«Vietato licenziare gli operai in bermuda» di P. Cor.

«Vietato licenziare gli operai in bermuda» La Corte ha deciso che il datore non può porre vincoli all'abbigliamento sul posto di lavoro «Vietato licenziare gli operai in bermuda» La Cassazione annulla il provvedimento di un l.Austriale lombardo MONZA. Vertenza per un paio di gambe scoperte. Gambe maschili. Per la precisione dell'operaio Gesuino Bussu, 44 anni, delegato sindacale, licenziato nel 1989 per via di un paio di bermuda (blu) indossati in orario di lavoro nella premiata ditta Busnelli, mobili e arredi, gioiello di Brianza. Di queste gambe, non belle, ma sindacalmente rilevanti, e giuridicamente contese, si è occupata la Corte di Cassazione con sentenza che da ieri ne ordina il reintegro (in azienda). Dicono i giudici che il datore di lavoro non può sindacare sull'abbigliamento dei propri dipendenti. I quali dipendenti, se non infrangono le leggi del decoro e della decenza, possono andare a faticare vestiti come gli pare. «Nulla quaestio», dunque, anche se il Franco Busnelli promette guerra dalla sua poltrona di Misinto: «Mica finisce qui questa storia. Ora parlo con gli avvocati. Vedremo». Sorride (invece) Ge- suino: «Bella sentenza. Anche se adesso è troppo tardi. Ho messo su un negozio e in azienda non ci rientro. Però la soddisfazione me la tengo». Di tempo ne è passato un mucchio: tre anni. La sua prima e fatale apparizione in bermuda risale al giugno 1989, cancelli della Busnelli. Racconta: «Entro e il padrone mi fa: uè, non ti ci voglio in reparto vestito così. Cambiati. E io: se non le sta bene, allora vado a casa, mica siamo in chiesa qui». Chiesa o non chiesa il Busnelli è di nuovo lì, la mattina dopo, davanti ai cancelli ad aspettare i suoi 200 operai. E Gesuir.o, duro, ricompare con i polpacci scoperti: «Quando ho caldo mi vesto così. E allora?». Così per una settimana, fino al licenziamento. Busnelli se la prende ancora oggi: «Non faceva così caldo quel giugno là. Io e i miei avvocati abbiamo controllato. L'afa non c'entra nulla. Il signor Bussu voleva provocare, dato che era sindacalista, mi spiego? E dico di più: quelli non erano bermuda». Non lo erano? «Niente affatto. Erano calzoncini corti, messi sopra a scarpe da città e calzini». Ah. «Ma se lo immagina lei? Qui vengono clienti stranieri, compratori, architetti. E se mi incontrano uno in calzoncini che gira per i reparti, che figura ci faccio? Bella immagine dell'azienda». Gesuino, a questa storia dell'immagine, neanche ci pensa: «D'estate, ci vado anche al bar in bermuda. Nessuno mi ha mai cacciato per questo. Figuriamoci se accettavo un licenziamento». Il quale licenziamento transita per l'ufficio vertenze della Cgil e finisce alla pretura di Desio. La prima sentenza lo conferma. L'appello, che tocca al tribunale di Monza, lo annulla. La causa Bussu-Bermuda-Busneili vola a Roma dove si mette a dormire. Ieri la sentenza della Cassazione. Dice Loris Maconi, segretario provinciale della Camera del Lavoro di Monza: «E' una vittoria esemplare. Bisogna finirla con certo paternalismo autoritario in fabbrica». Alza le spalle Busnelli: «Io autoritario? Ma va là. Penso al bene dell'azienda». Si fa da parte Bussu: «Sono stato 14 anni in azienda e tre in attesa. Ora ho avuto giustizia». Le bermuda di Gesuino, con raro tempismo giuridico, sviluppano e concludono, l'avventura capitata lo scorso ottobre alla signorina Luigina G. impiegata Ansaldo. L'avevano accusata di «turbare il lavoro degli operai» per via (proprio) delle sue gambe coperte da appena una minigonna. E minacciata di licenziamento. Al suo fianco era sceso in campo lo stato maggiore del sindacato e Livia Turco, responsabile del settore donna del pds: «La discriminazione che si è fatta è gravissima. Testimonia una mentalità di cui il Paese fatica a spogliarsi». Pertinenza dei verbi: la Corte ha stabilito che (per lo meno) si può fare a meno di rivestirsi, [p. cor.]

Luoghi citati: Desio, Misinto, Monza, Roma