Tra Spaak e Gruber uno scontro a colpi di battute e di sorrisi di Alessandra Comazzi
Tra Spaak e Gruber uno scontro a colpi di battute e di sorrisi r TIVÙ' & TIVÙ' 1 Tra Spaak e Gruber uno scontro a colpi di battute e di sorrisi COME la domenica davanti al Gran Premio d'automobilismo. Come davanti agli artisti sotto la tenda del circo. Per vedere se alla partenza c'è qualche incidente spettacolare, auto in fiamme accartocciate, piloti che fuggono ricoperti d'amianto; per vedere se l'acrobata senza rete precipita dal trapezio o il domatore viene mangiato in un sol boccone dal leone indomato. Così, affascinati dall'orrido, aspettavamo l'altra sera «Harem», condotto da Catherine Spaak su Raitre. Il titolo della puntata era «Non siamo starlet», partecipavano (in ordine alfabetico) Antonella Boralevi, Lilli Gruber, Cristina Parodi. Qualcuno aveva scritto, giorni fa, che durante la registrazione del programma erano volate parole grosse; ma non soltanto parole, erano volati anche i cuscini del sofà, elemento fondamentale dell'harem. Che ghiottoneria, vedere quattro donne che baruffano. Magari si tirano i capelli, magari si strappano i vestiti. Le gatte, le streghe. E invece, che delusione, non I abbiamo potuto ammirare I nulla di tutto questo. Lilli Gru- ber, che doveva essere la pietra litigiosa dello scandalo, ha sorriso (qualche volta a denti stretti, ma ho sorriso) tutto il tempo, e anche Parodi e Boralevi hanno sfoderato le loro migliori dentature, un po' più timidamente l'una, un po' più spavaldamente l'altra. Questo, almeno, è ciò che abbiamo visto, e pare che di tagli non ne abbiano fatti. Qualche momento di tensione c'è stato, questo sì, sempre risolto con eleganza. Brave, bravissime tutte e quattro. Dunque, Catherine Spaak voleva a tutti i costi parlare dell'episodio che animò i sonnolenti giornali dell'estate, Lilli Gruber fotografata in topless mentre prendeva il sole. Voleva porre il problema della riservatezza che va a farsi benedire quando viene coinvolto un personaggio pubblico: e una signora che legge tutti i giorni le notizie d'Italia e del mondo in tv, non può non considerarsi personaggio pubblico. Tanto la Spaak voleva trattare questo argomento, quanto la Gruber non voleva: e allora si è formato tra le due un sottile ma inequivocabile passaggio di corrente elettrica. Interruzioni, frecciate, battute acide, provocazioni. Gruber: «Io non credevo che questo fosse il dibattito». Spaak: «Ad "Harem" non c'è dibattito ma conversazione». Gruber: «La tv omologa verso il basso, noi dovremmo cercare di cambiare questa tendenza». Spaak: «Ma cosa puoi decidere tu? Tu dai le notizie, come puoi spingere la televisione verso l'alto?». Gruber, a proposito delle fotografie in topless: «Io ero a casa dei mei genitori in Sardegna e a casa mia posso fare quello che voglio». Spaak: «Sì, ma ti eri già fatta beccare l'altr'anno a Capalbio, in una spiaggia pubblica». Mica male: però si sono dette ciò senza mai trascendere, senza alzare la voce, senza smettere di sorridere. Ipocrisia? Senso della misura, piuttosto. Gli interventi di tutte e quattro (e anche dell'ospite misterioso, che era Walter Veltroni, direttore dell'«Unità») dimostravano una consapevolezza: la televisione non è la vita. Pare che lo sia, a volte, ma davvero non lo è. Alessandra Comazzi
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