finisce nel caos la marcia antiraizzista

finisce nel caos la marcia antiraizzista In trecentomila hanno risposto all'appello di sindacati e partiti contro la xenofobia finisce nel caos la marcia antiraizzista A Berlino gli autonomi non fanno parlare il Presidente BERLINO DAL NOSTRO INVIATO Fischi e uova contro il cancelliere Kohl, che la polizia ha dovuto sottrarre di forza a un centinaio di dimostranti, a due passi dalla porta di Brandeburgo. Pietre e insulti per il presidente federale Richard von Weizsaecker, che - immagine drammatica e amara a tre anni dalla caduta del Muro ha potuto tenere il suo discorso soltanto quando gli agenti lo hanno circondato con una barriera antiproiettile, e mentre le guardie del corpo lo proteggevano dalle uova e dai pomodori con un ombrello. La manifestazione nazionale contro le violenze xenofobe voluta dal governo e dai partiti democratici è finita nel caos, ieri pomeriggio a Berlino, per le intemperanze di poche centinaia di autonomi: dopo aver sfilato nella calma per quasi due ore seguiti da uno schieramento eccezionale di polizia, le oltre trecentomila persone arrivate da tutta la Germania per il primo raduno di massa contro il razzismo sono state involontariamente coinvolte nella bagarre. Ma il senso e il valore della loro presenza nelle strade di Berlino resta, in un momento di grande tensione e difficoltà per il Paese: ed è un segnale che, sia pure con molte contraddizioni, la Germania ha lanciato per la prima volta contro la vampata di xenofobia e gli spettri neonazisti che da due anni la scuotono. Il peggio è venuto alla fine, al parco di Lustgarten. Senza che i servizi di sicurezza se ne accorgessero, un gruppo di estremisti di sinistra si era riunito davanti al palco sul quale von Weizsaecker si accingeva a prendere la parola. Non appena il Presidente ha cominciato, sono cominciati anche i fischi, gli insulti, il lancio di pietre e di uova, le grida di «ipocrita» e «assassino»: gli slogan con i quali l'estrema sinistra denuncia la responsabilità dei politici: avere attizzato la xenofobia nel Paese denunciando l'afflusso crescente di rifugiati. Von Weizsaecker ha dovuto interrompersi, mentre la polizia caricava gli autonomi: ha potuto riprendere la parola, ormai molto teso, soltanto venti minuti dopo, protetto da un muro di agenti e di scudi antiproiettile. Nel tumulto davanti alla tribuna d'onore, l'ex leader nazionale del partito socialdemocratico, Hans-Jochen Vogel, è stato travolto ed è finito a terra mentre invitava i dimostranti alla calma. Di fischi ce ne sono stati del resto per tutti i politici: anche per il leader socialdemocratico Engholm, che sul- l'Alexanderplatz è stato duramente contestato e accusato di volersi piegare al «partito di Kohl» per una modifica del diritto d'asilo. Ha commentato il presidente del Consiglio centrale degli ebrei di Germania, Ignatz Bubis: «Mi vergogno di quel che è successo. Non siamo nel '38, siamo nel '92». Oggi, per l'appunto, la Germania ricorderà la terribile «notte dei cristalli» del novembre 1938, quando in tutto il Paese cominciarono i pogrom. E la coincidenza è significativa, perché la dimostrazione di ieri voleva essere una risposta al clima di intemperanza e antisemitismo. La risposta è stata importante, perché per la prima volta dalla creazione della Repubblica federale governo e opposizione hanno rivolto insieme un appello alla popolazione. Ma è stata anche un poco tardiva. Per scendere in piazza contro un'ondata xenofoba che ha già fatto dieci morti e centinaia di feriti, le massime personalità dello Stato hanno aspettato che i danni - all'immagine del Paese nel mondo, ma anche alla propria autorità politica e morale - diventassero troppo evidenti per poter essere sfumati. Per mesi, il cancelliere Kohl ha badato forse più all'interesse elettorale dell'ala destra del suo partito esposta alla concorrenza diretta dei «Republikaner» - che alla gravità del razzismo in Germania e alle quotidiane aggressioni contro gli stranieri. Soltanto nelle ultime settimane i suoi interventi verbali sono stati molto fermi. Nelle ultime settimane, del resto, si sono moltiplicati anche gli appelli del mondo imprenditoriale, spaventato dalle conseguenze della xenofobia sulle esportazioni: in Germania due posti di lavoro su tre dipendono dalle esportazioni. Ma sia pure con ritardo, alla fine la risposta è venuta, e all'appello dei partiti, delle Chiese, dei mburgo aveva olazione a del 28.2% utto dagli altri ella CEE sindacati e dell'industria hanno aderito più tedeschi di quanti gli stessi organizzatori si aspettassero. C'è da chiedersi se avrebbero potuto essere ancora di più, considerata la gravità del problema. Non tutti gli striscioni del resto erano unanimi, fra i presenti si avvertivano divisioni anche profonde. Ma Berlino non aveva più conosciuto dimostrazioni di questa portata dopo il 4 novembre del 1989, quando oltre mezzo milione di persone chiesero democrazia nella Ddr. L'indifferenza dei tedeschi - che Von Weizsaecker ha denunciato come il nemico peggiore - è da ieri alla prova. Emanuele Novazio L'ex leader socialdemocratico Vogel è stato travolto ed è finito a terra mentre invitava i dimostranti alla calma La folla sfila sotto la porta di Brandeburgo In 300 mila hanno risposto all'appello di sindacati e partiti contro razzismo e xenofobia [FOTO EPA] A destra il presidente tedesco von Weizsaecker colpito da uova e pomodori A sinistra scontri con gli autonomi POPOLAZIONE STRANIERA NELLA CEE [Percentuale detiapopoiazione residente, nel 1989] Lussemburgo aveva una popolazione straniera del 28.2% soprattutto dagli altri Paesi della CEE