Dal dionisiaco Ayler all'apollineo Dickenson
Dal dionisiaco Ayler all'apollineo Dickenson r 8 DIS€HI Dal dionisiaco Ayler all'apollineo Dickenson mese che favorisce i ricordi. Le atmosfere, il clima, le ricorrenze, i colori. Tutti indizi ben adatti anche al jazz odierno, immerso in una stagione fervida di memorie e sofferta nella creatività. L'attualità discografica presenta una serie di titoli adatti ad un brillante, in qualche caso doveroso, ripasso storico. Il primo capitolo è da dedicare ad Albert Ayler, saxofonista, considerato il caposcuola della seconda generazione del free, che ha immesso nella sua musica molti elementi cantabili tratti dal calypso ed altre espressioni popolari, echi delle parate di New Orleans, assunti ambiguamente in sonorità dal vibrato spesso derisorio. Un bel documento storico è il disco «The first recordings» (SNT, 1 Cd). A quell'epoca, nel 1961, Albert Ayler termina il servizio militare in Europa (Orleans, Danimarca e Svezia). Ha venticinque anni. Adora Sidney Bechet. In qualche suo viaggio a Parigi, con il sax tenore sottobraccio, comincia ad esibire tutte le sue più intime emozioni e teorie musicali. Nel '62 si congeda e inizia le prime registrazioni. La bellezza di brani come «I'il remember aprii», «Rollins tune», «Tune up», «Free» sta nella testimonianza di un cambiamento di Ayler, che vive un momento in cui un mondo si chiude e un'altro si apre. Tutte le introduzioni hanno un qualcosa di allegro e titubante. Le idee che emergono avranno sviluppo e giusta considerazione l'anno seguente, dopo che Ayler ha incontrato a Copenaghen Don Cherry, Dexter Gordon, Cecil Taylor. Purtroppo Ayler morì prematuramente e misteriosamente (la polizia lo archiviò come annegamento) a 34 anni, nel 1970. Secondo capitolo per un omaggio a un altro grande jazzista: «Tribute to Mingus» (Adda, 1 Cd), un disco dalle origini francesi. All'inizio ci sono cinque musicisti. Belle firme: Enrico Rava, Frangois Jeanneau, Hervé Sellin, Frangois Mediali, André Ceccarelli. Un quintetto (tromba, sax tenore, piano, basso e batteria) di gran valore riunito intorno ad un'idea, un repertorio, una festa. Temi musicali ricchi di tensione e impennate dettate dall'amore e dalla passione. Un bel risultato ottenuto con le opere di Charles Mingus, uno dei maggiori ed estrosi ingegneri musicali della nostra epoca. Personalità, gioia e innovazione s'incrociano nelle sue composizioni. Una formazione europea ne offre un'interpretazione eccellente. E occorre sottolineare la sezione rit-Charles Minguil zioni I sottc mica, che rispetta ed esalta le idee di Mingus. «Pithecanthropus erectus», «Les fables de Faubus» (sarcastico e dedicato al senatore Faubus che è stato un po' più razzista di altri), «Goodbye Porkpie Hat» e tutti gli omaggi a Duke Ellington o Lester Young. Una folle festa musicale di cui non conviene perdere l'invito. Quindi un invito alla riscoperta. Con «Trombone Choly» (Sonet, 1 Cd) si offre l'opportunità di conoscere Vie Dickenson. Carriera discreta, essenziale, decisiva, il trombone quasi per obbligo e uomo di scena, Vie Dickenson (1906-1984) può essere una sorpresa. Parlano i suoi ingaggi in carriera: Sidney Bechet, Louis Armstrong, Henry Alien, Count Basie non sono sicuramente personaggi trascurabili. Per capire e apprezzare il valore del musicista si ascolti il primo tema di Bessie Smith il disco è sottotitolato «Vie Dickenson interpreta Bessie Smith» - il blues possente «Long old road». Lo sviluppo ampio e sereno di Dickenson è of- ferto senza manierismi, senza fioriture per un'entrata del saxofono tenore stupefacente e inedita (solista Frank Wess), quanto l'apporto del contrabbassista Milt Hinton quando prende l'archetto. E il tutto termina su un controcanto discreto e delicato di due fiati (con Joe Newman alla tromba con sordina). Questi solisti non cercano di stupire ma semplicemente la perfezione, en passant, giusto il tempo per raccoglierla. Infine un episodio curioso e quasi dimenticato di uno fra i migliori solisti in circolazione, tanto per non guardare sempre al passato lontano: Keith Jarrett ripresentato con «Silence» (Impulse Grp, 1 Cd) un disco registrato nel 1977. Il brano il cui titolo è una composizione di Charlie Haden, una buffa scala discendente, suonata con toni da minimalismo. Una gruppo di note, un soffio di Dewey Redman (al sax tenore), un fremito di Paul Motian (alle percussioni). Semplice, come aria nuda. E' un esempio illuminante che chiarisce i toni di questo disco di un quartetto che si è separato subito dopo averlo pubblicato. Tutto l'album è impostato su queste atmosfere ed è interessante ripetere una simile esperienza, giocarsela in un momento culturale tanto diverso. Alessandro Rosa ,saj Charles Mingus
Luoghi citati: Copenaghen, Danimarca, Europa, New Orleans, Parigi, Svezia
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