Paga con la vita la sfida al racket di Anna Langone

Paga con la vita la sfida al racket Foggia, imprenditore assassinato. Un anno fa aveva denunciato un'intera banda di estorsori Paga con la vita la sfida al racket Attirato nella trappola dei killer con una telefonata Fermati 10 uomini del clan che pretese da lui 35 milioni FOGGIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Chi denuncia il racket muore. Alla regola non è scampato Giovanni Panunzio, 51 anni, noto imprenditore, freddato l'altra sera alla periferia della città. Nel dicembre di un anno fa, stufo delle continue richieste estorsive culminate in un tentativo di «gambizzazione», aveva consegnato ai magistrati un diario in cui inchiodava i propri taglieggiatoli. Grazie a quelle accuse finirono in carcere, per associazione a delinquere di stampo mafioso, 14 persone. Dieci di loro sono da ieri di nuovo sottoposte a fermo di polizia giudiziaria, con l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni. Ma nelle prossime ore la loro posizione potrebbe aggravarsi: «In questo ambiente associativo - sostiene il questore di Foggia, Domenico Bagnato - è maturato l'omicidio dell'imprenditore». E altre cinque persone sono ricercate. Per regolare i conti con il «ribelle» Panunzio, il racket ha scelto un giorno particolare per Foggia: quello in cui il Consiglio comunale doveva approvare il nuovo piano regolatore. E l'imprenditore aveva trascorso l'intera giornata in Municipio per seguire, con molti colleghi, le ultime fasi concitate del dibattito per l'adozione dell'importante strumento urbanistico firmato da Leonardo Benevolo. Un adempimento atteso da vent'anni, costato la testa di molti sindaci e costellato di guerre trasversali nella de e nel psi, i due maggiori partiti di Palazzo di Città. Sindacati, movimenti e persino l'arcivescovo avevano puntato il dito contro i ritardi degli amministratori. In questo clima di grande tensione, appesantito dalle preoccupazioni degli imprenditori per il lungo stop subito dall'edilizia, è maturata l'esecuzione di Panunzio. La trappola è scattata poco prima di mezzanotte. Panunzio, che era tornato da mezz'ora dal Consiglio comunale, ha ricevuto una telefonata. Ai familiari, pare, non ha riferito nulla. E' sceso in garage, ed è salito sulla «Y10» della moglie. Mentre percorreva via Napoli, i killer sono entrati in azione. Hanno affiancato l'auto di Panunzio (che, solitamente girava su un fuoristrada blindato ed era armato) e hanno sparato sei volte. Quattro colpi sono andati a segno, colpendo l'uomo alle spalle e alla gola. Nessuno ha assistito all'esecuzione. Poco dopo, un passante, richiamato dagli spari e dallo schianto dell'auto del Panunzio, che, senza guida, è finita contro due vetture parcheggiate, ha dato l'allarme. Ma la corsa dell'ambulanza all'ospedale è stata inutile. Panunzio divenuto dopo anni di «gavetta» uno dei più noti costruttori del Foggiano - era sposato e padre di due figli. Quando nell'aula consiliare è arrivata la notizia del suo omicidio, discussioni e distinguo sono stati messi da parte e in pochi minuti l'assemblea ha approvato il piano regolatore con la sola astensione del rappresentante dei verdi, mentre la polizia è stata costretta ad allontanare alcuni imprenditori che hanno attaccato gli amministratori ritenendoli responsabili dell'omicidio. Un'approvazione sull'onda dell'emozione, che non è piaciuta al segretario della Commissione parlamentare antimafia, Franco CafareUi: «Mi auguro che l'omicidio e l'adozione del piano regolatore siano avvenuti quasi contestualmente solo per una brutta coincidenza. Se è vero che a Foggia si pagano speculazioni per poter costruire, nel momento in cui questo piano regolatore è stato varato le speculazioni non potranno più esserci e perciò sono prevedibili le reazioni della criminalità». Il ministro dell'Interno Nicola Mancino ha definito l'omicidio «un fatto serio e grave» mentre Tano Grasso, leader della lotta al racket di Capo d'Orlando e oggi deputato, ha sottolineato che «Anche questa volta la criminalità mafiosa ha ucciso un imprenditore per lanciare un segnale ad altri mille che potrebbero denunciare il racket per intimidirli e non a caso avviene in Puglia dove lì si è sviluppato uno dei movimenti antiracket più significativi di tutto il Paese». E ha aggiunto: «La legge sulle associazioni antiracket non basta. Lo Stato deve sostenere il massimo sforzo per proteggere chi denuncia le estorsioni». Il sindaco di Foggia, Salvatore Chirolli, de, ha sottolineato la consapevolezza «di doverci tutti adoperare per debellare e prevenire atti di criminalità di inaudita ferocia indirizzati a sopprimere ogni anelito di crescita civile ed economica della città. Con l'adozione del piano regolatore si chiude finalmente una delle pagine più brutte della storia di Foggia, una pagina di sospetti, di accuse, di facili strumentalizzazioni, di inutili e dannose polemiche». E di morti. Le pistole del «pizzo» all'edilizia avevano cominciato a sparare a Foggia nell'88: il 28 aprile era stato ferito in modo grave il costruttore Eliseo Zanasi, ex presidente della sezione edili dell'Assindustria; poi era toccato a Salvatore Spezzati, altro noto imprenditore, a cui fu sparato in faccia. Il 14 settembre '90 il racket, per non aver ricevuto una tangente di due miliardi, aveva ucciso in pieno giorno Nicola Ciuffreda, sorpreso nel proprio cantiere. Le telefonate del racket a casa di Panunzio erano cominciate nell'89 e, sulle prime, il costruttore aveva pagato 35 milioni, tramite un mediatore, ma poi le richieste si fecero insostenibili e Panunzio decise di denunciare tutto, firmando così la propria condanna. Anna Langone Il ministro Mancino: un fatto molto grave Tano Grasso: lasciato solo dallo Stato Nella foto grande la «Y10» dell'impresario dopo l'agguato mortale. Accanto Giovanni Panunzio

Luoghi citati: Foggia, Puglia