Iraqgate, nei guai Thatcher jr di Paolo Patruno

Iraqgate, nei guai Thatcher jr Pesanti accuse al figlio dell'ex premier, Major sempre più nella bufera Iraqgate, nei guai Thatcher jr «Una sua società dietro le armi a Saddan LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il governo inglese è nella bufera, rischia di essere travolto in uno scandalo di forniture militari all'Iraq in cui fa capolino anche il nome di Mark Thatcher, il figlio prediletto della signora ex premier. Major è sulla difensiva, preso di mira dall'opposizione laburista e liberale che l'accusa di aver collaborato con i suoi principali ministri a «coprire» le ripetute violazioni all'embargo antiSaddam varato dall'Onu. Per la traballante figura del premier è un'altra tegola, dopo lo smacco della ritirata della sterlina dallo Sme, la gravissima crisi economica, la resa davanti alle proteste dei minatori, infine la zigzagante politica europea. Ma questa volta è più grave, perché a essere messe in discussione non sono tanto le qualità di governo, la leadership del successore della signora Thatcher quanto la sua credibilità personale, la sua sincerità davanti al Parlamento. A metterlo con le spalle al muro è stato, ieri, il leader liberale Paddy Ashdown, il quale ha rivelato che, in una risposta scritta a una sua interrogazione, Major aveva affermato perentoriamente nel dicembre del '90 che la Gran Bretagna dall'ottobre dell'85 si era attenuta strettamente all'embargo decretato contro Saddam dalle Nazioni Unite. La verità, invece, è ben diversa come è stato appurato in un processo appena conclusosi a Londra nel quale erano imputati tre dirigenti di una società di Coventry, la Matrix-Churchill, accusati di aver contrabbarìdato come materiale utensile a Baghdad delle forniture militari. Non solo i tre sono stati assolti ma dalla testimonianza dell'ex ministro Alan Clarke è affiorato un aspetto segreto di questa storia: i responsabili della società erano solo pedine di un gioco ben più grande e complesso di loro, manovrato dai servizi segreti e «coperto» dallo stesso governo. Sono stati perciò chiamati direttamente in causa il ministro dell'Industria Heseltine, il suo collega della Difesa Pufkind, quello dell'Interno Kenneth Clarke e il sottosegretario agli Esteri Garrel-Jones tutti colpevoli, secondo il portavoce dell'opposizione laborista Robin Cook, di aver protetto con la stampigliatura «top secret» i documenti che dimostravano il coinvolgimento e la copertura del governo sulle forniture clandestine di materiale belhco al dittatore iracheno. E' opportuno ricordare che in un primo tempo l'Occidente aveva preferito armare Saddam per controbilanciare la spinta dell'oltranzismo degli ayatollah in Iran. Ma le forniture erano proseguite anche dopo la fine del conflitto tra Baghdad e Teheran, quando si erano rivelati appieno le mire espansionistiche dell'Iraq e il regime brutale di Saddam Hussein. Major ha rintuzzato fermamente le accuse, ma ha dovuto insediare una commissione d'inchiesta indipendente per tacitare l'opposizione parlamentare. Ma la polemica si è arroventata ieri quando alcuni deputati laboristi hanno presentato un'interpellanza sull'attività di Mark Thatcher. Il figlio della neo-baronessa è stato coinvolto nello scandalo da un ex agente israeliano, Aris Ben Menashe, il quale ha sostenuto che una società texana controllata da Mark Thatcher sarebbe stata impiegata per passare materiale bellico all'Iraq. Thatcher junior è stato anche accusato di aver presentato il progettista del «supercannone» Gerald Bull ai responsabili dei servizi segreti sudafricani che lo avrebbero messo in contatto con Saddam. Paolo Patruno Macerie per i bombardamenti in Iraq