Miglio: vogliono salvarsi ma non potranno farcela di Pierluigi Battista

Miglio: vogliono salvarsi ma non potranno farcela «VINCA IL MIGLIORE SE CE'» Miglio: vogliono salvarsi ma non potranno farcela U ROMA N giorno sembra affossata, dilaniata da contrasti interni e incalzata dall'esterno dai referendari. Il giorno dopo ecco che un caloroso applauso ad Occhetto dà l'impressione di resuscitarla, la Commissione bicamerale per le riforme istituzionali. E intanto, distaccati e pure un po' divertiti, i leghisti stanno a guardare. E chi osserva con maggiore ironia gli affanni di chi è stato chiamato a ridisegnare l'assetto istituzionale della Repubblica è proprio il leghista che rappresenta il movimento di Bossi nella Commissione: vale a dire Gianfranco Miglio, il costituzionalista della Lega che con le sue dichiarazioni fuori dai denti è abituato a suscitare sgomento tra gli avversari. E anche oggi, nel giorno della riconciliazione tra De Mita e Occhetto, Miglio mette alla berlina «quest'accolita di conservatori della partitocrazia che cercano di escogitare qualche marchingegno per mantenersi in vita. Mentre la gente, qui fuori, non aspetta altro che di mandarli a casa, questi oligarchi del regime dei partiti». Senatore Miglio, parla come se non facesse parte anche lei di questa Commissione. «Sì, ma il punto di vista della Lega è molto preciso: a noi interessa la forma della nuova Repubblica, che deve essere una Repubblica fondata sulle Regioni, articolata secondo una struttura federale. Sul resto stiamo a guardare: che vinca il migliore, se ce n'è uno». Ma come, i partiti si scannano sul nuovo sistema elettorale, e voi della Lega ve ne tirate fuori? «Non è che ce ne tiriamo fuori, ma assistiamo con un certo divertimento ai tentativi della partitocrazia di tirare dal cappello una soluzione per arrestare l'avanzata della Lega. Fuori da queste stanze succede di tutto. Dentro si addensano i conservatori schierati in una difesa ad oltranza del regime. I democristiani e i socialisti con maggiore determinazione. I pidiessini, oramai prigionieri delle loro oscillazioni e delle loro incertezze. Un fenomeno che non mi stupisce affatto». Che cosa non la stupisce? L'incertezza del pds o quella che chiama la «difesa del regime» da parte dei partiti? «Tutt'e due le cose. Gli ex comunisti, poverini, non sanno ancora qual è la- loro nuova identità. Letteralmente non sanno che cosa sono diventati. Naturale che questa incertezza esistenziale si rifletta anche nella Commissione. Per quello che riguarda gli altri, questa è l'ultima occasione per la partitocrazia di dimostrare che il mazzo è ancora nelle sue mani. Ce la mette tutta, ma non credo proprio che la spunterà. E giacché questa Commissione non è un asettico comitato di saggi e di studiosi, dovranno lavorare sodo per inventarsi meccanismi elettorali che diano alla partitocrazia qualche residua boccata d'ossigeno». Intanto i referendari accusano la Commissione di preparare un «papocchio» per evitare i referendum. «Dal loro punto di vista hanno ragione. Vorrebbero arrivare al referendum prima che si modifichi in peggio la materia del contendere. Ma nel quarto comitato della Commissione, quello incaricato di disegnare la nuova legge elettorale, i conservatori di de, psi e pds stanno lavorando su un modello che va all'opposto di quello auspicato dai referendari. Ma ripeto: vinca il migliore. A noi interessa soltanto che la forma istituzionale della nuova Repubblica sia ispirata ai princìpi del federalismo. Per il resto, "premio di maggioranza" o "uninominale corretta" con una spruzzata di proporzionalismo, sono solo formule per salvare il vero nocciolo duro della partitocrazia: il mantenimento del regime parlamentare». Che, a quanto si immagina, per lei rappresenta il peggio del peggio. «Dico solo che una fase si è chiusa per sempre. E oggi essere parlamentaristi significa schierarsi dalla parte dei partiti. Per meglio dire di un Parlamento dominato dai partiti. Noi vogliamo un'altra cosa». Che giudizio dà del De Mita presidente della Commissione? «Non ci sono buoni e cattivi. Ci sono i sostenitori della partitocrazia e quelli che sono contro. Fuori da queste stanze quelli che sono contro aumentano ogni giorno di più». Pierluigi Battista L'ideologo della Lega Gianfranco Miglio (a sinistra) e qui sopra il leader «lumbard» Umberto Bossi

Persone citate: Bossi, De Mita, Gianfranco Miglio, Miglio, Occhetto, Umberto Bossi

Luoghi citati: Roma