'900 il secolo del ferro

'900 il secolo del ferroCentosei Grandi Vecchi rispondono alla sfida di due fotografe: con quale episodio ricordate la nostra epoca? '900 il secolo del ferro ISAIAH Berlin: «Ricordo il secolo ventesimo soltanto come il secolo più terribile della storia occidentale». Jean Guitton: «Sono stato testimone di uno spettacolo unico sul pianeta. Due guerre sterminate... la rivoluzione russa che non somiglia a nessun'altra... Tutte le nostre concezioni scosse, perfino nella Chiesa Romana». Rita Levi Montatami: «Nel '900 ci sono state, nonostante tutto, rivoluzioni positive, l'emergere del quarto stato, la donna che dopo secoli di repressione è riuscita a venire alla ribalta». Emmanuel Lévinas: «Un secolo in cui la guerra ha strappato gli uomini dai luoghi in cui erano nati e cresciuti. Questo sradicamento non è stato solo un dramma perché ha dato agli individui una visione più universale della realtà, una possibilità di elevarsi e di proseguire nel loro cammino». Ionesco: «Mi ricordo di un caos infernale». Berlin, Guitton, Levi Montalcini, Lévinas, Ionesco sono cinque tra gli oltre cento «Grandi Vecchi» che Paola Agosti e Giovanna Borgese hanno incontrato in un viaggio europeo durato oltre un anno. Armate della loro macchina fotografica e di due domande non di tutto riposo: 1) Con quale immagine, con quale episodio ricorda il secolo ventesimo? 2) C'è stato un momento nella sua vita in cui le è sembrato di comprendere pienamente se stesso e la sua opera?». La prima domanda è quella cruciale, che coinvolge tutti noi. Non sempre è stato facile o comodo otte¬ nere le risposte. Alcuni degli interpellati, Bobbio per esempio, hanno preferito tacere, «lasciare parlare la propria immagine». Altri hanno mandato poesie. Pochi, come Bergman, Canetti, Benedetti Michelangeli, Barràùlt, non hanno voluto neppure farsi fotografare. Molti per fortuna si sono «dati» senza risparmio. Il risultato è Mi pare un secolo Ritratti e parole di centosei protagonisti del Novecento, un libro elegante e curioso che sta per uscire da Einaudi. Neppure mettere in posa filosofi, scrittori, storici, gente di cinema, premi Nobel era un'impresa delle più tranquille per le due, pur sapienti, professioniste della Nikon o della Canon. Più d'un incontro faticoso, qualcuno sgradevole. Con Lévi-Strauss, per esempio. «Ci aveva raccomandato - raccontano Paola Agosti e Giovanna Borgese - di non rubargli più d'un quarto d'ora del suo tempo prezioso. Ma dopo soli cinque minuti ci mise letteralmente alla porta: "Si vous ne sortez pas, c'est moi qui sorsi'..." Imbronciato, l'antropologo dei Tristi tropici, alla domanda-principe risponde attraverso una intervista de La Stampa: «Non sono contento del secolo in cui sono nato... Lo sviluppo prodigioso della conoscenza scientifica negli ultimi decenni è ciò che mi interessa. Ma, nello stesso momento in cui abbiamo assistito a questa folgorazione delle conoscenze, ho la sensazione che assistiamo al degrado di tutto il resto...» Ma l'avventura tra i geni del '900 porta le due autrici anche a scoperte, improvvise amicizie. Per Emile Cioran questi novant'anni sono la storia della sua depressione, ossessionato dalla morte: «Problema per me costante e insolubile, l'unico problema serio, di fondo. Il resto è commedia». Però l'ottantunenne scrittore rivela una grande capacità, anche una voglia di comunicare con persone intelligenti, dotate di antenne. A Paola e Giovanna era stato descritto come inavvicinabile; invece «ci ha ricevuto nelle sue minuscole stanze tra i tetti del Quartier Latin, offrendoci biscotti e liquorini e raccontandoci della sua vita di bohémien e dei suoi viaggi in bicicletta attraverso la Francia...». William Goldùig, l'ultimo Nobel inglese, va a prendere le due signore alla stazione del suo vii- laggio in Cornovaglia: è affettuoso, semplice, si fa ritrarre nel bosco, tra grovigli di tronchi. Sotto la sua aria deliziosamente da elfo, barbetta bianca e occhi da extraterrestre, nasconde però il tormento di aver vissuto in mezzo «a una violenza agghiacciante. Penso che si potrebbe rappresentarla