Baghdad, dopo 18 mesi torna il cavallo di Troia di Giuseppe Zaccaria

Baghdad, dopo 18 mesi torna il cavallo di Troia Baghdad, dopo 18 mesi torna il cavallo di Troia RIAPRE LA «FABBRICA DI LATTE» LA «fabbrica di Saddam» riapre i battenti. Non una fabbrica qualsiasi, ma un simbolo: quello attraverso cui, durante la guerra del Golfo, per qualche giorno il satrapo di Baghdad tentò di dimostrare al mondo come quella dell'Occidente fosse «un'aggressione feroce e ingiusta». Una brevissima nota dell'agenzia «Ina» fa sapere che fra pochi giorni, alla periferia della capitale irachena, riaprirà i battenti la fabbrica di latte in polvere che fu semidistrutta durante le incursioni aeree del gennaio '91. Una notizia confortante: a pieno regime, quell'impianto può produrre tremila tonnellate di latte in polvere, tanto da sfamare due terzi dei neonati dell'Iraq. Ma l'agenzia ufficiale aggiunge che la ricostruzione è stata resa possibile dai «contributi» non solo del Paese, ma di associazioni di ogni parte del mondo. Forse ricorderete quelle rovine: un anno e mezzo fa, per giorni le immagini dell'ingenuo cartello che indicava lo stabili- mento (c'era una bottiglia bianca impugnata da un bambino) vennero diffuse dalla tv di Saddam come prova di quanto i bombardamenti fossero stati indiscriminati, e le bombe alleate molto poco «intelligenti». In quel momento, la cosà poteva risultare imbarazzante: i sessanta morti del mercato di Falluja, bombardato per errore da piloti inglesi, o le 550 vittime del rifugio di Ameriah non c'erano ancora stati. Fu per questo che il 23 gennaio del '91, in una conferenza stampa a Riad, il comando americano avvertì il bisogno di smentire con fermezza: «Quella fabbrica disse - nascondeva uno stabilimento per la produzione di armi biologiche». Poche ore dopo, a Baghdad, Peter Arnett, inviato della Cnn, fu trascinato dagli iracheni fino alle rovine di quello stabilimento e ricevette come beffardo omaggio ima busta di polvere bianca. Era latte liofilizzato. Quella sera, alla Cnn toccò trasmettere un servizio in cui un imbarazzatissimo Arnett faceva sapere: «A me, quella è parsa effettivamente solo una fabbrica di latte in polvere...». Ma a riprendere vigore, forse non è soltanto un simbolo. Anche a chi scrive toccò, poco dopo la fine (dei bombardamenti, di essere condotto dalle «guide» del ministero dell'informazione fra le rovine della fabbrica. Il sobborgo, a Nord Est della capitale, verso l'autostrada che conduce ad Amman, veniva definito «White Village»: avrebbe dovuto contenere un'area residenziale, in realtà consisteva solo in un abbozzo di zona industriale. Ai giornalisti occidentali cui era stato consentito l'ingresso in Iraq toccò aggirarsi fra la macerie dell'impianto, prendere nota delle scritte che coprivano le pareti di un enorme e devastato stanzone. So¬ prattutto, trascrivere le maledizioni che una donna vestita del nerissimo, tradizionale velo sciita lanciava in inglese contro gli aggressori. Quella donna era la stessa che - ripresa da tutte le televisioni del mondo - pochi giorni dopo avrebbe ripetuto le accuse in francese, dinanzi alle porte fumiganti del rifugio di Baghdad: la nipote - si sarebbe appreso più tardi - di un alto dirigente del ministero degli Esteri. Una delle non molte funzionarle trilingui di cui il regime potesse disporre.- Come sempre accade, i ricordi più vividi finiscono col riportarsi àlìa STera del «colore». Eppure, nella sostanza, anche noi avevamo avuto l'impressione che quella fabbrica producesse davvero solo latte liofilizzato. E che il bombardamento (naturalmente, non c'è controprova) fosse stato effetto del momentaneo instupidimento di una di quelle intelligentissime bombe, dirette magari contro una delle batterie antiaeree che dalla fabbrica distavano poche centinaia di metri. L'altra, netta im¬ pressione riguardò l'effetto che la distruzione di quella fabbrica aveva avuto sul Paese. L'epica musulmana, sposata a quella sorta di «machismo» proprio degli iracheni, faceva in modo che le altre vittime, i soldati caduti a migliaia nei territori occupati, dovessero passare in qualche modo sotto silenzio. Ancora adesso, appena l'altro ieri, Saddam può permettersi di decorare «gli eroi della guerra», di far sapere al mondo che «se ci fos^e yun'opposjjdone avrei con chi dialogare»! . Ma lì, intorno a quella fabbrica, Sparlava di un danno inflitto' sia pure indirettamente a migliaia di bambini, e dunque scattava una reazione che altrimenti forse non ci sarebbe stata. Ecco il motivo per(,il quale, un anno e mezzo dopo, fra l'annuncio di un un nuovo piano di utilizzazione delle risorse e quello del ritorno in patria di altri prigionieri, Baghdad «lancia» questa notizia quasi come un annuncio di riscossa. Giuseppe Zaccaria

Persone citate: Arnett, Di Latte, Peter Arnett