assalto Il filosofo Mathieu: «L'ho accusato, ma per scherzo» Pera: «Stalinisti» Sergio Quinzio, «scomunicato» da Civiltà Cattolica. Emanuele Severino e in basso Umberto Eco Sotto, Don Lorenzo Milani: anche il prete di Barbiana fu «bloccato» dal Sant'Uffìzio. Sopra, Alberto Moravia, altro bersaglio del gesuiti

Luoghi citati: Salerno