MURATORI
MURATORI di, Scuola MURATORI Avevo una carta dell'Abissinia e gridavo: abbiamo preso Macattè QUESTA foto è un po' storica - dice Giovanni Ferrerò, torinese del '26, pensionato pieno di vitalità, pluridecorato al merito del lavoro, che abita in Borgata Aurora in via Alessandria 38 - Fu fatta il 9 giugno del '40. Il giorno dopo scoppiò la guerra e ci fu il primo bombardamento su Torino, in via Priocca, a Porta Palazzo. Andai a vedere in bici le macerie, e c'era anche il Principe di Piemonte». L'immagine pubblicata si riferisce alle classi terze A e B della scuola professionale Muratori di corso Belgio (la scuola c'è ancora). Tra gli altri ci sono Micela, Oggero, Chiesa, Aiazza, Piero Barzizza (adesso pensionato della Banca di Novara), Ivaldi, Sguazzini che era trombettiere dei Balilla, Garrone preso in giro per il cognome da Cuore, Vaschetti, Guido Giacchino, Giolitto, Paletto, Orsi, Bertello. Ogni anno gli ex allievi si trovano l'ultima domenica di aprile alla chiesa di Santa Croce in piazza Fontanesi, convocati con circolare da Giovanni Leyenne che si occupa da sempre dei «raduni». Non ci sono solo gli ex studenti della Muratori, ma tutti i «Cit del Borg dal Fum», (Vanchiglietta), che frequentavano l'oratorio di S. Croce. Ferrerò è un'enciclopedia di ricordi. La scuola professionale era severa, si frequentava mattino e pomeriggio, in più c'erano i compiti a casa, ma alla fine tutti avevano un posto di lavoro pronto.' C'era poco tempo per giocare, e comunque i giochi erano quelli di strada: archi con le bacchette degli ombrelli, cerchio e trottola, tirascartocci, la cavallina. O si mettevano gli scodellini (i tappi) di birra e aranciata sui binari del tram per farli appiattire e farne piccole collezioni. Poi c'erano le bande del quartiere, ognuna con predominio sul territorio. «Ma non c'era violenza, alla fine si giocava tutti insieme e poi c'era in controllo sociale del Circolo Rionale fascista. Andavamo al cine Belgio, con 11 soldi in due; entravamo alle due e alle otto eravamo ancora dentro, davano due film più le comiche. A casa si sentiva la radio a galena con le cuffie. Poi c'erano ì campi Dux, cioè le esercitazioni paramilitari; andavamo a Bardonecchia, io ero prima Moschettiere poi Balilla nella 36a Legione Alpini Balilla del Conte Buffa di Perrero. Eravamo ragazzi, ci entusiasmavamo per l'Impero. Avevo una grande carta dell'Abissinia e mettevo le bandierine sulle città conquistate. Abbiamo preso Macallè! gridavo esultante, e mio padre òhe era stato al fronte nel '15-18, si metteva le mani in testa e diceva: voi non sapete cos'è la guerra». Singolare famiglia quella di Ferrerò, con un passato di partecipazione a quasi tutte le guerre, da parte degli avi anche della moglie. Da Balaclava, storico fiume vicino a Cernaia in Crimea, alle battaglie di Solferino e San Martino, alla presa di Porta Pia, alla battaglia di Adua nel 1896. Nonostante la tradizione famigliare e la passione per la storia militare, Ferrerò non ha fatto l'ultima guerra per un soffio. E' diventato invece un grande tecnico di macchine per confezioni e alta moda, impiantando o rifacendo gli impianti distrutti dai bombardamenti, in stabilimenti tessili come la Juvenilia a Torino e Savigliano, la Riorda di Fossano, la Vestebene di Alba, il Maglifìcio Calzifìcio Torinese, poi diventato Robe di Kappa. «Una pena vedere grandi aziende messe su con tanta fatica trent'anni fa ridotte a licenziare». Renato Scagliola
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