I Pooh contro i concerti-truffa

I Pooh contro i concerti-truffa Annunciati anche Elton John e Zucchero: cast stellare, manifestazione inesistente I Pooh contro i concerti-truffa Dovevano suonare a Bari: ma non era vero AVEVANO promesso di portare a Bari, ieri sera, i Pooh e Elton John, i Dire Straits e Zucchero, e Venditti e altri divi assortiti, da Pino Daniele a Dalla, a Bob Geldof. Un cast stellare in concerto «per i bambini del Terzo Mondo». Ma ieri, allo stadio San Nicola, non c'era anima viva. Eppure i promotori della gran kermesse «benefica» parevano fiduciosi quando, un mese fa, annunciarono la straordinaria iniziativa. Troppo convinti. Subito arrivarono le smentite degli artisti, e pure della CocaCola, che s'era scoperta «sponsor della manifestazione». Gli organizzatori insistevano. «E' tutto a posto», assicuravano. La casa discografica Polygram, rappresentante di ben 12 dei cantanti annunciati nel cast, disse chiaro e tondo di non saperne nulla: «Le rockstar aderiscono a iniziative benefiche dopo lunghe trattative e per eventi eccezionali, curati da organizzazioni affidabili». Figurarsi. Succede spesso, specie in Italia, che personaggi pieni di buona volontà, o vogliosi di fare il colpaccio della vita loro, si mettano in testa che un maxi-concerto sia un gioco da ragazzi. E naufragano miseramente. Nell'ambiente del rock business la credibilità è tutto, e i musicisti sono diffidenti assai. Se poi salta fuori lo «scopo benefico» - che implica la rinuncia al cachet - diventano sospettosissimi: «Spesso sono truffe - dice Stefano D'Orazio dei Pooh -. Quando si tratta di opere benefiche preferiamo curarci di tutto personalmente, intervenendo su situazioni cbiare e precise». I Pooh non sapevano nulla della loro presunta partecipazione al concerto di Bari: e non è la prima volta che nomi famosi vengono schiaffati in cartellone senza interpellare gli interessati, con l'onorevole fine di convincere altri ad aderire. I Pooh hanno regalato roulottes agli alluvionati di Firenze, ai terremotati del Belice e dell'Irpinia; dall'87 si battono per la difesa dell'ambiente al fianco del Wwf. «Ogni mese riceviamo almeno due proposte di concerti benefici, ma non sarebbe serio aderire a tutti; oltre al rischio di imbrogli, significherebbe fare per fare, senza sapere neanche il perché», commenta Red Canzian, bassista dei Pooh. Meglio decidere di testa propria, senza cedere alla carità pelosa. Carità pelosa per vari motivi: c'è sempre il dubbio che si tratti di manovre promozionali. «Non credo che noi si debba cercare notorietà ad ogni costo», ride Red Canzian. Ma aggiunge: «Preferisco comunque chi si impegna, a chi tace: ci sia pure un secondo fine pubblicitario, l'importante è attirare l'attenzione della gente sui problemi: e un divo della canzone spesso ci riesce meglio di altri». Red ricorda il caso di Baglioni, lapidato per la sua partecipazione al concer¬ to torinese di Amnesty International, nell'88: «Ne abbiamo parlato, con Claudio. Lo accusarono di essere in cerca di pubblicità: e invece, proprio il manager di Peter Gabriel gli aveva chiesto di partecipare perché si stavano vendendo pochi biglietti e pensava che il nome di Baglioni potesse smuovere le acque». Uno che preferisce fare ma non dire è Vasco Rossi: il Blasco si presta talora a concerti benefici, però non lo va a raccontare in giro. E gli va bene così. Pure Gino Paoli è convinto che «certe cose bisogna farle, non parlarne». Lui è in prima linea dai tempi di «Italy for Italy», concertone per le vittime del disastro di Stava. Ha cantato per gli extracomunitari e contro il razzismo, per Cuba e contro la mafia. E ha una particolarissima teoria: «Credo che un'iniziativa benefica serva se rompe il silenzio. Inutile andare a Palermo mentre tutti i riflettori sono puntati su Palermo: ma dopo qualche mese, magari non si parla più di mafia, e la mafia c'è ancora. Allora bisogna risvegliare le coscienze». Un paio di mesi fa Paoli partecipò alla serata palermitana anti-mafia. Quell'iniziativa, tuttavia, lasciò perplessi alcuni cantautori. Pino Daniele commentò: «Che vuol dire "contro la mafia"? Mi sembra generico. Lo Stato deve intervenire, mica i cantanti. Se mi dicono facciamo un concerto per raccogliere fondi per una comunità, per una scuola, per chi ha bisogno adesso e qui, mi sta bene. Sennò, è fumo». A scanso d'equivoci Fabio Concato, quando ha inciso un disco per aiutare Telefono Azzurro, l'ha intitolato 051-222525: il numero, appunto, del Telefono Azzurro. Più chiaro di così... In Italia è difficile organizzare concertoni come il «Live Aid» anche per un motivo un po' meschino: la rivalità che divide gli eroi delle hit parade. La causa più nobile si può arenare nelle secche delle questioni di principio: io canto due canzoni e lui tre e non è giusto, nel manifesto voglio il nome prima di quell'altro, roba così. Il problema è stato superato grazie alla Nazionale cantanti: «Giocando al calcio aiutiamo chi soffre e siamo sicuri che i soldi saranno ben spesi spiega Enrico Ruggeri, colonna della squadra -. E non c'è posto per divismi, in campo siamo undici persone normali, facciamo la nostra partita e abbiamo di fronte undici avversari decisi a non darcela vinta. Una gran bella scuola di vita». Nata quasi per scherzo, dalla passione di Gianni Morandi e Mogol, la Nazionale cantanti in undici anni ha raccolto quasi venti miliardi, finanziando le iniziative più diverse e meritorie, dall'ospedale infantile Gasimi di Genova al Centro torinese per la ricerca contro il cancro. Non una lira è andata sprecata. Gabriele Ferraris Dice D'Orazio: «Quando si tratta di beneficenza seguiamo tutto noi» Mi M Qui accanto Gino Paoli: «Certe cose bisogna farle non parlarne». Sotto Ruggeri: «Anche col calcio si fa beneficenza Nella foto grande i Pooh: ieri allo stadio San Nicola non c'era nessuno. Il concerto era falso Anche Elton John avrebbe dovuto partecipare al falso concerto di beneficenza a Bari