con un vulcano». Alcuni dei grandi intervistati rifuggono da un esame globale del secolo, si rifugiano nel particolare, nel «segno», rivelando prudenza, modestia o magari grande saggezza. Gisèle Freund, celebre fotografa, ritiene il «volto umano» il centro del mondo e quindi anche della nostra epoca; per Fellini il secolo XX è cinema, solo cinema, perché il cinema è «un momento della vita...». Ci sono anche qualche (apparente) stranezza, qualche snobismo. Carlo Bo si fa ritrarre tra i libri, le carte, bene in vista anche le parole incrociate, senza scarpe. E dice: «La storia del secolo per me si riassume in un viaggio nel 1944, Milano-Urbino, e più precisamente nella visione di Rimini completamente distrutta». Spender, sotto il suo tavolo di lavoro, di scarpe ne tiene un paio di riserva, fogli spaisi a terra, e come risposta una poesia che comincia: «Esultate nell'abisso...»; Paul Ricoeur è perplesso fra le tante tragedie vissute. Tutto, secondo lui «può ancora volgere al peggio: questo m'induce a tenere in sospeso il giudizio». Ma forse la fine, secondo il filosofo, è cominciata «con l'assurda prima guerra mondiale in cui l'Europa si è suicidata». E per farsi fotografare, «sostituisce il suo blouson noir «troppo esistenzialista» con un golf anonimo, seduto in una panchina. Turoldo compie un atto di umiltà. «Volle infilarsi la tonaca da frate servita che indossava ormai molto di rado» per rispondere, soprattutto al secondo quesito: «Il momento in cui ho compreso me stesso? Mai. Sempre sereno, sempre insoddisfatto». Grandi Vecchi incontrati in case «vissute e consunte» come quella di Gombrich; in case-museo come quelle di Macchia e di Francoise Giroud; in dimore patrizie come Berlin a Oxford e il Nobel spagnolo Cela a Guadaìajara. Attilio Bertolucci nei boschi di castagni sopra Parma rimpiange, in poesia, «l'Europa del giugno 1930,/ che ancora Bonnard carica sulla tela i suoi viola.../ e ancora il dottor Freud descrive casi clinici...»; Garin su un ponticello sul Mugnone sembra pensare ai due momenti cruciali che secondo lui hanno segnato il nostro tempo: Hiroshima e il volo di Gagarin...». Ci sono anche gli scomparsi, i morti-viventi, Primo Levi e Musatti, la Yourcenar, Natalia Ginz- burg.. Moravia che parlano attraverso attimi dei loro libri. Tutti i personaggi scelti per l'album sono nàti prima del '20. «Ho capito, state cercando i viventi abusivi», è il commento divertito di Carlo Dionisotti. «Non potevamo spiegane ìe autrici - lasciare le fotografie di questi 'viventi abusivi" senza una parola, un giudizio su lunghe vite dense di fatti». In generale il giudizio è dolente, allarmato. Gadamer ricorda la notte che precedette le scoppio della bomba H nei Pacifico. Era in casa dc-uamicc fisico Werner Heisenberg, a Gottinga. «Nel salutarmi ii mie ospite mi disse "Chissà se domani mattina saremo ancora vivi!". "Perché?"gli chiesi. «Stanotte gli americani fanno l'esperimento. Se qui noi scienziati abbiamo sbagliato i calcoli si innesca una reazione a catena e domani di tutta la terra non rimane più niente». Le guerre, ii fascismo e il nazismo, Stalin, hanno ferito profondamente i Grandi Vecchi. Ci sono stati, è vero, ii progresso scientifico, la sopravvivenza della poesia. Ma una nuova barbarie è in agguato e l'antica non ha ancora cancellate le sue tracce. «Di questo secolo di foìiia.. orrori, dolore, porto personale testimonianza col numera di Auschwitz tatuato sui mio braccio sinistro». Lo dice Luciane. Nissan Momigliano, superstite dell'Olocausto. Ancora cor smarrimento., ma non senza speranze, Neìi? fotografia ha un piccole sorrise s una fragile gardenia tra ie mani. nrììreiia Appìotti Perlonesco «un caos infernale», «ilpiù terribile della storia» secondo Isaiah Berlin. Gadamer: «Così seppi della Bomba» Due Immagini di Paola Agosti. Federico Fellini: «Il secolo è solo il cinema» In alto Eugene Ionesco, fondatone del teatro dell'assurdo Due immagini di Giovanna Borgese. Sopra, ii Nobel Cam ilo José Cela, in alto Roger Peyrefitte: un quadro per ricordare

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