Rivoluzionari sposatevi
Rivoluzionari sposatevi // matrimonio torna di moda: lo dice una psicoanalista, lo confermano gli ex sessantottini e i divorziati recidivi Rivoluzionari sposatevi MA chi me lo ha fatto fare? Vilipeso nel Sessantotto, mortificato, deriso e umiliato da parec 1 chi decenni, considerato a volte inutile, a volte persino una iattura, è come un'araba fenice. Si risolleva dalle sue stesse ceneri. Molti lo temono, tanti lo vogliono: il matrimonio, un maledetto imbroglio. «Ci si casca sempre»: ma, negli ultimi tempi il revival è forte e ci si casca ancora di più. A ingrossare le file dei «matrimoniabili» ormai sono in tanti: arrivano sempre più numerosi gli ex sessantottini che, giunti ai quaranta e passa, cedono le armi, i divorziati recidivi che ci riprovano, i conviventi che rinunciano alle aspirazioni di libertà. Tra i gay che vivono in coppia ce ne sono di sempre più attratti dalla sanzione solenne della loro unione. Come mai un'istituzione tanto bersagliata riesce a sopravvivere e persino a tornare di moda? Può aiutarci a capirlo, e farà discutere sicuramente, un libro di Silvia Vegetti Finzi II romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del vivere assieme, che sta per andare in libreria pubblicato da Mondadori. La psicoanalista, con un'espressione riflessa dalla filosofia, definisce quello odierno un «matrimonio debole»: oggi al contrario di quanto accadeva in passato, convolare a nozze non è una necessità ma una sorta di «optional» della vita di coppia. Allora, perché ci si sposa? Alla domanda si possono dare mille motivazioni (per accontentare i genitori, per far felici i bambini già avuti, per ricevere tanti regali). Ultimo dei paradossi, ci si sposa persino per motivi linguistici, per qualificare più agevolmente al mondo se stessi e il proprio partner: «Non si può dire "mio marito" o "mia moglie" perché non si è sposati - spiega la Vegetti Finzi - il "mio convivente" sembra estratto dai verbali di Questura; il "mio compagno" ha un sapore sessantottino ormai superato; la "mia amica" o il "mio amico" una sfumatura ambigua. Il linguaggio può avere un'efficacia intimidatoria superiore a quella delle norme giuridiche perché le sue ingiunzioni, che ci giungono dal didentro, sono più difficili da contraddire e respingere». Ma il segreto, la pietra filosofale, l'attrazione fatale del matrimonio, la sua radice inconscia, insomma, stanno, secondo la psicoanalista, in due paroline che gli sposi si scambiano: «Per sempre». Le nozze soddisfano la parte più intima e religiosa del nostro io: il desiderio di perennità. Un'esigenza basilare che è presente anche nella convivenza. Ma in questo caso il «contratto» è stabilito per osservare un impegno morale, e norme «interne» che spesso sono assai più difficili da rispettare di una norma esterna, di un vincolo sociale. Allora, perché molti matrimoni si logorano e infine falliscono? Che cosa minaccia un edificio con fondamenta così profonde? Secondo Silvia Vegetti Finzi la «voglia di perennità» che spinge all'unione è contraddetta da una malattia altrettanto profonda: il tarlo della consuetudine quotidiana che si annida nelle pieghe del matrimonio e spinge alla rottura: «L'altro non è più soltanto l'oggetto sopravvalutato e idealizzato dal desiderio, è ora una presenza concreta, corporea, fonte di bisogni materiali, di richieste ripetute e pressanti». E l'eros nel tran tran coniugale così vola via? No, non è detto, afferma la studiosa: contrariamente a quanto molti possono credere, non è la caduta erotica a minare la coppia. Nel matrimonio rimane molta libertà nei rapporti sessuali: «I partner possono deciderne il momento, il luogo, il modo, le circostanze, negarli o rinviarli». Ciò non è vero, invece, per molti altri bisogni quotidiani, dal mangiare al dormire, dai tempi del lavoro a quelli del re¬ lax. Ed ò proprio nella soddisfazione in comune di queste esigenze che una coppia può naufragare. Lasciarsi andare, pensando che il legame matrimoniale aggiusti tutti i problemi tanto più quanto più passa il tempo, è l'errore che può rivelarsi mortale: «Il matrimonio non è mai stato un'esperienza "naturale" da affrontare con spontanea ingenuità ma una costruzione sociale complessa, che richiede un difficile governo di sé e degli altri». Matrimonio debole e governo forte, insomma, può essere l'accoppiata vincente. Mirella Serri Rita Dalla Chiesa: «La precarietà è bella a vent'anni annoia a quaranta» La «trappola fatale» del matrimonio in una foto Venturi. A destra in alto: la coppia televisiva Fabrizio Frizzi-Rita Dalla Chiesa. Sotto, accanto al titolo, lo scrittore Giorgio Montefoschi Sotto: Maria De Filippi, compagna di Costanzo Maurizio Costanzo. Sotto il titolo: Lorenza Foschini (a sinistra) e Silvia Vegetti Finzi
Luoghi citati: Mondadori
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