«Non uccideteci, siamo bambini»
«Non uccideteci, siamo bambini» Scolaro scrive a un giornale: «Sono stanco di andare ai funerali degli amici» «Non uccideteci, siamo bambini» Choc negli Usu per le lettere-rivolta dei ragazzi NEW YORK. Era un normale giorno di lezione alla scuola media «Martin Luther King» di Dorchester, un sobborgo di Boston, ma allo stesso tempo non lo era. Roberta Logan, l'insegnante, stava spiegando la geografia degli Usa ma i ragazzi erano distratti. Ognuno di loro aveva un pensiero fisso e dagli sguardi che scambiava con i compagni sapeva che tutti loro stavano pensando la stessa cosa. Pochi giorni prima, nel loro quartiere, era stata violentata e strangolata Takeisha McNickels, 12 anni, e dopo qualche altro giorno Dominic Mount, 13 anni, era stato fulminato da una «pallottola vagante» sul marciapiede davanti a casa sua. Era difficile, in quelle condizioni, seguire la lezione di Mrs. Logan, e infatti a un certo punto uno dei ragazzi interrompe l'insegnante e chiede: «Ha sentito cosa è successo?», e tutti gli altri trattengono il re¬ spiro, come se si aspettassero da lei qualche parola magica, capace di liberarli dal groppo che sentono in gola. Interrotta la lezione, la signora ha invitato tutti a parlare di quanto era accaduto pochi giorni prima, a discutere sul perché, sul che fare, su come difendersi, e alla fine ha dato un compito un po' speciale: scrivere una lettera a un giornale. Se non so cosa rispondere io, si è detta l'insegnante, qualcun altro dovrà farlo. Così il «Boston Globe» e il «Boston Herald» si vedono recapitare tante lettere brevi, ingenue, in gran parte ripetitive; ma piene di quel sentimento che così nettamente, durante la lezione di geografia, era stato portato dalle strade di Dorchester all'aula scolastica: la paura. Le lettere colpiscono anche la direzione del «Boston Globe». Il servizio finisce in prima pagina. F.PantarelliAPAG.6
Persone citate: Martin Luther King, Roberta Logan, Scolaro
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