«Ma ci sono ancora tanti pregiudizi» di Marco Tosatti

«Ma ci sono ancora tanti pregiudizi» «Ma ci sono ancora tanti pregiudizi» Parla Maria Bonafede, pastore valdese sposata e madre «Studiare la Bibbia, servire gli altri, è una passione» ROMA. A Roma, a due passi da San Pietro, c'è una donnaprete: anzi, una donna parroco. Maria Bonafede, 39 anni, sposata, un bambino di quattro anni e mezzo, ha la responsabilità della chiesa valdese di Piazza Cavour, a Roma, tantissimo da fare, e qualche senso di colpa a corrente alternata. E' entusiasta del suo «lavoro», rifarebbe le stesse scelte, ma: «Un limite grosso è che io mi sento, e credo anche le altre donne pastore, inadeguata sempre al tutto. Penso, anche se con mio marito, pastore anche lui, ci dividiamo il lavoro in casa e con il bambino, io penso che sia un compito mio. C'è il senso di sentirsi in colpa o nei confronti della famiglia o della Chiesa. Questa sensazione è dura a morire. Anche se poi faccio tutto quello che devo fare. Per un uomo è diverso, non è nella sua struttura mentale, o molto meno. Quando lui non può, è più normale; se non posso io, mi sento a disagio». E' una vita piena, quella di Maria Bonafede; anzi, forse stracolma. Celebra il culto della domenica, prepara la predicazione, amministra la Santa Cena (l'equivalente dell'eucarestia cattolica) e il battesimo; e poi ci sono matrimoni e funerali, il catechismo, la scuola dei bambini. Visita gli ammalati e le famiglie della comunità, spesso molto distanti dalla parrocchia. Senza dimenticare le scuole: «Quando si arriva al punto della Riforma protestante molti insegnanti di storia telefonano in chiesa per avere una lezione da parte del pastore». E poi le varie attività della comunità. «E in più c'è il fatto che io ho un bambino, una casa. E quindi questo pezzo di vita deve integrarsi con l'altro, e spesso faticosa- mente». Perché una donna decide di diventare prete? «Per rispondere in un modo particolare alla vocazione al cristianesimo. Mi è stata fatta una proposta, che mi sembrava lontana dalla mia vita. Studiavo filosofia a Milano. Poi col passare del tempo mi sono resa conto che era una grande passione, sia dello studio della Bibbia che del servizio alle categorie più bisognose dell'umanità e della Chiesa». Che cosa le pesa di più? «Dover portare i pesi degli altri. Molti si aprono con problemi enormi, personalissimi. Il mio coinvolgimento è molto pesante, specie nei rapporti con gli ammalati, con quelli che non hanno soluzione nella loro malattia». Qualche notte non ha dormito? «Sicuramente. Per esempio ho un rapporto con un ragazzo in carcere, che non credo che abbia sbocco, e da due anni questa cosa mi tormenta proprio. Ha una grossa ricerca di fede, e nessuna possibilità di uscire dalla situazione in cui si trova. E' malato, una forma di malattia psichica: esce, ruba, fa rapine e poi rientra, e non ce la fa proprio a tirarsi fuori. E' una delle persone che mi hanno più occupato, non solo come impegno di tempo». Si è mai sentita indispensabile? «Sì, una volta, con questo ragazzo carcerato, sono l'unico suo punto di contatto. Non ha nessuno che se ne occupi. Questa è una cosa che solletica l'onnipotenza». Quanto conta il potere, nel voler essere pastore o prete? «C è per forza nella scelta, ma passa presto. Si può far finta che non ci sia, ma credo che esista. Bisogna solo saperlo e combattere la tentazione che esiste». Le donne pastore sono una quindicina, una minoranza. C'è un atteggiamento maschilista nei colleghi uomini? «Sì, in parte c'è, specialmente nelle persone più anziane. C'è un po' l'idea che devi dimostrare che sei brava come gli altri. Mentre sembra implicito, per un uomo che decide di fare il pastore, se ha le competenze e gli studi tutti a posto, che lo farà nel migliore dei modi, per le donne c'è l'idea che è un po' un tentativo, che non va da sé che vada bene». Il fatto di essere donna è un ostacolo? «Gli anziani hanno una visione del pastore che è quella di un uomo, meglio se anziano, con famiglia, e la moglie del pastore che suona il piano conduce l'unione femminile. E' già stata messa in crisi molte volte, ma il modello è difficile da superare. E quindi c'è inizialmente una resistenza, soprattutto da parte delle donne. Ma poi il rapporto diventa più facile, con una donna pastore». Marco Tosatti I pastore Maria Bonafede

Persone citate: Maria Bonafede

Luoghi citati: Milano, Roma